Infettivologo:"Le tute che portiamo fanno paura".

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In molti tendono a minimizzare la questione coronavirus, parlando di isteria di massa e di semplice influenza. Agostino Zambelli, infettivologo del Sacco di Milano, in prima linea contro il virus, si confessa esprimendo anche quelle che sono le paure di un medico a contatto col virus.

Dottore, perché togliersi quella tuta fa paura?
"Perché dopo aver visitato un malato infetto, anche quelle tute che ci fanno sembrare usciti da Csi è potenzialmente infetto. Ecco perché impariamo come vestirci, ma soprattutto come svestirci: la nostra pelle non può avere nessun tipo di contatto con lei o rischiamo la contaminazione. E mi creda, è un'operazione tutt'altro che semplice".

Come si fa?
"Tutti noi abbiamo alle spalle decine di esercitazioni. Abbiamo iniziato a farlo per l'emergenza Ebola, quando sono arrivate le prime tute fatte così. Ci si spoglia in coppia. Davanti a uno specchio. Uno guarda l'altro. Ogni singolo movimento. I passaggi li abbiamo appesi al muro, li possiamo leggere lì. Ma ormai li conosciamo a memoria. Non si possono fare errori. Per questo è il momento dove la tensione è più alta".

Ci racconta com'è stata la sua ultima giornata con quella tuta addosso?
"Di turno al pronto soccorso. Ho fatto i tamponi ai casi sospetti che sono arrivati in ospedale. Quando ho staccato io eravamo a quota 182 tamponi in meno di 48 ore, un numero enorme. Non voglio immaginare a che punto siamo arrivati ora".

Vi proteggete in quel modo anche per i tamponi?
"In quel caso si lavora con grembiuli che non fanno passare l'acqua, camici, guanti, maschera e visiera. Ma bisognava visitare anche una paziente positiva che aspettava il ricovero. L'ho indossata lì, prima di entrare in una stanza di isolamento dove sono rimasto a lungo senza poter uscire".

Lei è a contatto con una malattia che spaventa molto. Questo non le crea tensione?
"Chi fa il mio lavoro è costantemente a contatto con le malattie infettive. Alcune sono terribili, possono essere mortali. Ne siamo consapevoli. E in questo momento siamo più protetti degli altri. I veri eroi sono i colleghi, i medici di base per esempio, che in questo momento visitano un paziente che arriva con la febbre senza nulla. Loro sì che rischiano. Molto più di noi, attrezzati e preparati".

La vivono tutti come lei?
"Nessuno vorrebbe entrare in quelle stanze. Quantomeno per fare vedere che è più bravo. Ma in questo ospedale c'è un'intera squadra formata da decine di persone che sta reagendo in maniera straordinaria, con una dedizione straordinaria. Dai più giovani, come gli specializzandi, anche loro a contatto con i malati, in reparto, nessuno si è tirato indietro. Fino ai più anziani. Basta pensare alla prima notte dell'emergenza".

Cioè? Che cos'è successo?
"Fra giovedì e venerdì il direttore delle malattie infettive Giuliano Rizzardini e il dirigente Luca Meroni sono partiti insieme alla squadra che è andata a fare i tamponi a tutta la famiglia del trentottenne di Codogno. Si sono girati mezza pianura, sono tornati stravolti all'alba. Potevano delegare, non è stato così".

Che le dice la sua famiglia, i suoi cari in questi giorni. Sono preoccupati per lei?
"Da venerdì ho il telefono che continua a illuminarsi. Messaggi di solidarietà e affetto. Mi dicono di essere vicini, di pregare per me e per noi. Per il lavoro che facciamo".

E alla fine di giornate così intense, con una responsabilità così grande addosso, cosa fa?
"Cerco di non pensare più a nulla. Da quando esco dall'ospedale cerco di rimuoverlo. Un processo che inizia da quando salgo in macchina, nel mio viaggio verso Rozzano, dove vivo. Provo a non guardare telegiornali, mi sforzo di liberare la mente. È il mio modo per sopravvivere".
 

gabri65

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In molti tendono a minimizzare la questione coronavirus, parlando di isteria di massa e di semplice influenza. Agostino Zambelli, infettivologo del Sacco di Milano, in prima linea contro il virus, si confessa esprimendo anche quelle che sono le paure di un medico a contatto col virus.

Dottore, perché togliersi quella tuta fa paura?
"Perché dopo aver visitato un malato infetto, anche quelle tute che ci fanno sembrare usciti da Csi è potenzialmente infetto. Ecco perché impariamo come vestirci, ma soprattutto come svestirci: la nostra pelle non può avere nessun tipo di contatto con lei o rischiamo la contaminazione. E mi creda, è un'operazione tutt'altro che semplice".

