Centrocampista elegante, pulito nel tocco, ampia visione di gioco con predilezione per il lancio lungo, filtrante, a cercare il compagno sulla corsa, secondo quello stile di gioco che aveva allora come ispiratori Michel Platini e Graeme Souness. Giocatore totale, britannico, di lotta e di governo, interdizione e costruzione insieme. Ha brillato nel centrocampo manovriero e di pensiero di quel Milan del Liddas, con Di Bartolomei e Vinicio Verza, che ebbe il solo demerito di una epoca storica segnata dalle grandi personalità di Platini e Maradona, delle loro squadre, appena contrastate dall'eccezionale collettivo dell'Hellas di Bagnoli, e molto meno dall'Inter di Rummenigge, Altobelli e Brady. Meno personaggio di Hateley, si è sempre distinto per fair play, personalità al servizio della squadra, dedizione alla maglia. E con esse, la stima incondizionata dei tifosi. Si porta con sé un pezzo di quel Milan, orgoglioso dopo il dolore degli anni bui, e che covava il talento giovane dei Baresi, Tassotti, Galli, Maldini, Evani, che sarebbe esploso di lì a pochi anni. Di esso, Ray era il silenzioso leader. Buon viaggio, Rasoio.