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La GDS in edicola sulla situazione societaria del Milan, tra prestito da 550 mln e ruolo di Singer: Zlatan Ibrahimovic ha l’autorità per essere la mia voce con tutti a casa Milan». Un’investitura così, in un ambito, quello sportivo, che è il core business per un club di calcio, è talmente dirompente da aver richiesto un passaggio supplementare. Finora Gerry Cardinale si era sempre mosso nel segno della continuità: confermata convintamente la politica improntata alla sostenibilità dei conti; promossi in ruoli-chiave due ex manager della vecchia proprietà, Giorgio Furlani e Stefano Cocirio, nominati rispettivamente amministratore delegato e direttore finanziario dopo essere entrati nel cda del Milan in quota Elliott. Ora non si può escludere che la scelta di Ibra, seppur non figuri nell’organigramma rossonero essendo “senior advisor” della proprietà e del management del Milan, abbia ricevuto il placet del fondo guidato da Paul Singer, il cui figlio Gordon, tifosissimo di Leao e compagni, è da tempo un autorevole e ascoltato membro del board milanista. Quando Elliott, nel 2022, definì il passaggio delle quote azionarie a RedBird, fece inserire nel contratto precise garanzie a tutela dell’investimento. Sì perché la vendita del Milan fu resa possibile dal determinante apporto dello stesso venditore, sotto forma di “vendor loan”. Attribuendo al bene scambiato un “enterprise value” di 1,2 miliardi (che all’epoca apparì superiore alle valutazioni di mercato in base ai multipli dei ricavi), le due parti concordarono che 550 milioni derivassero da un prestito di Elliott. Praticamente la metà del valore totale dell’operazione. Il resto sarebbe arrivato da RedBird, in base alla capacità di Cardinale di convogliare capitali attorno alla sua avventura più grande nel risiko del calcio mondiale. Beninteso, quel valore d’impresa di 1,2 miliardi doveva corrispondere sostanzialmente all’equity value, visto l’esiguo indebitamento del Milan. Tradotto, quegli 1,2 miliardi dovevano arrivare tutti cash nelle casse di Elliott. Di sicuro, 550 sono pervenuti sotto forma di prestito della stessa Elliott, a un tasso d’interesse del 7%: quindi poco meno di 40 milioni di oneri all’anno, fino al rimborso stabilito nel 2025, a 3 anni dall’emissione, per un totale di circa 665 milioni. Un’operazione così concepita avrà richiesto un’appendice di clausole a favore del soggetto che si privava di un bene così prezioso e, allo stesso tempo, si esponeva finanziariamente nella riuscita del progetto. E in effetti Elliott ha preteso e ottenuto il pegno sul 99,93% delle azioni del Milan cedute ad Acm Bidco (il veicolo olandese con cui RedBird ha acquisito la proprietà rossonera), «quale credito garantito, in forza del contratto denominato Pledge Agreement over Shares», come riportano i documenti contabili. È un rapporto stretto, un abbraccio di interessi, quello tra Cardinale e Singer. Puntare sulle buone sorti del Milan, attrarre l’interesse degli investitori (con le antenne dritte verso il Medio Oriente), far crescere il valore d’impresa, generare lauti guadagni: questa è la scommessa di RedBird. Ma, in fondo, è la stessa di Elliott che confida nella raccolta di capitali da parte di Cardinale per rientrare dall’esposizione sul dossier rossonero. Gli americani hanno già ristrutturato l’azienda, generato un utile e incrementato il giro d’affari, tant’è che gli attuali 400 milioni di ricavi al netto del player trading fanno girare l’enterprise value sopra gli 1,2 miliardi dichiarati nel 2022. Ma sarà solo con lo stadio e una generazione di cassa ancor più consistente che la valutazione potrà schizzare facendo felici tutti gli attori in campo
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—) Cardinale: il prestito da 550 mln e il ruolo di Singer.
—) Okafor: nessuno come lui. Milan record gol dalla panchina.
—) Edicola: colpo Milan. Pioli riparte. Finale caos.
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