Come si fa?
"Tutti noi abbiamo alle spalle decine di esercitazioni. Abbiamo iniziato a farlo per l'emergenza Ebola, quando sono arrivate le prime tute fatte così. Ci si spoglia in coppia. Davanti a uno specchio. Uno guarda l'altro. Ogni singolo movimento. I passaggi li abbiamo appesi al muro, li possiamo leggere lì. Ma ormai li conosciamo a memoria. Non si possono fare errori. Per questo è il momento dove la tensione è più alta".

Ci racconta com'è stata la sua ultima giornata con quella tuta addosso?
"Di turno al pronto soccorso. Ho fatto i tamponi ai casi sospetti che sono arrivati in ospedale. Quando ho staccato io eravamo a quota 182 tamponi in meno di 48 ore, un numero enorme. Non voglio immaginare a che punto siamo arrivati ora".

Vi proteggete in quel modo anche per i tamponi?
"In quel caso si lavora con grembiuli che non fanno passare l'acqua, camici, guanti, maschera e visiera. Ma bisognava visitare anche una paziente positiva che aspettava il ricovero. L'ho indossata lì, prima di entrare in una stanza di isolamento dove sono rimasto a lungo senza poter uscire".

Lei è a contatto con una malattia che spaventa molto. Questo non le crea tensione?
"Chi fa il mio lavoro è costantemente a contatto con le malattie infettive. Alcune sono terribili, possono essere mortali. Ne siamo consapevoli. E in questo momento siamo più protetti degli altri. I veri eroi sono i colleghi, i medici di base per esempio, che in questo momento visitano un paziente che arriva con la febbre senza nulla. Loro sì che rischiano. Molto più di noi, attrezzati e preparati".

La vivono tutti come lei?
"Nessuno vorrebbe entrare in quelle stanze. Quantomeno per fare vedere che è più bravo. Ma in questo ospedale c'è un'intera squadra formata da decine di persone che sta reagendo in maniera straordinaria, con una dedizione straordinaria. Dai più giovani, come gli specializzandi, anche loro a contatto con i malati, in reparto, nessuno si è tirato indietro. Fino ai più anziani. Basta pensare alla prima notte dell'emergenza".

Cioè? Che cos'è successo?
"Fra giovedì e venerdì il direttore delle malattie infettive Giuliano Rizzardini e il dirigente Luca Meroni sono partiti insieme alla squadra che è andata a fare i tamponi a tutta la famiglia del trentottenne di Codogno. Si sono girati mezza pianura, sono tornati stravolti all'alba. Potevano delegare, non è stato così".

Che le dice la sua famiglia, i suoi cari in questi giorni. Sono preoccupati per lei?
"Da venerdì ho il telefono che continua a illuminarsi. Messaggi di solidarietà e affetto. Mi dicono di essere vicini, di pregare per me e per noi. Per il lavoro che facciamo".

E alla fine di giornate così intense, con una responsabilità così grande addosso, cosa fa?
"Cerco di non pensare più a nulla. Da quando esco dall'ospedale cerco di rimuoverlo. Un processo che inizia da quando salgo in macchina, nel mio viaggio verso Rozzano, dove vivo. Provo a non guardare telegiornali, mi sforzo di liberare la mente. È il mio modo per sopravvivere".

QUESTO, QUESTO, potrebbe essere un ministro della sanità.

Complimenti e un abbraccio di VERA solidarietà a questa gente, silente, che fa il proprio lavoro con coscienza.
 

Milanforever26

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In molti tendono a minimizzare la questione coronavirus, parlando di isteria di massa e di semplice influenza. Agostino Zambelli, infettivologo del Sacco di Milano, in prima linea contro il virus, si confessa esprimendo anche quelle che sono le paure di un medico a contatto col virus.

Dottore, perché togliersi quella tuta fa paura?
"Perché dopo aver visitato un malato infetto, anche quelle tute che ci fanno sembrare usciti da Csi è potenzialmente infetto. Ecco perché impariamo come vestirci, ma soprattutto come svestirci: la nostra pelle non può avere nessun tipo di contatto con lei o rischiamo la contaminazione. E mi creda, è un'operazione tutt'altro che semplice".

Come si fa?
"Tutti noi abbiamo alle spalle decine di esercitazioni. Abbiamo iniziato a farlo per l'emergenza Ebola, quando sono arrivate le prime tute fatte così. Ci si spoglia in coppia. Davanti a uno specchio. Uno guarda l'altro. Ogni singolo movimento. I passaggi li abbiamo appesi al muro, li possiamo leggere lì. Ma ormai li conosciamo a memoria. Non si possono fare errori. Per questo è il momento dove la tensione è più alta".

