Milan: comanda Furlani. Presto nuove figure oltre al DS.

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CorSport: Furlani accorcia la catena. La guida a due teste, nella storia recente del Milan berlusconiano, non ha mai prodotto risultati esaltanti. Anzi creò una netta frattura fra le due aree - quella finanziaria con riferimento a Barbara Berlusconi e quella tecnica con alla guida Adriano Galliani - alimentando un clima di conflitto interno molto velenoso. Identico lo scenario registrato negli uffici a casa Milan allorquando Paolo Maldini, reduce dallo scudetto vinto, ottenne da Gerry Cardinale il rinnovo del contratto con
l’autonomia completa per l’area tecnica. Fu abolito il vincolo precedente delle decisioni condivise (impostato da Gazidis e rilanciato poi da Furlani) e appena i risultati conseguiti (semifinale di Champions, quinto posto in classifica “salvato” dalla nota penalizzazione della Juve) furono giudicati insoddisfacenti, avvenne il divorzio sanguinoso dall’ex capitano (più Massara) con il peccato mortale di non provvedere, contestualmente, alla sostituzione delle due figure. Ci sono state eccezioni a questa esperienza. Prendete il recentissimo caso dell’Inter con due ad, Marotta e Antonello, ciascuno con confini ben definiti, o quello della prima Juve di Andrea Agnelli con due ad, Mazzia per i conti e Beppe Marotta per l’area tecnica. Questo significa che quando il mandato del proprietario è chiaro e la collaborazione leale e proficua tra i due manager di punta, è possibile guidare con due volanti un club di così alto rango.

Adesso al Milan sembra che sia accaduto qualcosa di diverso rispetto a qualche settimana fa e sia stata ristabilita una catena di comando molto corta. A dire il vero, sul piano formale che è sostanza in una Spa, le deleghe sono sempre rimaste le stesse. L’ad Giorgio Furlani ha potere di firma, ogni contratto deve passare dal suo tavolo per la sigla, ogni operazione di calciomercato con ricadute sul bilancio (e le più recenti, a giudicare dai numeri prodotti, sono state promosse a pieni voti), deve ricevere la sua approvazione (fi rma il bilancio). Ma allora perché Furlani è volato negli Usa a parlare con Cardinale e il management RedBird, i cui rappresentanti, in maggioranza, nel cda rossonero, lo hanno all’epoca nominato ad? La risposta è semplice: perché la fuga di notizie, alimentata dai ds e dai loro agenti, sugli incontri di Londra con Cardinale e Ibra, hanno fatto passare l’ad come l’ultima ruota del carro. Adesso, risultati negativi alla mano, la riorganizzazione complessiva del Milan non può essere affidata solo ed esclusivamente a Ibra ma deve diventare una linea guida del club. E questo significa che non ci saranno novità solo nella figura, indispensabile, del direttore sportivo con relativa scelta del prossimo allenatore. Tutto il cattivo funzionamento di questa stagione deve essere valutato. Dove sono emersi disfunzioni e vuoti? Ecco, proprio in quei settori bisognerà intervenire potenziando la struttura del Milan. Per questo motivo non deve appassionare la telenovela del ds - oggi sale la quotazione di uno, domani quella di un altro - ma interessare il piano complessivo con ricadute sul rendimento del team. Con la premessa che il risultato sul campo sarà conseguenza dell’unità delle due aree del Milan.

