Un tecnico che fa del sano calcio all'italiana. Che significa non catenaccio, ma difesa attiva, contropiede manovrato, e coerenza nell'applicazione dei propri concetti tattici anche in contingenze di risultato sfavorevoli. Ovvero, anche quando si è in svantaggio. Lo spieghiamo meglio con le parole di un grande giornalista, Gianni Brera, che così commentò sulla Gazzetta, che allora dirigeva, Ungheria-Uruguay, semifinale dei Mondiali 1954 (da molti, Brera compreso, definita la partita più bella di tutti i tempi), finita 4-2 per i magiari dopo i supplementari, ma con gli uruguagi capaci di rimontare dal 2-0 iniziale inferto dalla formidabile squadra di Puskas: "Incassati due gol, gli uruguagi non batterono ciglio e m’insegnarono un concetto tattico importante: che la sconfitta deve essere difesa a sua volta. Sembrerà paradossale. Non lo è affatto: perché se applicando i tuoi schemi subisci due gol, cambiandoli per rimontare puoi trovarti ancora più a malpartito. Aspettando invece che si presentino le occasioni per applicare in attacco i tuoi schemi abituali, puoi nel frattempo illudere e stancheggiare gli avversari". Calcio all'italiana, insegnato dagli italiani del Sudamerica. Ed ora riproposto da un allenatore calabrese, ad una squadra fondamentalmente di italiani. L'inizio di un nuovo romanzo.