Ci racconta com'è stata la sua ultima giornata con quella tuta addosso?
"Di turno al pronto soccorso. Ho fatto i tamponi ai casi sospetti che sono arrivati in ospedale. Quando ho staccato io eravamo a quota 182 tamponi in meno di 48 ore, un numero enorme. Non voglio immaginare a che punto siamo arrivati ora".

Vi proteggete in quel modo anche per i tamponi?
"In quel caso si lavora con grembiuli che non fanno passare l'acqua, camici, guanti, maschera e visiera. Ma bisognava visitare anche una paziente positiva che aspettava il ricovero. L'ho indossata lì, prima di entrare in una stanza di isolamento dove sono rimasto a lungo senza poter uscire".

Lei è a contatto con una malattia che spaventa molto. Questo non le crea tensione?
"Chi fa il mio lavoro è costantemente a contatto con le malattie infettive. Alcune sono terribili, possono essere mortali. Ne siamo consapevoli. E in questo momento siamo più protetti degli altri. I veri eroi sono i colleghi, i medici di base per esempio, che in questo momento visitano un paziente che arriva con la febbre senza nulla. Loro sì che rischiano. Molto più di noi, attrezzati e preparati".

La vivono tutti come lei?
"Nessuno vorrebbe entrare in quelle stanze. Quantomeno per fare vedere che è più bravo. Ma in questo ospedale c'è un'intera squadra formata da decine di persone che sta reagendo in maniera straordinaria, con una dedizione straordinaria. Dai più giovani, come gli specializzandi, anche loro a contatto con i malati, in reparto, nessuno si è tirato indietro. Fino ai più anziani. Basta pensare alla prima notte dell'emergenza".

Cioè? Che cos'è successo?
"Fra giovedì e venerdì il direttore delle malattie infettive Giuliano Rizzardini e il dirigente Luca Meroni sono partiti insieme alla squadra che è andata a fare i tamponi a tutta la famiglia del trentottenne di Codogno. Si sono girati mezza pianura, sono tornati stravolti all'alba. Potevano delegare, non è stato così".

Che le dice la sua famiglia, i suoi cari in questi giorni. Sono preoccupati per lei?
"Da venerdì ho il telefono che continua a illuminarsi. Messaggi di solidarietà e affetto. Mi dicono di essere vicini, di pregare per me e per noi. Per il lavoro che facciamo".

E alla fine di giornate così intense, con una responsabilità così grande addosso, cosa fa?
"Cerco di non pensare più a nulla. Da quando esco dall'ospedale cerco di rimuoverlo. Un processo che inizia da quando salgo in macchina, nel mio viaggio verso Rozzano, dove vivo. Provo a non guardare telegiornali, mi sforzo di liberare la mente. È il mio modo per sopravvivere".

Io continuo a non capire una cosa, ovvero come si collegano tutte ste misure e una sorta di emergenza globale con il concetto di "virus grave quanto una normale influenza"
Le cose sono 2:
- O c'è qualcosa dietro di terribile legato a sto virus che scopriremo solo più avanti e adesso non si può dire(roba tipo che chi è stato contagiato non guarisce più, rimane infetto a vita etc..)
- Oppure c'è una sorta di sciacallaggio mediatico, magari un esperimento sociale per vedere come si reagirebbe a una pandemia globale..e si è usato un virus che però non ha effetti così gravi

Boh..ditemi voi
 

admin

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Io continuo a non capire una cosa, ovvero come si collegano tutte ste misure e una sorta di emergenza globale con il concetto di "virus grave quanto una normale influenza"
Le cose sono 2:
- O c'è qualcosa dietro di terribile legato a sto virus che scopriremo solo più avanti e adesso non si può dire(roba tipo che chi è stato contagiato non guarisce più, rimane infetto a vita etc..)
- Oppure c'è una sorta di sciacallaggio mediatico, magari un esperimento sociale per vedere come si reagirebbe a una pandemia globale..e si è usato un virus che però non ha effetti così gravi

Boh..ditemi voi

Ti pare che un medico infettivologo in prima linea (e non seduto ai salotti televisivi radical shit) possa mettersi a fare terrorismo mediatico?
 

bmb

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Io continuo a non capire una cosa, ovvero come si collegano tutte ste misure e una sorta di emergenza globale con il concetto di "virus grave quanto una normale influenza"
Le cose sono 2:
- O c'è qualcosa dietro di terribile legato a sto virus che scopriremo solo più avanti e adesso non si può dire(roba tipo che chi è stato contagiato non guarisce più, rimane infetto a vita etc..)
- Oppure c'è una sorta di sciacallaggio mediatico, magari un esperimento sociale per vedere come si reagirebbe a una pandemia globale..e si è usato un virus che però non ha effetti così gravi

Boh..ditemi voi

Il problema reale è la mancanza di vaccini e terapie, nonchè la mancanza di informazioni precise sul contagio, l'incubazione ed il decorso della malattia. Questo perché la casistica è troppo bassa, lì invece dove ci sono decine di migliaia di contagiati non ti fanno sapere nulla, raccontano ogni giorno una versione diversa. Che siano tutti fulminati sti cinesi. Qualcuno lo disse negli anni '30 di stare attenti al pericolo giallo. Non lo ha ascoltato nessuno.
 