SI PARLA DI AMBRO E DI ALBERTINI QUI -) https://www.milanworld.net/threads/milan-anche-un-head-of-football-ambro-e-albertini.148861/

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CorSport: Furlani accorcia la catena. La guida a due teste, nella storia recente del Milan berlusconiano, non ha mai prodotto risultati esaltanti. Anzi creò una netta frattura fra le due aree - quella finanziaria con riferimento a Barbara Berlusconi e quella tecnica con alla guida Adriano Galliani - alimentando un clima di conflitto interno molto velenoso. Identico lo scenario registrato negli uffici a casa Milan allorquando Paolo Maldini, reduce dallo scudetto vinto, ottenne da Gerry Cardinale il rinnovo del contratto con
l’autonomia completa per l’area tecnica. Fu abolito il vincolo precedente delle decisioni condivise (impostato da Gazidis e rilanciato poi da Furlani) e appena i risultati conseguiti (semifinale di Champions, quinto posto in classifica “salvato” dalla nota penalizzazione della Juve) furono giudicati insoddisfacenti, avvenne il divorzio sanguinoso dall’ex capitano (più Massara) con il peccato mortale di non provvedere, contestualmente, alla sostituzione delle due figure. Ci sono state eccezioni a questa esperienza. Prendete il recentissimo caso dell’Inter con due ad, Marotta e Antonello, ciascuno con confini ben definiti, o quello della prima Juve di Andrea Agnelli con due ad, Mazzia per i conti e Beppe Marotta per l’area tecnica. Questo significa che quando il mandato del proprietario è chiaro e la collaborazione leale e proficua tra i due manager di punta, è possibile guidare con due volanti un club di così alto rango.

Adesso al Milan sembra che sia accaduto qualcosa di diverso rispetto a qualche settimana fa e sia stata ristabilita una catena di comando molto corta. A dire il vero, sul piano formale che è sostanza in una Spa, le deleghe sono sempre rimaste le stesse. L’ad Giorgio Furlani ha potere di firma, ogni contratto deve passare dal suo tavolo per la sigla, ogni operazione di calciomercato con ricadute sul bilancio (e le più recenti, a giudicare dai numeri prodotti, sono state promosse a pieni voti), deve ricevere la sua approvazione (fi rma il bilancio). Ma allora perché Furlani è volato negli Usa a parlare con Cardinale e il management RedBird, i cui rappresentanti, in maggioranza, nel cda rossonero, lo hanno all’epoca nominato ad? La risposta è semplice: perché la fuga di notizie, alimentata dai ds e dai loro agenti, sugli incontri di Londra con Cardinale e Ibra, hanno fatto passare l’ad come l’ultima ruota del carro. Adesso, risultati negativi alla mano, la riorganizzazione complessiva del Milan non può essere affidata solo ed esclusivamente a Ibra ma deve diventare una linea guida del club. E questo significa che non ci saranno novità solo nella figura, indispensabile, del direttore sportivo con relativa scelta del prossimo allenatore. Tutto il cattivo funzionamento di questa stagione deve essere valutato. Dove sono emersi disfunzioni e vuoti? Ecco, proprio in quei settori bisognerà intervenire potenziando la struttura del Milan. Per questo motivo non deve appassionare la telenovela del ds - oggi sale la quotazione di uno, domani quella di un altro - ma interessare il piano complessivo con ricadute sul rendimento del team. Con la premessa che il risultato sul campo sarà conseguenza dell’unità delle due aree del Milan.

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Come ampiamente detto e ridetto su questi lidi, è anche e soprattutto una guerra di veline sulla stampa. Ecco la conferma.
 

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CorSport: Furlani accorcia la catena. La guida a due teste, nella storia recente del Milan berlusconiano, non ha mai prodotto risultati esaltanti. Anzi creò una netta frattura fra le due aree - quella finanziaria con riferimento a Barbara Berlusconi e quella tecnica con alla guida Adriano Galliani - alimentando un clima di conflitto interno molto velenoso. Identico lo scenario registrato negli uffici a casa Milan allorquando Paolo Maldini, reduce dallo scudetto vinto, ottenne da Gerry Cardinale il rinnovo del contratto con
l’autonomia completa per l’area tecnica. Fu abolito il vincolo precedente delle decisioni condivise (impostato da Gazidis e rilanciato poi da Furlani) e appena i risultati conseguiti (semifinale di Champions, quinto posto in classifica “salvato” dalla nota penalizzazione della Juve) furono giudicati insoddisfacenti, avvenne il divorzio sanguinoso dall’ex capitano (più Massara) con il peccato mortale di non provvedere, contestualmente, alla sostituzione delle due figure. Ci sono state eccezioni a questa esperienza. Prendete il recentissimo caso dell’Inter con due ad, Marotta e Antonello, ciascuno con confini ben definiti, o quello della prima Juve di Andrea Agnelli con due ad, Mazzia per i conti e Beppe Marotta per l’area tecnica. Questo significa che quando il mandato del proprietario è chiaro e la collaborazione leale e proficua tra i due manager di punta, è possibile guidare con due volanti un club di così alto rango.

