L'espressione "società naturale" non era intesa nel senso che molti fanno passare ora come "padre+madre uniti in matrimonio+figli".
Il termine "naturale" era inteso come sinonimo di "razionale", quindi come un qualcosa che si potesse evolvere nel tempo. Lo stesso Moro affermò che l'art 29 non intendeva tutelare solo la famiglia legittima. Il contesto in cui erano formulate queste considerazioni era quello in cui, durante l'appena concluso regime fascista, non erano considerate come famiglia le unioni, ad esempio, tra italiani ed ebrei perché appunto non era consentito il matrimonio che veniva definito "misto". Ne segue che, secondo l' ERRATA interpretazione dell'art 29 data oggi da ambienti cattolici, i Padri Costituenti avrebbero deciso di negare tutele alle famiglie costituite da padre italiano+madre ebrea+figli. Inutile dire che tutto ciò sia fuori da ogni logica, visto che lo scopo era esattamente l'opposto: dare la più ampia garanzia possibile alle famiglie e limitare al massimo le ingerenze statali sulla vita privata.
In ogni caso, la norma va letta coordinandola con l'art 2.
Mi spiace ma non è così.
Tu fai tua (e addirittura sostieni che sia "originaria") un'interpretazione relativamente recente propria degli ambienti progressisti. Un'interpretazione che, piaccia o meno, ha l'insormontabile pecca di essere palesemente in contrasto con il testo stesso della norma costituzionale, visto che - qualunque sia l'interpretazione del concetto di "società naturale" - non è in grado di armonizzarsi in alcun modo con il seguente "fondata sul matrimonio".
Dai miei (ammetto ormai lontani) studi di diritto costituzionale, ho ricordi ben diversi.
Ma veniamo con ordine: in termini giuridici il concetto di "naturale" (che rimanda al caro vecchio scontro tra positivismo e naturalismo) sta ad indicare un insieme di concetti/diritti/istituti che preesistono alle leggi positive dello Stato, ovvero qualcosa di innato che non avrebbe nemmeno bisogno dell'intervento del legislatore statale per essere riconosciuto e tutelato (si pensi ai celeberrimi diritti inviolabili della persona, di cui la Costituzione - non ha caso - non contiene un elenco tassativo, proprio perché in potenziale continua evoluzione).
E' comunque nel mezzo di questo scontro dottrinale che avvenne la formulazione dell'Art. 29.
Da un lato vi erano i socialisti che sostenevano l'impostazione positivista della famiglia (ovvero la famiglia come una costruzione storica), dall'altro i cattolici che - invece - sostenevano (giusnaturalisticamente) che la famiglia fosse una formazione sociale anteriore allo Stato (gli stessi volevano che l'art. 29 definisse la famiglia come "l'unità naturale e fondamentale della società", dove "l'unità" era funzionale all'introduzione del concetto di indissolubilità del matrimonio).
Alla fine (come quasi tutte le disposizioni costituzionali) anche l'art. 29 fu il frutto di un (lungo) compromesso tra Moro e (l'inaspettato) Togliatti. Fu utilizzato il concetto di "società naturale fondata sul matrimonio" accontentando da un lato i cattolici, visto che l'unica famiglia riconosciuta da tale disposizione era letteralmente quella fondata sul vincolo matrimoniale, dall'altro i comunisti, atteso che l'espressione "società naturale" risultava maggiormente ambigua e - soprattutto - i cattolici, soddisfatti dal richiamo al matrimonio, rinunciarono ad inserire in Costituzione il concetto dell'indissolubilità dello stesso (lasciando dunque la porta aperta al futuro divorzio).
Questo non significa che la Costituzione rinuncia a tutelare le "altre formazioni sociali" (come ad esempio le famiglie naturali o le unioni civili), visto che l'art. 2 Cost. (lo stesso dei diritti inviolabili della persona) è norma non tassativa ed aperta alle evoluzioni sociali e della storia, ma tali formazioni - diversamente da quanto sostieni - non trovano riconoscimento nell'art. 29 Cost. ma soltanto, appunto, nell'art. 2.
Sul punto si è anche espressa la Corte Costituzionale (sentenza 15.4.2010, n. 138) la quale - in tema di coppie omosessuali - ha proprio chiarito come la tutela delle stesse trovi la sua sede
solo nell’art. 2 Cost. e non anche nell’art. 29 Cost.
Inoltre, anche secondo un'interpretazione sistematica delle disposizioni costituzionali è fuori dubbio che l'art. 29 Cost. si rivolga soltanto alla famiglia legittima, altrimenti non si spiegherebbe perché la Carta costituzionale abbia ritenuto necessario occuparsi della tutela dei figli (art. 30), assicurando parità di trattamento anche a quelli nati fuori dal matrimonio, sia pur compatibilmente con i membri della famiglia legittima (se l'art. 29 si rivolgesse ad ogni forma di famiglia/unione tale disposizione sarebbe del tutto priva di senso).
Concludo citando le parole di un grande costituzionalista, le quali - essendo lui venuto meno quasi vent'anni fa - sono del tutto estranee dall'odierna tendenza ad interpretare le cose in un senso o nell'altro basandosi sull'appartenenza politica più che alla realtà dei fatti: "
La comunità garantita dall'art. 29 consiste però nella sola famiglia legittima: come è dimostrato dal contestuale riferimento al matrimonio, sia pure fondato - a sua volta - sul libero consenso dei coniugi. La cosiddetta famiglia di fatto, inclusiva della convivenza more uxorio, non ha in questa sede rilievo. Senza dubbio, anch'esse rientra tra le formazioni sociali genericamente riguardate dall'art. 2; ma non ne deriva l'esigenza di equipararla integralmente alla famiglia legittima" (Livio Paladin, Diritto Costituzionale, 1998).
[MENTION=1341]Mille e una notte[/MENTION] - mi rendo conto ora che non è proprio un sunto, ma se hai un pò di pazienza...