Sconcerti:"Milano e la Juve sempre legate...".

admin

Administrator
Membro dello Staff
Registrato
6 Agosto 2012
Messaggi
204,885
Reaction score
28,045
Mario Sconcerti sui rapporti di forza tra le milanesi e la Juve:"Se teniamo per un momento la testa fuori dalle partite quotidiane, ci accorgiamo che il ritorno ormai consolidato di Milano, inteso come somma di Inter e Milan, chiude il lungo periodo cominciato con Calciopoli e proseguito con la vittoria di Con- te sei mesi fa sulla sua stessa Juve. Lippi vinse nello stesso anno il Mondiale, era il 2006 e lì finiva un altro capitolo di calcio; dopo allora, o non abbiamo partecipato al Mondiale o siamo stati esclusi al primo turno. L’altra grande epoca comincia un mese dopo: la Juve è retrocessa in B e penalizzata, costretta a vendere agli avversari i suoi migliori gioca- tori, tra cui un giovane Ibrahimovic. Arrivarono così i due scudetti di Mancini all’Inter e i due di Mourinho con tanto di Champions. Ma la ricostruzione di Inter e Milan ebbe come risposta l’esaurimento della buona volontà di Moratti e Berlusconi. Fu un momento di svolta non solo per Milano, ma per tutto un modo di pensare calcio. Finiva l’epoca dei mecenati, del calcio in cui per provare a vincere bisognava rimetterci un sacco di soldi. Divenne chiara una conclusione: nessun imprenditore italiano poteva più permettersi una grande società.

Questo aprì la crisi di Inter e Milan, quindi di Milano, e questo riportò la Juve a vincere. La Juve fu la prima con un progetto industriale nuovo e con alle spalle un capitale serio. Mentre Milano conosceva Thohir, il primo cinese del Milan, gli Zhang, Eliott più una lunga serie di incertezze finanziarie, la Juve approfittò del vuoto e vinse nove scudetti, quanti mai nessuno aveva vinto consecutivamente. Un risultato così eccezionale fu reso possibile proprio dalla crisi di Milano cominciata con la ricostruzione della stessa Juve dopo Calciopoli.

La Juve e Milano sono infatti due vasi comunicanti, non esistono senza l’altro. Milano ha vinto 37 scudetti, la Juve 36. La Juve soffre le Coppe perché lì Milano ha altri numeri. Sono i numeri di Milano a rendere insopportabili quelli della Juve, quindi a spingerla ad andare oltre a qualunque costo. E nel calcio industriale, sono i numeri positivi a creare business. La fase disperata della Juve comincia quando vince e stacca Milano. Cioè resta sola. Il calcio italiano diventa piccolo per
inmj.jpeg
ché piccolo è diventato l’avversario. Tutti noi siamo valutati dalla bravura del nostro nemico, ma preferiamo non saperlo.

Come la Juve anche l’Inter ha preteso troppo e si trova adesso in una situazione economica più complessa della Juve, il cui proprietario, che non è Andrea Agnelli, ha almeno grande liquidità. Ma ha fatto in tempo a chiudere il ciclo della Juve e lo ha fatto con lo stesso tecnico che quel ciclo aveva cominciato. È questo che porta la Juve e Milano alla Superlega, il bisogno di andare oltre se stessi, oltre il concetto di sport. Da soli non si bastano più, sognano un paradiso di ricchi.

Se guardiamo le cose cambiate in questi quindici anni per Milano e la Juve, se pensiamo alle storie e agli uomini che ci sono passati davanti a decine senza che capissimo chi erano e cosa stava davvero accadendo, vediamo che l’errore di un arbitro, i pochi gol di Morata, il contratto di Kessie, perfino l’addio di Lukaku, sono solo piccoli segni dentro un grande affresco dove tutto perde importanza. Conta solo l’affresco e il modo in cui racconta che ogni colore è inutile senza l’altro".
 

