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Zazzaroni dal CorSport sul mercato del Milan:
Quando una società non esita a vendere il suo miglior giocatore (Reijnders al City) per coprire il buco prodotto dalla mancata partecipazione alla Champions League, il sospetto nasce. E quando la stessa società cede un difensore normale (Thiaw al Newcastle) per 40 milioni e decide di spenderne la metà per sostituirlo con un difensore altrettanto normale (De Winter), il sospetto cresce. Ma quando poi la società, sempre lei, pensa di risolvere il problema del centravanti con una riserva ventenne dello Sporting Lisbona, beh, il sospetto si rafforza fino a diventare certezza. Questo Milan tanto Elliott e un po’ Red Bird sta facendo il possibile per ricordarci di avere una priorità: i conti a posto. Per ottenere i quali si concentra prevalentemente sul trading, trascurando lo “strengthening”, ossia il rafforzamento della squadra. E invece l’obiettivo dovrebbe essere proprio quello di rispettare il nome che porta (Milan) offrendo a un tecnico pluriscudettato (Allegri) e a una tifoseria presentissima e attiva un organico da titoli, almeno potenzialmente. Nella prima campagna acquisti affidata a Tare, uno tra i migliori operatori di mercato d’Europa, non riesco ancora a riconoscere la sua mano: è come se Igli fosse frenato, trattenuto, stretto fra paletti societari non abbattibili. Questo Milan - Tare lo sa bene - aveva assoluto bisogno di un grande difensore e un centravanti di livello e invece si ritrova senza l’uno e l’altro, ma - ad esempio - con tre play per il solo campionato: Modric, Jashari e Ricci. Il motivo è semplice: l’ex torinista, pagato 27 milioni e, per carità, buon giocatore, era stato prenotato a gennaio quando Allegri e Tare non erano nemmeno delle ipotesi. Il punto è quello che ho tentato di spiegare più volte ponendo anche domande a Furlani che non hanno mai ottenuto risposte: può il Milan diventare una società di trading? Chi spiega a tifosi che hanno vinto tanto questa trasformazione? La mission di un fondo (Elliott) è quella di gestire l’asset rilevato, ripulirlo di una grossa parte dei debiti e infine rivenderlo. Nel frattempo però la competitività va a farsi friggere. Spero di sbagliare ma, se così non fosse, una società che si rispetti, importante come il Milan, dovrebbe innanziutto chiarire ai tifosi come stanno effettivamente le cose e la filosofia alla quale si ispira, quali gli obiettivi reali. PS. Dopo la sconfitta con la Cremonese Allegri ha rimproverato ai suoi di non avere il veleno, il carattere da grande squadra. «Tutto è veleno, e nulla è veleno», diceva Paracelso. «È la dose che fa il veleno». Ma la dose costa e non si rivende.
Quando una società non esita a vendere il suo miglior giocatore (Reijnders al City) per coprire il buco prodotto dalla mancata partecipazione alla Champions League, il sospetto nasce. E quando la stessa società cede un difensore normale (Thiaw al Newcastle) per 40 milioni e decide di spenderne la metà per sostituirlo con un difensore altrettanto normale (De Winter), il sospetto cresce. Ma quando poi la società, sempre lei, pensa di risolvere il problema del centravanti con una riserva ventenne dello Sporting Lisbona, beh, il sospetto si rafforza fino a diventare certezza. Questo Milan tanto Elliott e un po’ Red Bird sta facendo il possibile per ricordarci di avere una priorità: i conti a posto. Per ottenere i quali si concentra prevalentemente sul trading, trascurando lo “strengthening”, ossia il rafforzamento della squadra. E invece l’obiettivo dovrebbe essere proprio quello di rispettare il nome che porta (Milan) offrendo a un tecnico pluriscudettato (Allegri) e a una tifoseria presentissima e attiva un organico da titoli, almeno potenzialmente. Nella prima campagna acquisti affidata a Tare, uno tra i migliori operatori di mercato d’Europa, non riesco ancora a riconoscere la sua mano: è come se Igli fosse frenato, trattenuto, stretto fra paletti societari non abbattibili. Questo Milan - Tare lo sa bene - aveva assoluto bisogno di un grande difensore e un centravanti di livello e invece si ritrova senza l’uno e l’altro, ma - ad esempio - con tre play per il solo campionato: Modric, Jashari e Ricci. Il motivo è semplice: l’ex torinista, pagato 27 milioni e, per carità, buon giocatore, era stato prenotato a gennaio quando Allegri e Tare non erano nemmeno delle ipotesi. Il punto è quello che ho tentato di spiegare più volte ponendo anche domande a Furlani che non hanno mai ottenuto risposte: può il Milan diventare una società di trading? Chi spiega a tifosi che hanno vinto tanto questa trasformazione? La mission di un fondo (Elliott) è quella di gestire l’asset rilevato, ripulirlo di una grossa parte dei debiti e infine rivenderlo. Nel frattempo però la competitività va a farsi friggere. Spero di sbagliare ma, se così non fosse, una società che si rispetti, importante come il Milan, dovrebbe innanziutto chiarire ai tifosi come stanno effettivamente le cose e la filosofia alla quale si ispira, quali gli obiettivi reali. PS. Dopo la sconfitta con la Cremonese Allegri ha rimproverato ai suoi di non avere il veleno, il carattere da grande squadra. «Tutto è veleno, e nulla è veleno», diceva Paracelso. «È la dose che fa il veleno». Ma la dose costa e non si rivende.

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