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Sacchi e Gullit al Festival dello Sport:
Sulla passione per l'antico Egitto, Gullit: "È sempre stata una mia passione. Mi hanno regalato da piccolo un libro. Sono sempre stato appassionato. Ho fatto documentari, ho visitato posti in cui di norma nessuno può visitare. Ho viaggiato lungo il Nilo, ho potuto fare cose che mi affascinavano. Ho passato tre mesi incredibili. Vedere un popolo così avanzato, era quasi come il Milan... Ho visto cose incredibili. Voglio raccontare cose che mi hanno colpito. Tante statue sono rovinate, senza naso, anche la Sfinge, e mi hanno dato una spiegazione: sono andato al museo del Cairo e ho visto i sarcofagi, sono da vedere. E tante immagini sul sarcofago erano di neri. Poi ho scoperto che tanti faraoni erano neri. Venivano dal Sudan e non erano i veri nomi. Cufu era il nome del faraone che ha costruito la Piramide di Cheope, era africano. Poi molti faraoni sono diventati europei per Cleopatra, ma prima erano africani. L'Egitto è in Africa... Hanno tolto i nasi perché così altrimenti vedevano che erano neri e africani. Per me è stato importanti. Io vivo in un Paese in cui la storia è tutto di bianchi. Però scoprire che anche persone importanti come i faraoni erano nere mi ha reso felice. Poi a novembre su Amazon Prime esce il documentario. Mi hanno già dato disponibilità per il Sudamerica, per vedere i Maya, gli Incas... Nessuno lo sa, ma mi piace la storia".
"M aspettavo Maldini grande dirigente? No. Perché era giovane, aveva altre passioni in quei momenti. Neanche io pensavo di diventare allenatore, me l'hanno chiesto e ho colto l'occasione. Paolo non pensavo... Ciò che mi piace, visto che ha avuto questo problema con la società di abbandono, è che almeno uno della nostra squadra è rimasto. Lui doveva stare al Milan, è la storia. Penso anche che se un giocatore viene chiamato da Maldini c'è più possibilità che firmi, lui è Paolo... Per me è difficile, perché quelli che erano con me sono andati tutti via. Mi chiedono i biglietti e non so chi chiamare. Paolo è una cosa del nostro Milan che è rimasta. In quegli anni, quando abbiamo giocato, non mi sono accorto che fossimo così bravi. C'era sempre un nuovo obiettivo. Dopo il campionato la Coppa Campioni... Non mi sono accorto come ci vedevano. Ricordo che dopo la carriera abbiamo giocato una partita per l'addio di Albertini, contro il Barcellona, che aveva vinto la Coppa dei Campioni e Seedorf era in panchina perché avrebbe giocato la seconda parte. Prima il vecchio Milan contro il 60% del Barcellona di quel momento e il 40% dei vecchi. Ciò che mi ha sorpreso è che gli automatismi c'erano subito appena scesi in campo. Dopo tutti questi anni... Il primo tempo vincevamo 2-0. Poi sono passato da Seedorf e hanno detto fosse incredibile per come giocavamo bene ed erano spaventati da come abbiamo giocato, sottolineando quanto potessimo essere forti a 28 anni. Così ho capito quanto eravamo bravi. Giocando dopo la nostra carriera allo stesso modo di quando eravamo giovani. Per me avere automatismi era come essere a casa. Tutto andava facilmente. Anche quelli del Barcellona avevano difficoltà. Attaccavamo il Barcellona ed eravamo già vecchi, per me era incredibile".
