Serie bella, bellissima. Attori molto preparati e comunicativi. Spero non abbia anestetizzato i più, creando un immaginario collettivo sbagliato. Si, la fine che fanno é morire, ma i vertici delle mafie non si sparano addosso per decidere chi spaccia tra un rione e l’altro. Riciclaggio, appalti pubblici, voto di scambio, mercati internazionali delle armi e della droga: chi muove miliardi di euro é spesso in una posizione di potere, protetto da pletore di avvocati, inattaccabili per i paradisi fiscali su cui si appoggiano, oppure perché strisciano tra le pieghe della
Burocrazia e L’opportunismo di chi si vuole arricchire velocemente. Persone rispettabili, imprenditori, pubblici funzionari magari, che si muovono tra conti cifrati e pranzi di lavoro saldati con la Chase Palladium.
vanno perseguiti questi evasori. Sequestrati conti correnti, confiscati beni e chiusi traffici illeciti.
L’assenza pratica di risultati dello Stato descritta dalla serie non deve essere segno di impotenza.
se questo non é possibile che lo stato si consegni alle mafie, almeno gli ‘affari’ interni e l’export verrebbero gestiti con più profitti, previdenza e assistenza sarebbero garantite a più persone. Naturalmente la mia é una provocazione.
Quanti incoraggerebbero in Italia la carriera da magistrato al proprio figlio? Quanti vorrebbero si dedicassero alla lotta alle mafie? Che idea ha lasciato questa serie sui rapporti di forza in gioco? Dobbiamo sperare che siano i regolamenti interni tra di loro a fermarli?
il crimine porta alla morte, ok. Ma questo dilaniante edonismo, il relativismo, non porta a vivere una vita al massimo finché c’è? Allora meglio 20 anni da re nell’ illegalità oppure 60 a spaccarsi la schiena per combatterla come integerrimi difensori dello stato? Perché scrivere di camorra dal proprio attico di NY - seppur apprezzabile per la denuncia fatta e per le limitazioni conseguenti - non é la stessa cosa che lavorare in Italia nell’ antimafia.
Uno stato che non pensa al benessere dei suoi cittadini é complice di Camorra, Ndrangheta e Mafia. E le maiuscole non sono casuali.
Interessante, grazie.
Hai scritto delle dinamiche di quel mondo di cui non sono a conoscenza, pur avendo letto sia Gomorra che Zerozerozero.
Trovo pertinenti le osservazioni fatte (cioè che la serie sembra fare intendere che l'esito di un camorrista sia (in pratica) solamente l'eliminazione reciproca con un altro camorrista; quando invece la realtà della malavita è ben più complessa.
Ora, a parte spiegare questa mancanza con il classico "non è la realtà, nessuna fiction potrà mai spiegare veramente la complessità degli eventi reali" (che ci sta sempre), secondo me l'intento palese degli autori mira ad un'altra cosa: mostrare la follia che sta totalmente alla base di questo enorme e infinitamente complesso mondo mafioso.
Tutti i personaggi di Gomorra (non dico i camorristi veri eh) hanno una qualche forma di relazione. Se non tutti, praticamente tutti: amore, genitori, figli o amicizia. Perfino o' Munaciello. Oltre al figlio di Gennaro, che diviene l'oggetto principe attorno a cui si muovono gli altri personaggi, abbiamo ad esempio la coppia Maestrale-consorte, o Patrizia-compagno. O Sangue blu, felice e sorridente nelle prime puntate; permanentemente distrutto e e alieno dopo tutte le perdite subite.
Tutto per cosa? Perché sostanzialmente gli ficcano in testa quest'idea del potere e del comandare, e ovviamente del fare soldi.
Gennaro alla fine mostra chiaramente come questa vita neanche la voleva; solamente alla fine della serie supera l'orgoglio e se ne frega.
Lo stesso Ciro, che appare sempre molto saggio, a mio parere è ingenuo e fesso come gli altri: aveva moglie e figlia che erano tutto per lui, ma insegue un qualcosa che neanche lui sa cos'è. Tant'è che pure lui rinuncia più volte alla "scalata al potere" per andare a piangere da qualche parte in Europa, con lavori e lavoretti vari. Se la vediamo come "qualità della vita", quella di Ciro è stata pessima: tormenti, incubi, pianti, incaxxature, sofferenze, perdite, depressione per tutta la serie. Passando da una topaia all'altra, fumando sigarette con l'insonnia. Da solo. E lui è il più ganzo della banda, benissimo direi.
A proposito di questo, faccio notare come durante tutta la serie i personaggi maneggiano borse piene di soldi, ma passano la metà del tempo nella miseria. Sia Ciro che Genny azzerano più volte le proprie "ricchezze" (estremamente volatili) per un motivo o un altro. Oppure vivono come ricchi re...chiusi dentro un bunker (e questo è pure reale, vedi filmato del bunker 5x5 del Chapo).
E anche quando hanno la possibilità di permettersi il lusso, di cosa si tratta? Di avere la casa con le maniglie d'oro, o una costosa statua in salotto (anche questo comune nella realtà se non sbaglio).
Per me tutto ciò è...molto molto stupido. Passano tutto il tempo a dire all'amato/a: "presto tutto questo sarà finito, e staremo tutti assieme belli e in santa pace". La malavita è una chiara scocciatura di cui liberarsi il prima possibile. Però la inseguono.
Mi sembra un mega bias esistenziale.
Davvero saranno i cerchi in lega cari anziché quelli normali a fare la differenza nella vita?
E tutto inizia più o meno con la solita solfa: il ragazzino cresce nel quartiere sbagliato, e già a 13 anni gli ficcano in testa che la vita è dura e qui stiamo tutti incaxxati, che deve fare l'uomo strong. E come si fa? Si fa facendo così e così, e le regole del gioco sono queste e queste.
Ci ho visto questo in Gomorra. Magari non era l'intento degli autori, ma la serie a me ha fatto questo effetto. Di conseguenza non posso che aver apprezzato il finale, per me volutamente scialbo, seppur emozionante. Nessuna spettacolarizzazione della morte di Gennaro e Ciro, a cui vengono dedicati pochissimi secondi. Stupendo aver esaltato quel figo dell'"Immortale" fino all'apice dell'ottava puntata, per poi azzerarlo in 15 secondi alla fine. Tutta una fesseria dentro la testa sua e di quelli che ci sono andati dietro.
In sostanza ci ho messo tre pagine per arrivare a un commento precedente: la banalità del male