Adesso al Milan sembra che sia accaduto qualcosa di diverso rispetto a qualche settimana fa e sia stata ristabilita una catena di comando molto corta. A dire il vero, sul piano formale che è sostanza in una Spa, le deleghe sono sempre rimaste le stesse. L’ad Giorgio Furlani ha potere di firma, ogni contratto deve passare dal suo tavolo per la sigla, ogni operazione di calciomercato con ricadute sul bilancio (e le più recenti, a giudicare dai numeri prodotti, sono state promosse a pieni voti), deve ricevere la sua approvazione (fi rma il bilancio). Ma allora perché Furlani è volato negli Usa a parlare con Cardinale e il management RedBird, i cui rappresentanti, in maggioranza, nel cda rossonero, lo hanno all’epoca nominato ad? La risposta è semplice: perché la fuga di notizie, alimentata dai ds e dai loro agenti, sugli incontri di Londra con Cardinale e Ibra, hanno fatto passare l’ad come l’ultima ruota del carro. Adesso, risultati negativi alla mano, la riorganizzazione complessiva del Milan non può essere affidata solo ed esclusivamente a Ibra ma deve diventare una linea guida del club. E questo significa che non ci saranno novità solo nella figura, indispensabile, del direttore sportivo con relativa scelta del prossimo allenatore. Tutto il cattivo funzionamento di questa stagione deve essere valutato. Dove sono emersi disfunzioni e vuoti? Ecco, proprio in quei settori bisognerà intervenire potenziando la struttura del Milan. Per questo motivo non deve appassionare la telenovela del ds - oggi sale la quotazione di uno, domani quella di un altro - ma interessare il piano complessivo con ricadute sul rendimento del team. Con la premessa che il risultato sul campo sarà conseguenza dell’unità delle due aree del Milan.

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Adesso al Milan sembra che sia accaduto qualcosa di diverso rispetto a qualche settimana fa e sia stata ristabilita una catena di comando molto corta. A dire il vero, sul piano formale che è sostanza in una Spa, le deleghe sono sempre rimaste le stesse. L’ad Giorgio Furlani ha potere di firma, ogni contratto deve passare dal suo tavolo per la sigla, ogni operazione di calciomercato con ricadute sul bilancio (e le più recenti, a giudicare dai numeri prodotti, sono state promosse a pieni voti), deve ricevere la sua approvazione (fi rma il bilancio). Ma allora perché Furlani è volato negli Usa a parlare con Cardinale e il management RedBird, i cui rappresentanti, in maggioranza, nel cda rossonero, lo hanno all’epoca nominato ad? La risposta è semplice: perché la fuga di notizie, alimentata dai ds e dai loro agenti, sugli incontri di Londra con Cardinale e Ibra, hanno fatto passare l’ad come l’ultima ruota del carro. Adesso, risultati negativi alla mano, la riorganizzazione complessiva del Milan non può essere affidata solo ed esclusivamente a Ibra ma deve diventare una linea guida del club. E questo significa che non ci saranno novità solo nella figura, indispensabile, del direttore sportivo con relativa scelta del prossimo allenatore. Tutto il cattivo funzionamento di questa stagione deve essere valutato. Dove sono emersi disfunzioni e vuoti? Ecco, proprio in quei settori bisognerà intervenire potenziando la struttura del Milan. Per questo motivo non deve appassionare la telenovela del ds - oggi sale la quotazione di uno, domani quella di un altro - ma interessare il piano complessivo con ricadute sul rendimento del team. Con la premessa che il risultato sul campo sarà conseguenza dell’unità delle due aree del Milan.