MasterGorgo

Junior Member
Registrato
11 Agosto 2014
Messaggi
554
Reaction score
41
Mario Sconcerti sui rapporti di forza tra le milanesi e la Juve:"Se teniamo per un momento la testa fuori dalle partite quotidiane, ci accorgiamo che il ritorno ormai consolidato di Milano, inteso come somma di Inter e Milan, chiude il lungo periodo cominciato con Calciopoli e proseguito con la vittoria di Con- te sei mesi fa sulla sua stessa Juve. Lippi vinse nello stesso anno il Mondiale, era il 2006 e lì finiva un altro capitolo di calcio; dopo allora, o non abbiamo partecipato al Mondiale o siamo stati esclusi al primo turno. L’altra grande epoca comincia un mese dopo: la Juve è retrocessa in B e penalizzata, costretta a vendere agli avversari i suoi migliori gioca- tori, tra cui un giovane Ibrahimovic. Arrivarono così i due scudetti di Mancini all’Inter e i due di Mourinho con tanto di Champions. Ma la ricostruzione di Inter e Milan ebbe come risposta l’esaurimento della buona volontà di Moratti e Berlusconi. Fu un momento di svolta non solo per Milano, ma per tutto un modo di pensare calcio. Finiva l’epoca dei mecenati, del calcio in cui per provare a vincere bisognava rimetterci un sacco di soldi. Divenne chiara una conclusione: nessun imprenditore italiano poteva più permettersi una grande società.

Questo aprì la crisi di Inter e Milan, quindi di Milano, e questo riportò la Juve a vincere. La Juve fu la prima con un progetto industriale nuovo e con alle spalle un capitale serio. Mentre Milano conosceva Thohir, il primo cinese del Milan, gli Zhang, Eliott più una lunga serie di incertezze finanziarie, la Juve approfittò del vuoto e vinse nove scudetti, quanti mai nessuno aveva vinto consecutivamente. Un risultato così eccezionale fu reso possibile proprio dalla crisi di Milano cominciata con la ricostruzione della stessa Juve dopo Calciopoli.

La Juve e Milano sono infatti due vasi comunicanti, non esistono senza l’altro. Milano ha vinto 37 scudetti, la Juve 36. La Juve soffre le Coppe perché lì Milano ha altri numeri. Sono i numeri di Milano a rendere insopportabili quelli della Juve, quindi a spingerla ad andare oltre a qualunque costo. E nel calcio industriale, sono i numeri positivi a creare business. La fase disperata della Juve comincia quando vince e stacca Milano. Cioè resta sola. Il calcio italiano diventa piccolo per Vedi l'allegato 1489 ché piccolo è diventato l’avversario. Tutti noi siamo valutati dalla bravura del nostro nemico, ma preferiamo non saperlo.

Come la Juve anche l’Inter ha preteso troppo e si trova adesso in una situazione economica più complessa della Juve, il cui proprietario, che non è Andrea Agnelli, ha almeno grande liquidità. Ma ha fatto in tempo a chiudere il ciclo della Juve e lo ha fatto con lo stesso tecnico che quel ciclo aveva cominciato. È questo che porta la Juve e Milano alla Superlega, il bisogno di andare oltre se stessi, oltre il concetto di sport. Da soli non si bastano più, sognano un paradiso di ricchi.

Se guardiamo le cose cambiate in questi quindici anni per Milano e la Juve, se pensiamo alle storie e agli uomini che ci sono passati davanti a decine senza che capissimo chi erano e cosa stava davvero accadendo, vediamo che l’errore di un arbitro, i pochi gol di Morata, il contratto di Kessie, perfino l’addio di Lukaku, sono solo piccoli segni dentro un grande affresco dove tutto perde importanza. Conta solo l’affresco e il modo in cui racconta che ogni colore è inutile senza l’altro".
Ni. Loro sono il demonio non i cugini perdenti : é sempre bene ricordarlo. Nel 2006 fecero un reset risparmandosi il declino della squadra vecchia e costosa. Eliminarono Moggi&c che aveva osato sfidare gli Elkann ed ebbero la possibilità di ricosruire in perfertta solitudine dopo aver dato qualche anno di 'liquidazione' a quello zimbello di Moratti. Silvio era già fuori per altri motivi. Ora non stanno riuscendo a rifare questo passaggio e qualche cosa si inventeranno... ma non é da escludere la possibilità clamorosa di un disimpegno almeno ad alti livelli.
 