Sacchi:"Cambiare non equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare. Qui non si vuole cambiare. Costacurta mi ha detto che ci hanno copiato ovunque, tranne qui. Noi facevamo una cosa non italiana. Dopo i romani siamo sempre scappati, il calcio si è adeguato. Il Milan invece attaccava, cresceva l'autostima del giocatore. Aggredivamo. Ora lo fanno in tutto il mondo. Ora in Italia stanno cominciando, ma squadre piccole. Il nostro calcio è prima non prenderle e poi si vedrà. Come può una persona tirar fuori il proprio sapere se la palla la hanno sempre gli altri. Sono cose semplicissime. Noi come allenatori non abbiamo aiutato le persone a capire, ma anche stampa e televisioni dicono bene anche quando non è bene pur di avere due persone in più. Non è giusto. Il pubblico ha diritto di emozionarsi, per emozionarti devi avere il pallone. In più non lo dice mai nessuno, ma le italiane giocano sempre con due in meno. È un paese antico che ama l'antichità. Non è bello, ma è così. Il calcio è lo specchio della cultura italiana. Noi siamo andati fuori. Tutti mi chiedono come sia uscita dall'Italia quella squadra. Abbiamo lavorato molto e avevamo una grande società. È importante. Anche l'aspetto sociologico è importante, ciò che fai a Torino o Milano non lo fai in altri posti, o difficilmente. Abbiamo sfruttato un Presidente che voleva vincere, convincere e divertire. Io non volevo spendere soldi o giocatori affermati. Sono venuti fuori grandi giocatori. Tassotti non giocava in Nazionale... Io mi portai due giocatori dal Parma, due terzini. Uno sapevo che non... Li ho portati per far capire cosa intendessi per professionalità. Che venivano prima all'allenamento, che non andassero via subito. Che facevano cose importanti in allenamento. Uno mi disse che si faceva fatica in settimana, ma ci si divertiva alla domenica. Perché la palla l'avevamo noi, i ritmi li facevamo noi. Eravamo consapevoli di essere forti, ci muovevamo diversamente. C'erano sincronismi. Quando uno aveva la palla volevo avesse sempre due possibilità. Se uno attaccava, l'altro veniva incontro. Abbiamo anche sfruttato il sapere del calcio italiano, ma l'abbiamo portato a livelli che nel mondo non c'erano. Due anni fa mi hanno invitato a Caldirola, travolta dal terremoto. Metà della popolazione viveva in un container. Mi hanno chiesto di andare a presentare La Coppa degli Immortali, io ci sono rimasto male... Dicendo che il calcio è la cosa più importante delle meno importanti. Poi il Sindaco ha insistito perché ha detto che li avrei aiutati a far squadra. Un signore aveva tenuto L'Equipe, che titolava "Usciti da un altro mondo". Sottolineava che pensavano che dopo il primo gol pensavano tornassimo indietro, ma nulla, idem dopo il secondo. Ci siamo fermati dopo il quarto. Si chiedevano da dove fossimo saltati fuori. Avevamo un Presidente che voleva fossimo Campioni del Mondo, io dissi che era frustrante e limitativo. Lui rispose che frustrante avrebbe capito, ma limitativo... Poi la UEFA ha sentenziato che siamo stati la squadra più grande della storia e ho chiamato Berlusconi per fargli capire cosa intendessi con limitativo. I giocatori che avevo erano già maturi. Può essere il calcio un esempio di vita, purtroppo abbiamo persone che non stanno onorando quello che era l'Italia dei romani".
Sacchi:"Ogni tanto si addormentava, una volta dovevamo andare ad Avellino e si era addormentato in sala VIP". Gullit: "Ero preoccupato... Per me l'Italia era un'avventura. All'inizio mi guardavano per come mi vestivo, dicevano che non sapevo vestirmi. Agli italiani piace tutto ciò che è bello. Vestiti, macchine, cucina, vacanze. Devo ringraziarli perché mi ha dato un'anima, stima, mi ha fatto crescere come uomo. Grazie Italia. Era facile imparare la lingua perché penso sia la più bella del mondo. Unica cosa negativa è che tutti si lamentano, tutto dramma. Però i ragazzi mi hanno anche insegnato a essere più serio. Non tutto è da ridere. Grazie di tutto questo".
