Abbiamo tutti sottovalutato i tempi naturali per creare una Squadra con la "S" maiuscola, un gruppo unito e che giochi come un unico organismo. E in ogni caso secondo me, Montella non è in grado di creare quest'armonia. Confermarlo e non aggredire subito un top Mister è stato il vero errore della dirigenza.
Considerazioni condivisibili. Il rinnovo della fiducia a Montella nasce principalmente dalla mancanza di alternative disponibili sul mercato, e dal convincimento della dirigenza sulla capacità di questo allenatore di comprendere e risolvere i naturali problemi di organizzazione tattica di una squadra e di coesione di un gruppo di giocatori, che sono fisiologici in una rivoluzione tecnica come quella di questa estate. Chiunque avrebbe avuto questi problemi, anche a fronte delle aspettative maturate, la differenza tra l'uno e l'altro sarebbe stata data dalla profondità del lavoro psicologico, oltre che tecnico e tattico, compiuto sui giocatori, e dal tempo di questo lavoro prima di poterne apprezzare i risultati. Non abbiamo l'impressione, tuttora, che questo gruppo di giocatori sia inadeguato; verifichiamo che, pur tra mille oscillazioni, si sta tentando di dare un ordine al caos iniziale; fa invece pensare che, tra Roma ed Inter, siano stati totalizzati zero punti in partite in cui la squadra non ha demeritato, ma in cui ha perso per evidenti errori tecnici dei giocatori, che sono la spia più grande di una insicurezza di fondo, della persuasione, inconscia, che quanto si faccia in campo potrà non servire a vincere, ovvero sarà insufficiente o inutile perché l'avversario saprà sempre come opporvisi. Questo è un aspetto molto serio, perché condizionante di qualunque prestazione, indipendentemente dal valore tecnico dell'avversario. Questa fragilità psicologica non porrà al riparo la squadra nemmeno nelle partite contro il Verona o il Benevento. Qui gli effetti del lavoro di Montella non si stanno notando, ed è da chiedersi il perché, ad oltre tre mesi di stagione. E la transizione perenne del club non sta aiutando, perché questa continua aspettativa di trasformazione e mutamento sta incidendo sulla situazione tecnica, mai così labile ed effimera, perché incerta sulla propria sorte nel domani prossimo venturo. Questo non è l'ultimo Milan di Berlusconi e Galliani, ma piuttosto la peggiore Inter di Moratti, tenera, impotente, in fondo onestamente perdente. Una pacca sulle spalle di comprensione dell'esistente, in quanto suppostamente inevitabile, e via. Vogliamo questo, ci piace, possiamo permettercelo? Quelli di Torino, in questi anni, ci hanno almeno insegnato a dare una risposta a queste domande.