Kjaer:"Siamo da scudetto. Ibra è unico".

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Kjaer alla GDS in edicola:"La mia storia parla chiaro, ho bisogno di sentire fiducia: ho sempre ripagato i tecnici che mi hanno dato continuità».

Merito di Pioli, quindi?

«Quando ho dei dubbi o penso che ci siano aspetti tattici che si possono cambiare per migliorare il rendimento individuale e collettivo, mi ascolta: vuole trovare la situazione ideale per i suoi giocatori. Alla fine ovviamente decide lui, ma c’è dialogo. È l’allenatore perfetto per me».

Si sente un leader?

«Sì, in campo e in allenamento. Osservo gli altri e do una mano. Cerco sempre di dare l’esempio, mi faccio sentire. E provo a trasmettere un messaggio ai più giovani, perché negli anni ho imparato che non bisogna mai accontentarsi: ora siamo primi ma non possiamo adagiarci sulle soddisfazioni del momento, dobbiamo lavorare per crescere ancora».

Lei è tra i più ascoltati nello spogliatoio. Che effetto le fa?

«Maldini e Massara mi hanno portato al Milan per avere una voce nello spogliatoio e per dare una mano con i più giovani. Sono arrivato in un momento complicato, ma nonostante le critiche che piombavano addosso ai giocatori sapevo che qui c’era qualità. Ora siamo all’opposto: i risultati arrivano, c’è entusiasmo. Ma ricordiamoci che non ci vuole molto a tornare indietro».

Come si fa a non perdere la bussola?

«Sfruttiamo l’esperienza accumulata negli ultimi sei mesi, ci ha fatto maturare tanto e velocemente. Ormai siamo giovani solo sulla carta di identità, perché abbiamo dimostrato di essere una grande squadra, raggiungendo un livello molto alto. Proviamo a riportare il Milan dove deve stare».

In alto ci siete già: primi e imbattuti. Siete da scudetto?

«Siamo in testa, per cui certo, possiamo vincere. La stagione però è ancora lunga, occorre continuare a vivere partita dopo partita come stiamo facendo. Lo scudetto non deve diventare un’ossessione: deve essere un obiettivo perché siamo il Milan e la storia del Milan è fatta di titoli. Dopo tanti anni lontano dal vertice siamo lì, faremo il massimo per tornare in Champions e proveremo a lottare per il campionato, abbiamo il dovere di crederci».

Con Ibra sembra tutto più semplice.

«Per capacità di abbinare tecnica e fisicità Zlatan è unico al mondo, non ho mai visto attaccanti dominanti come lui».

Com’è il vostro rapporto?

«Ottimo, come con gli altri».

Al suo fianco è tornato Romagnoli. Come lo ha ritrovato?

«È un grande difensore, non si può discutere come fa qualcuno: dopo un lungo infortunio è normale soffrire un po’. Ale tira dritto e si allena bene: presto lo rivedrete al top».

La stagione si è aperta in coppia con Gabbia: sarà un punto di riferimento per il Milan del futuro?

«Senza dubbio. Io e Matteo parliamo tanto, mi ricorda me da giovane: ha voglia di imparare, ascolta».

Vediamo spesso Kjaer lanciare per Ibra: asse nato in allenamento?

«Lanciare mi piace fin da quando ero ragazzino. Poi ovvio, se davanti hai Ibra hai più possibilità di riuscita. Se giochi sempre corto diventi prevedibile, con la verticalità induci i marcatori avversari all’errore, crei spazio per chi si inserisce: essendo un difensore lo so bene, e quando ho la palla provo a leggere le situazioni e a servire Ibra».

Come si gestisce fisicamente?

«È una linea sottile, non puoi permetterti di sbagliare: il tempo tra un match e l’altro è per lo più recupero. Il che non significa che non ti alleni, ci sono sempre piccole cose da curare. Lavorare con Pioli mi aiuta: a volte gli dico “Oggi farei solo una parte in gruppo, preferisco lavorare con il preparatore”. Lui si fida, sa che tutto è finalizzato alla partita».

