Ragioniamo per assurdo: se il Milan di Li avesse ereditato dalla precedente gestione ed ottenuto il pareggio di bilancio, pur permanendo la situazione di incertezza sulla proprietà e sulle scadenze imminenti, saremmo sotto sanzione? Ovviamente no, perché il tema centrale è l'eredità di conti in rosso drammatica che noi abbiamo alimentato ulteriormente scommettendo sul voluntary.
L'Inter ha preso la sua bella stangata, ma semplicemente non è arrivata alla camera giudicante ed ha ottenuto il settlement perché diversamente da noi non aveva un'imminente scadenza da rifinanziare ed altre obbligazioni da rimborsare entro pochi mesi.
Ma il fulcro della procedura di sanzione è per noi come per loro il bilancio in rosso degli anni precedenti.
Ragioniamo ancora per assurdo: se non fosse mai esistito l'istituto del voluntary, Fassone ed il Milan avrebbero mai comprato per 235 milioni la scorsa estate? Ovviamente no, perché ben sapevano di dover almeno provare a rientrare nei limiti dei parametri imposti dalla UEFA ed iniziare un percorso di lento ripianamento per strappare un settlement tipo Roma e Inter.
Djerry, siamo tutti d'accordo che oggetto dell'esame della conformità dei conti dei clubs alle norme del Regolamento UEFA sul Fair Play Finanziario debba essere il saldo di bilancio aggregato degli esercizi del triennio precedente entro il limite massimo di perdita di trenta milioni di euro, ma le conseguenze della accertata violazione di questi parametri, per giurisprudenza consolidata della Uefa, è una scala di sanzioni che va dalla multa alla esclusione di taluni giocatori in entrata dagli elenchi degli iscritti alle competizioni UEFA, se l'acquisto non sia stato preventivamente finanziato da cessioni di pari importo (first in, first out). Le sanzioni ulteriori, dalla esclusione dalle Coppe alla perdita di un titolo, attengono invece ad ipotesi di grave insolvenza del club rispetto ad obbligazioni sociali, che non rientrano di massima nelle fattispecie concernenti il nostro club, essendo le obbligazioni in scadenza, ma non ancora scadute, più che garantite dal patrimonio sociale impegnato, azioni capitale ed attivi del patrimonio (conti ricavi, cessione di crediti pluriennali da contratti di sponsorizzazione o da sfruttamento di diritti multimediali, marchi, brevetti, eccetera). Il rinvio dinanzi alla Adjudicatory Chamber, allora, attiene, atterrebbe, ad ipotesi ulteriori, quale quella, indicata dalla stessa Uefa nella incolpazione, della situazione di un debito distrofico di un terzo, che il Milan garantisce direttamente, in cui la Federazione reputa, reputerebbe, sussistente la potenziale compromissione delle finalità sportive costituenti l'oggetto sociale del club, per scopi diversi da quelli della impresa sportiva, ed in cui rileverebbero violazioni materiali che nulla, tuttavia, hanno a che vedere con il Fair Play Finanziario strettamente inteso, che verte invece su specifiche situazioni contabili. Ciò, si ripete, in un'ottica di moral suasion rigorosa che la Uefa sta adottando nei confronti del Milan per stanarlo dalle vicende interne alla holding (una su tutte, quei 180 milioni di euro, oltre interessi), ha una sua valenza, ma pur sempre entro il limite di equità e proporzionalità delle sanzioni concepibili ed applicabili in un procedimento che è pur sempre per violazione di FPF. Altrimenti, si pone un problema di legalità, rispetto al quale il club deve poter disporre di ogni forma di tutela.