Milanforever26

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Ti pare che un medico infettivologo in prima linea (e non seduto ai salotti televisivi radical shit) possa mettersi a fare terrorismo mediatico?

Ma appunto, io non capisco sta roba..
Premesso che il tizio qui semmai sarebbe vittima del medesimo sistema di "pandemia controllata", il concetto è questo..da un lato inviti alla calma e messaggi che sminuiscono tutto (compresi i dati sulla mortalità che paiono confermati) dall'altro questa emergenza mai vista..comuni in quarantena..ma che è??

Non voglio fare il complottista..ma qua per me non ce la raccontano giusta..
 
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Io continuo a non capire una cosa, ovvero come si collegano tutte ste misure e una sorta di emergenza globale con il concetto di "virus grave quanto una normale influenza"
Le cose sono 2:
- O c'è qualcosa dietro di terribile legato a sto virus che scopriremo solo più avanti e adesso non si può dire(roba tipo che chi è stato contagiato non guarisce più, rimane infetto a vita etc..)
- Oppure c'è una sorta di sciacallaggio mediatico, magari un esperimento sociale per vedere come si reagirebbe a una pandemia globale..e si è usato un virus che però non ha effetti così gravi

Boh..ditemi voi

Sono le comuni prassi da seguire per chi opera nei reparti infettivi degli ospedali.
Questi operatori sanitari partecipano a costanti corsi di aggiornamento, ed hanno a che fare con forme virali e batteriologiche che sono anche a carica virale più pesante rispetto a questo coronavirus.

L'ebola, per esempio, è un qualcosa di molto più aggressivo e pericoloso per l'uomo,
e nei reparti infettivi degli ospedali, possono esserci pazienti con questo virus da cui proteggersi.
 
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Ma appunto, io non capisco sta roba..
Premesso che il tizio qui semmai sarebbe vittima del medesimo sistema di "pandemia controllata", il concetto è questo..da un lato inviti alla calma e messaggi che sminuiscono tutto (compresi i dati sulla mortalità che paiono confermati) dall'altro questa emergenza mai vista..comuni in quarantena..ma che è??

Non voglio fare il complottista..ma qua per me non ce la raccontano giusta..

Il reale problema è la massa,
se i numeri di infetti dovesse crescere in maniera non controllata,
i casi che necessiteranno di posti letto in TI supereranno le postazioni disponibili.

questa è la paura piu grande.
 
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Ma appunto, io non capisco sta roba..
Premesso che il tizio qui semmai sarebbe vittima del medesimo sistema di "pandemia controllata", il concetto è questo..da un lato inviti alla calma e messaggi che sminuiscono tutto (compresi i dati sulla mortalità che paiono confermati) dall'altro questa emergenza mai vista..comuni in quarantena..ma che è??

Non voglio fare il complottista..ma qua per me non ce la raccontano giusta..

Ammesso e non concesso che possano sopravvivere tutti a questo virus, ti faccio un esempio per assurdo, ti rendi conto cosa vorrebbe dire avere il 50% della popolazione ammalata??
La guarigione è oltretutto non esattamente veloce e agevole, guarda i due cinesi ricoverati a roma.
Il rischio vero che corriamo è questo ed è questo che stiamo cercando di evitare.
Non dobbiamo solo ragionare in ottica infetto-guarigione-morte ma soprattutto in ottica pandemia.
Se l'infezione si diffonde velocemente, se si infettano i sanitari, se i posti letto per quelli messi peggio iniziano a scarseggiare la situazione diviene drammatica.
Non avremmo nemmeno strutture per accogliere i pazienti e sarebbe un problema anche solo isolarli, che poi è quanto è successo in cina.
Questo dobbiamo evitare e a questo si sta lavorando.
Se poi ci stanno mentendo su qualcosa non lo so, ma basta quello che ti ho citato io per preoccuparsi.
 

Ringhio8

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Io continuo a non capire una cosa, ovvero come si collegano tutte ste misure e una sorta di emergenza globale con il concetto di "virus grave quanto una normale influenza"
Le cose sono 2:
- O c'è qualcosa dietro di terribile legato a sto virus che scopriremo solo più avanti e adesso non si può dire(roba tipo che chi è stato contagiato non guarisce più, rimane infetto a vita etc..)
- Oppure c'è una sorta di sciacallaggio mediatico, magari un esperimento sociale per vedere come si reagirebbe a una pandemia globale..e si è usato un virus che però non ha effetti così gravi

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