Essere un titolare nel Milan capolista è una rivincita sulla parentesi all’Atalanta?

«A Bergamo ho giocato 6 partite, non abbiamo mai perso. Gasperini non mi ha mai detto “sei troppo in là con gli anni” o “giochi male”, lasciarmi fuori è stata una decisione tattica. Ma non ho nulla contro di lui: non ha funzionato. Ho accettato le sue scelte, e quando non giocavo ne approfittavo per allenarmi. Volevo farmi trovare al top per la chiamata successiva, è arrivato il Milan. È andata bene, no?».

L’attaccante più ostico?

«Dipende dalla partita. L’Inter ad esempio ha due grandi punte ma per caratteristiche Lautaro mi ha messo più in difficoltà di Lukaku, più mobile, più imprevedibile. E poi c’è sempre Ronaldo: in area è quasi immarcabile».

Anche al Milan non scherzano: segnano tutti, manca solo lei.

«Abbiamo molti modi di attaccare e di far gol. Io posso aspettare, per me conta di più arrivare al 90’ senza gol subiti».

Kjaer, dica la verità: c’è stato un momento in cui ha temuto che il Milan non la riscattasse?

«Ho sempre pensato che avevo fatto tutto il possibile, ma sapevo che a decidere sarebbe stata la società. Quando ho firmato ho vissuto un sogno, e continuo a viverlo ora che siamo primi».

Il prossimo da realizzare?

«Tra sogni e obiettivi il confine è strettissimo: iniziamo tornando in Champions da milanista. Poi mi piacerebbe chiudere qui la carriera. Sono ancora giovane, no?»
 
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Kjaer alla GDS in edicola:"La mia storia parla chiaro, ho bisogno di sentire fiducia: ho sempre ripagato i tecnici che mi hanno dato continuità».

Merito di Pioli, quindi?

«Quando ho dei dubbi o penso che ci siano aspetti tattici che si possono cambiare per migliorare il rendimento individuale e collettivo, mi ascolta: vuole trovare la situazione ideale per i suoi giocatori. Alla fine ovviamente decide lui, ma c’è dialogo. È l’allenatore perfetto per me».

Si sente un leader?

«Sì, in campo e in allenamento. Osservo gli altri e do una mano. Cerco sempre di dare l’esempio, mi faccio sentire. E provo a trasmettere un messaggio ai più giovani, perché negli anni ho imparato che non bisogna mai accontentarsi: ora siamo primi ma non possiamo adagiarci sulle soddisfazioni del momento, dobbiamo lavorare per crescere ancora».

Lei è tra i più ascoltati nello spogliatoio. Che effetto le fa?

«Maldini e Massara mi hanno portato al Milan per avere una voce nello spogliatoio e per dare una mano con i più giovani. Sono arrivato in un momento complicato, ma nonostante le critiche che piombavano addosso ai giocatori sapevo che qui c’era qualità. Ora siamo all’opposto: i risultati arrivano, c’è entusiasmo. Ma ricordiamoci che non ci vuole molto a tornare indietro».

Come si fa a non perdere la bussola?

«Sfruttiamo l’esperienza accumulata negli ultimi sei mesi, ci ha fatto maturare tanto e velocemente. Ormai siamo giovani solo sulla carta di identità, perché abbiamo dimostrato di essere una grande squadra, raggiungendo un livello molto alto. Proviamo a riportare il Milan dove deve stare».

In alto ci siete già: primi e imbattuti. Siete da scudetto?

«Siamo in testa, per cui certo, possiamo vincere. La stagione però è ancora lunga, occorre continuare a vivere partita dopo partita come stiamo facendo. Lo scudetto non deve diventare un’ossessione: deve essere un obiettivo perché siamo il Milan e la storia del Milan è fatta di titoli. Dopo tanti anni lontano dal vertice siamo lì, faremo il massimo per tornare in Champions e proveremo a lottare per il campionato, abbiamo il dovere di crederci».

