Quando una persona viene colpita da infarto miocardico, se se la cava, deve sottoporsi a un rigoroso follow-up. Dovrà fare controlli periodici e seguire una terapia farmacologica quotidiana per tenere sotto controllo la pressione e il colestorolo, per tenere il sangue fluido ecc. Si parte prescrivendo la terapia che, nella stragrande maggioranza delle persone nella medesima situazione del paziente specifico, ha maggiori probabilità di dare i risultati voluti. Può però succedere, e succede, che quel paziente specifico non risponda in modo soddisfacente alla terapia, come può succedere, e succede, che, dopo un periodo iniziale in cui si ha una buona risposta, quella terapia risulti non essere più adeguata per quel paziente. In questi casi bisogna cambiare i dosaggi di uno o più farmaci, o cambiare uno o più farmaci, o toglierne qualcuno e aggiungerne qualche altro ecc ecc ecc. Questo non significa che la terapia inizialmente prescritta fosse inutile né che il medico sia stato un incompetente a prescriverla né che il medico sia uno scienziato pazzo che si diverte a giocare al piccolo chimico cambiando farmaci e/o dosaggi al paziente. Semplicemente, e questo è il punto fondamentale, la medicina è inevitabilmente un work in progress perenne perché si tratta di una pratica basata su un sapere scientifico quasi esclusivamente probabilistico che non può dare certezze assolute nell'immediato, men che meno nel medio lungo periodo: può essere che il paziente viva fino a 100 anni, come può essere che muoia dopo un anno. Nell'incertezza, facciamo ciò che, in base alle conoscenze medico-scientifiche disponibili, con un grado di probabilità più o meno alto ma sicuramente inferiore al 100% aiuterà il paziente a vivere in buone condizioni di salute o non facciamo nulla?