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Domanda sbagliata, risposta delirante.

La vera domanda da fare è : perchè se cardinale prende il milan da elliott mette come ad un uomo di elliott che già lavorava al milan?
E se furlani è uomo di redbird perchè vola da cardinale per zittirlo e ridimensionarlo???

Vuoi vedere il milan è di elliott e cardinale è solo un pupazzo??
 

gabri65

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Adesso al Milan sembra che sia accaduto qualcosa di diverso rispetto a qualche settimana fa e sia stata ristabilita una catena di comando molto corta. A dire il vero, sul piano formale che è sostanza in una Spa, le deleghe sono sempre rimaste le stesse. L’ad Giorgio Furlani ha potere di firma, ogni contratto deve passare dal suo tavolo per la sigla, ogni operazione di calciomercato con ricadute sul bilancio (e le più recenti, a giudicare dai numeri prodotti, sono state promosse a pieni voti), deve ricevere la sua approvazione (fi rma il bilancio). Ma allora perché Furlani è volato negli Usa a parlare con Cardinale e il management RedBird, i cui rappresentanti, in maggioranza, nel cda rossonero, lo hanno all’epoca nominato ad? La risposta è semplice: perché la fuga di notizie, alimentata dai ds e dai loro agenti, sugli incontri di Londra con Cardinale e Ibra, hanno fatto passare l’ad come l’ultima ruota del carro. Adesso, risultati negativi alla mano, la riorganizzazione complessiva del Milan non può essere affidata solo ed esclusivamente a Ibra ma deve diventare una linea guida del club. E questo significa che non ci saranno novità solo nella figura, indispensabile, del direttore sportivo con relativa scelta del prossimo allenatore. Tutto il cattivo funzionamento di questa stagione deve essere valutato. Dove sono emersi disfunzioni e vuoti? Ecco, proprio in quei settori bisognerà intervenire potenziando la struttura del Milan. Per questo motivo non deve appassionare la telenovela del ds - oggi sale la quotazione di uno, domani quella di un altro - ma interessare il piano complessivo con ricadute sul rendimento del team. Con la premessa che il risultato sul campo sarà conseguenza dell’unità delle due aree del Milan.

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Armi di distrazione di massa.

Sì, vai, andiamo a saccheggiare gli ultimi parafulmini Ambrosini e Albertini.

Poi prendiamo anche i 3 del Gre-No-Li per raddrizzare 'sta fogna di cloebbe.
 
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l’autonomia completa per l’area tecnica. Fu abolito il vincolo precedente delle decisioni condivise (impostato da Gazidis e rilanciato poi da Furlani) e appena i risultati conseguiti (semifinale di Champions, quinto posto in classifica “salvato” dalla nota penalizzazione della Juve) furono giudicati insoddisfacenti, avvenne il divorzio sanguinoso dall’ex capitano (più Massara) con il peccato mortale di non provvedere, contestualmente, alla sostituzione delle due figure. Ci sono state eccezioni a questa esperienza. Prendete il recentissimo caso dell’Inter con due ad, Marotta e Antonello, ciascuno con confini ben definiti, o quello della prima Juve di Andrea Agnelli con due ad, Mazzia per i conti e Beppe Marotta per l’area tecnica. Questo significa che quando il mandato del proprietario è chiaro e la collaborazione leale e proficua tra i due manager di punta, è possibile guidare con due volanti un club di così alto rango.

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Ma come non era stato il gellato a cacciare paolo ? :troll:
 
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