Con Ibra sembra tutto più semplice.

«Per capacità di abbinare tecnica e fisicità Zlatan è unico al mondo, non ho mai visto attaccanti dominanti come lui».

Com’è il vostro rapporto?

«Ottimo, come con gli altri».

Al suo fianco è tornato Romagnoli. Come lo ha ritrovato?

«È un grande difensore, non si può discutere come fa qualcuno: dopo un lungo infortunio è normale soffrire un po’. Ale tira dritto e si allena bene: presto lo rivedrete al top».

La stagione si è aperta in coppia con Gabbia: sarà un punto di riferimento per il Milan del futuro?

«Senza dubbio. Io e Matteo parliamo tanto, mi ricorda me da giovane: ha voglia di imparare, ascolta».

Vediamo spesso Kjaer lanciare per Ibra: asse nato in allenamento?

«Lanciare mi piace fin da quando ero ragazzino. Poi ovvio, se davanti hai Ibra hai più possibilità di riuscita. Se giochi sempre corto diventi prevedibile, con la verticalità induci i marcatori avversari all’errore, crei spazio per chi si inserisce: essendo un difensore lo so bene, e quando ho la palla provo a leggere le situazioni e a servire Ibra».

Come si gestisce fisicamente?

«È una linea sottile, non puoi permetterti di sbagliare: il tempo tra un match e l’altro è per lo più recupero. Il che non significa che non ti alleni, ci sono sempre piccole cose da curare. Lavorare con Pioli mi aiuta: a volte gli dico “Oggi farei solo una parte in gruppo, preferisco lavorare con il preparatore”. Lui si fida, sa che tutto è finalizzato alla partita».

Essere un titolare nel Milan capolista è una rivincita sulla parentesi all’Atalanta?

«A Bergamo ho giocato 6 partite, non abbiamo mai perso. Gasperini non mi ha mai detto “sei troppo in là con gli anni” o “giochi male”, lasciarmi fuori è stata una decisione tattica. Ma non ho nulla contro di lui: non ha funzionato. Ho accettato le sue scelte, e quando non giocavo ne approfittavo per allenarmi. Volevo farmi trovare al top per la chiamata successiva, è arrivato il Milan. È andata bene, no?».

L’attaccante più ostico?

«Dipende dalla partita. L’Inter ad esempio ha due grandi punte ma per caratteristiche Lautaro mi ha messo più in difficoltà di Lukaku, più mobile, più imprevedibile. E poi c’è sempre Ronaldo: in area è quasi immarcabile».

Anche al Milan non scherzano: segnano tutti, manca solo lei.

«Abbiamo molti modi di attaccare e di far gol. Io posso aspettare, per me conta di più arrivare al 90’ senza gol subiti».

Kjaer, dica la verità: c’è stato un momento in cui ha temuto che il Milan non la riscattasse?

«Ho sempre pensato che avevo fatto tutto il possibile, ma sapevo che a decidere sarebbe stata la società. Quando ho firmato ho vissuto un sogno, e continuo a viverlo ora che siamo primi».

Il prossimo da realizzare?

«Tra sogni e obiettivi il confine è strettissimo: iniziamo tornando in Champions da milanista. Poi mi piacerebbe chiudere qui la carriera. Sono ancora giovane, no?»

Immenso Vichingo!!!!!
 

A.C Milan 1899

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Kjaer alla GDS in edicola:"La mia storia parla chiaro, ho bisogno di sentire fiducia: ho sempre ripagato i tecnici che mi hanno dato continuità».

Merito di Pioli, quindi?

