In una certa ottica, la prestazione di ieri della Juventus è peggiore di quella del Barcellona di Cruijff del 1994 contro il Milan, al di là della somiglianza del punteggio finale, perché la squadra bianconera ha dato paradossalmente l'impressione di averla approcciata in modo corretto sul piano agonistico, e di aver anzi offerto una falsa sensazione iniziale di competitività nella prima fase del match. Questo deve allarmare i dirigenti bianconeri, perché hanno avuto la percezione perfetta dei limiti delle possibilità della loro squadra nell'attimo stesso in cui esse sono state dispiegate al loro massimo. Questo massimo, ormai è evidente, non è sufficiente per l'Europa, Berlino e Cardiff lo hanno sanzionato in modo pressoché definitivo. La complessità tecnica, tattica ed agonistica della Champions League non è replicabile in questa misera serie A, del cui primato la Juve non può fare tesoro oltre frontiera perché certi livelli di intensità di gioco, di cimento atletico ed agonistico, proposto dai top clubs europei, sono ignoti ai suoi giocatori, la cui sensazione di invincibilita' interna è quanto mai nociva se produce poi vulnerabilità ed impotenza. Non potrà bastare, come due anni fa, dire: ok, cresciamo e rafforziamoci con top players nei punti giusti, ed alziamo il livello, se poi a Cardiff vince una squadra con la sua formidabile truppa di lavoratori del centrocampo, tra cui spiccano i Casemiro e i Dani Carvajal, che cantano e portano la croce per Cristiano Ronaldo, ed in alcuni frangenti fanno addirittura da soli. No, occorrerà una trasformazione alla Milan di Sacchi, una squadra ed un club che puntino programmaticamente, sul piano tecnico, psicologico e motivazionale, sulla competizione europea, considerando il torneo domestico un luogo di training intercorrente, in cui competere ma rispetto al quale accettare il fatto di non vincere, se ciò sottrae risorse atletiche ed agonistiche per la massima competizione europea. Tutto, pur di liberarsi da questa ossessione europea. Ma questa Juventus saprà compiere questa autentica rivoluzione culturale e spirituale, e soprattutto, vorrà farlo, rinunciando alla sua storica vocazione di regina di scudetti? Bella domanda, a cui converrà rispondere, prima di ipotizzare scelte e programmi sbagliati, che consistano unicamente nel riproporre ricette ormai inefficaci.