admin

Administrator
Membro dello Staff
Registrato
6 Agosto 2012
Messaggi
204,885
Reaction score
28,045
Mario Sconcerti sui rapporti di forza tra le milanesi e la Juve:"Se teniamo per un momento la testa fuori dalle partite quotidiane, ci accorgiamo che il ritorno ormai consolidato di Milano, inteso come somma di Inter e Milan, chiude il lungo periodo cominciato con Calciopoli e proseguito con la vittoria di Con- te sei mesi fa sulla sua stessa Juve. Lippi vinse nello stesso anno il Mondiale, era il 2006 e lì finiva un altro capitolo di calcio; dopo allora, o non abbiamo partecipato al Mondiale o siamo stati esclusi al primo turno. L’altra grande epoca comincia un mese dopo: la Juve è retrocessa in B e penalizzata, costretta a vendere agli avversari i suoi migliori gioca- tori, tra cui un giovane Ibrahimovic. Arrivarono così i due scudetti di Mancini all’Inter e i due di Mourinho con tanto di Champions. Ma la ricostruzione di Inter e Milan ebbe come risposta l’esaurimento della buona volontà di Moratti e Berlusconi. Fu un momento di svolta non solo per Milano, ma per tutto un modo di pensare calcio. Finiva l’epoca dei mecenati, del calcio in cui per provare a vincere bisognava rimetterci un sacco di soldi. Divenne chiara una conclusione: nessun imprenditore italiano poteva più permettersi una grande società.

Questo aprì la crisi di Inter e Milan, quindi di Milano, e questo riportò la Juve a vincere. La Juve fu la prima con un progetto industriale nuovo e con alle spalle un capitale serio. Mentre Milano conosceva Thohir, il primo cinese del Milan, gli Zhang, Eliott più una lunga serie di incertezze finanziarie, la Juve approfittò del vuoto e vinse nove scudetti, quanti mai nessuno aveva vinto consecutivamente. Un risultato così eccezionale fu reso possibile proprio dalla crisi di Milano cominciata con la ricostruzione della stessa Juve dopo Calciopoli.

La Juve e Milano sono infatti due vasi comunicanti, non esistono senza l’altro. Milano ha vinto 37 scudetti, la Juve 36. La Juve soffre le Coppe perché lì Milano ha altri numeri. Sono i numeri di Milano a rendere insopportabili quelli della Juve, quindi a spingerla ad andare oltre a qualunque costo. E nel calcio industriale, sono i numeri positivi a creare business. La fase disperata della Juve comincia quando vince e stacca Milano. Cioè resta sola. Il calcio italiano diventa piccolo per Vedi l'allegato 1489 ché piccolo è diventato l’avversario. Tutti noi siamo valutati dalla bravura del nostro nemico, ma preferiamo non saperlo.

Come la Juve anche l’Inter ha preteso troppo e si trova adesso in una situazione economica più complessa della Juve, il cui proprietario, che non è Andrea Agnelli, ha almeno grande liquidità. Ma ha fatto in tempo a chiudere il ciclo della Juve e lo ha fatto con lo stesso tecnico che quel ciclo aveva cominciato. È questo che porta la Juve e Milano alla Superlega, il bisogno di andare oltre se stessi, oltre il concetto di sport. Da soli non si bastano più, sognano un paradiso di ricchi.

Se guardiamo le cose cambiate in questi quindici anni per Milano e la Juve, se pensiamo alle storie e agli uomini che ci sono passati davanti a decine senza che capissimo chi erano e cosa stava davvero accadendo, vediamo che l’errore di un arbitro, i pochi gol di Morata, il contratto di Kessie, perfino l’addio di Lukaku, sono solo piccoli segni dentro un grande affresco dove tutto perde importanza. Conta solo l’affresco e il modo in cui racconta che ogni colore è inutile senza l’altro".
.
 

Similar threads

Alto
head>