«Quando ho dei dubbi o penso che ci siano aspetti tattici che si possono cambiare per migliorare il rendimento individuale e collettivo, mi ascolta: vuole trovare la situazione ideale per i suoi giocatori. Alla fine ovviamente decide lui, ma c’è dialogo. È l’allenatore perfetto per me».

Si sente un leader?

«Sì, in campo e in allenamento. Osservo gli altri e do una mano. Cerco sempre di dare l’esempio, mi faccio sentire. E provo a trasmettere un messaggio ai più giovani, perché negli anni ho imparato che non bisogna mai accontentarsi: ora siamo primi ma non possiamo adagiarci sulle soddisfazioni del momento, dobbiamo lavorare per crescere ancora».

Lei è tra i più ascoltati nello spogliatoio. Che effetto le fa?

«Maldini e Massara mi hanno portato al Milan per avere una voce nello spogliatoio e per dare una mano con i più giovani. Sono arrivato in un momento complicato, ma nonostante le critiche che piombavano addosso ai giocatori sapevo che qui c’era qualità. Ora siamo all’opposto: i risultati arrivano, c’è entusiasmo. Ma ricordiamoci che non ci vuole molto a tornare indietro».

Come si fa a non perdere la bussola?

«Sfruttiamo l’esperienza accumulata negli ultimi sei mesi, ci ha fatto maturare tanto e velocemente. Ormai siamo giovani solo sulla carta di identità, perché abbiamo dimostrato di essere una grande squadra, raggiungendo un livello molto alto. Proviamo a riportare il Milan dove deve stare».

In alto ci siete già: primi e imbattuti. Siete da scudetto?

«Siamo in testa, per cui certo, possiamo vincere. La stagione però è ancora lunga, occorre continuare a vivere partita dopo partita come stiamo facendo. Lo scudetto non deve diventare un’ossessione: deve essere un obiettivo perché siamo il Milan e la storia del Milan è fatta di titoli. Dopo tanti anni lontano dal vertice siamo lì, faremo il massimo per tornare in Champions e proveremo a lottare per il campionato, abbiamo il dovere di crederci».

Con Ibra sembra tutto più semplice.

«Per capacità di abbinare tecnica e fisicità Zlatan è unico al mondo, non ho mai visto attaccanti dominanti come lui».

Com’è il vostro rapporto?

«Ottimo, come con gli altri».

Al suo fianco è tornato Romagnoli. Come lo ha ritrovato?

«È un grande difensore, non si può discutere come fa qualcuno: dopo un lungo infortunio è normale soffrire un po’. Ale tira dritto e si allena bene: presto lo rivedrete al top».

La stagione si è aperta in coppia con Gabbia: sarà un punto di riferimento per il Milan del futuro?

«Senza dubbio. Io e Matteo parliamo tanto, mi ricorda me da giovane: ha voglia di imparare, ascolta».

Vediamo spesso Kjaer lanciare per Ibra: asse nato in allenamento?

«Lanciare mi piace fin da quando ero ragazzino. Poi ovvio, se davanti hai Ibra hai più possibilità di riuscita. Se giochi sempre corto diventi prevedibile, con la verticalità induci i marcatori avversari all’errore, crei spazio per chi si inserisce: essendo un difensore lo so bene, e quando ho la palla provo a leggere le situazioni e a servire Ibra».

Come si gestisce fisicamente?

«È una linea sottile, non puoi permetterti di sbagliare: il tempo tra un match e l’altro è per lo più recupero. Il che non significa che non ti alleni, ci sono sempre piccole cose da curare. Lavorare con Pioli mi aiuta: a volte gli dico “Oggi farei solo una parte in gruppo, preferisco lavorare con il preparatore”. Lui si fida, sa che tutto è finalizzato alla partita».

Essere un titolare nel Milan capolista è una rivincita sulla parentesi all’Atalanta?

«A Bergamo ho giocato 6 partite, non abbiamo mai perso. Gasperini non mi ha mai detto “sei troppo in là con gli anni” o “giochi male”, lasciarmi fuori è stata una decisione tattica. Ma non ho nulla contro di lui: non ha funzionato. Ho accettato le sue scelte, e quando non giocavo ne approfittavo per allenarmi. Volevo farmi trovare al top per la chiamata successiva, è arrivato il Milan. È andata bene, no?».

L’attaccante più ostico?

«Dipende dalla partita. L’Inter ad esempio ha due grandi punte ma per caratteristiche Lautaro mi ha messo più in difficoltà di Lukaku, più mobile, più imprevedibile. E poi c’è sempre Ronaldo: in area è quasi immarcabile».

Anche al Milan non scherzano: segnano tutti, manca solo lei.

«Abbiamo molti modi di attaccare e di far gol. Io posso aspettare, per me conta di più arrivare al 90’ senza gol subiti».

Kjaer, dica la verità: c’è stato un momento in cui ha temuto che il Milan non la riscattasse?

«Ho sempre pensato che avevo fatto tutto il possibile, ma sapevo che a decidere sarebbe stata la società. Quando ho firmato ho vissuto un sogno, e continuo a viverlo ora che siamo primi».

Il prossimo da realizzare?

«Tra sogni e obiettivi il confine è strettissimo: iniziamo tornando in Champions da milanista. Poi mi piacerebbe chiudere qui la carriera. Sono ancora giovane, no?»

Sai Simon, concordo con te che siamo da scudetto, ma c’è un MA grosso come il foctuto Taj Mahal: SOLO E SOLTANTO se doseremo le forze. In caso contrario andremo, in una espressione che ho già usato in questi lidi, a schiantarci contro un iceberg al cui confronto quello che affondò il Titanic era un icecream.


Nello specifico, ci aspetta un periodo da dieci partite in un mese, dieci partite che includono anche l’Europa League, che andrà giocoforza sacrificata sull’altare del campionato, e pazienza se prenderemo un’altra svegliona a Lille o se ci qualificheremo per il rotto della cuffia. E, qui lo dico, pazienza anche se NON ci qualificheremo.

La priorità unica è il campionato, non arrivare in fondo alla coppa delle quinte, delle seste e delle settime (menghia che prestigio).

Tanto per intenderci, caro Simon, dopo Nabbule avremo Lille e due giorni dopo la Fiorentina a Milano. Inutile dire in quale delle tre partite sarebbe folle schierare tutti o anche solo buona parte dei titolari.

Anche perché non siamo il Milan di Carletto, Carletto il quale usava 13/14 giocatori e basta, solo che erano talmente forti che senza le ladrerie gobbe nel quinquennio 2002/2007 avrebbero vinto 2/3 campionati giocando le partite di campionato al 70%, come facevamo, per risparmiarci per la Coppa. Questo Milan se non è in forma fisica e mentale rischia grosso.

Ergo...

Usiamo il cervello e non facciamoci prendere da manie di grandezza ingiustificate, perché se lo faremo non solo saremo fuori dalla lotta scudetto AL PIÙ TARDI a Gennaio, non solo usciremo COMUNQUE dall’EL (visto che pure l’EL per vincerla dovremmo affrontarla al massimo, cosa che non possiamo fare, visto il campionato e le riserve contate, soprattutto qualitativamente), ma rischieremo SERISSIMAMENTE di non arrivare manco quarti.

Da un possibile scudetto (e concordo con te che giocarcela è possibile, eccome) ad una lotta coltello tra i denti per la CL non riuscendo forse manco a raggiungerla. Questo era l’iceberg al cui confronto quello che affondò il Titanic era un icecream, caro Simon. E questo iceberg non ho voglia di incontrarlo.

Né ho voglia di cominciare a vederne la punta in lontananza quando, se non faremo turnover spregiudicato in Europa, cominceremo a fare filotti in campionato da 7/8 punti in 7/8 partite.

Quindi chiappe strette e testa sull’obiettivo.
 
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