Tassotti:"Quell'episodio era significativo della squadra. Poteva fare anche a meno di qualche giocatore, anche di me per 80 minuti. Ero disperato per ciò che mi avrebbe detto Sacchi, ma quella è stata un'impresa, non tanto per il risultato, ma per aver dominato la partita. Sono passati tanti anni e siamo ancora a parlare di quella squadra. Giocava bene, merito nostro, ma anche della società e di Sacchi perché è stato un maestro. Avrei voluto incontrarlo prima, perché avevo 27/28 anni. Mi ha portato anche in Nazionale, gli devo molto e lo ringrazio ancora. Sono qui ad ascoltare queste cose che conosco bene, so quanto ci ha dato Ruud, i tre olandesi, ma so anche cosa gli hanno dato i ragazzi italiani. Quel Milan era formato da tanti italiani, si potevano avere solo due o tre stranieri. Però lo zoccolo duro era italiano. Ruud portò entusiasmo. Per noi era strano, come diceva, vederlo sorridere, giocare, andava al cinema il sabato e nessuno lo trovata. Per lui era normale".
Gullit:"La finale con la Steaua? Una doppietta in finale è un sogno. Già arrivarci è un viaggio. Se vinci 5-0 col Real Madrid è un segno. Se guardi la squadra negli occhi prima della partita vedi che vuole vincere. Non potevamo perdere. Anche perché i rumeni non potevano andare allo stadio e il Camp Nou era tutto rossonero. Avevamo la sensazione di poter vincere. Abbiamo aggredito dal primo fischio all'ultimo. Penso che non ho mai giocato una partita perfetta come quella. Tutto andava come i piani". Sacchi: "Col Napoli forse il primo anno". Gullit: "Sì, perché lì c'era Maradona ed era incredibile. Un'altra partita è con il Como, quando Tassotti ha preso il rosso dopo 15'. La partita la vinci già nel tunnel. Se ti guardano senza che li guardi hanno paura, perché vogliono vedere quanto sei alto, grosso... Prima della partita con il Real Madrid però in stanza ero con Ancelotti, mi sveglio al mattino e c'era Ancelotti che mi accusava di aver dormito senza problemi. Io gli ho detto che eravamo meglio. Peccato che non abbiamo vinto, ma avevo fatto gol regolare. Tranne al Real Madrid, il Mister c'è stato e lo sa che gli fanno sempre favori. Io qualche volta posso dire di aver avuto fortuna con gli arbitri, poche volte, un paio. Tutte le altre volte abbiamo dovuto lavorare molto per avere risultati. Ci sono momenti di fortuna, ma il nostro spirito era particolare. Noi avevamo la sensazione che il mondo era contro di noi, eravamo sempre riservati. Anche con la stampa, non dire niente. Solo lavoro. Noi abbiamo vinto perché abbiamo lavorato, non per fortuna".
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Sulla passione per l'antico Egitto, Gullit: "È sempre stata una mia passione. Mi hanno regalato da piccolo un libro. Sono sempre stato appassionato. Ho fatto documentari, ho visitato posti in cui di norma nessuno può visitare. Ho viaggiato lungo il Nilo, ho potuto fare cose che mi affascinavano. Ho passato tre mesi incredibili. Vedere un popolo così avanzato, era quasi come il Milan... Ho visto cose incredibili. Voglio raccontare cose che mi hanno colpito. Tante statue sono rovinate, senza naso, anche la Sfinge, e mi hanno dato una spiegazione: sono andato al museo del Cairo e ho visto i sarcofagi, sono da vedere. E tante immagini sul sarcofago erano di neri. Poi ho scoperto che tanti faraoni erano neri. Venivano dal Sudan e non erano i veri nomi. Cufu era il nome del faraone che ha costruito la Piramide di Cheope, era africano. Poi molti faraoni sono diventati europei per Cleopatra, ma prima erano africani. L'Egitto è in Africa... Hanno tolto i nasi perché così altrimenti vedevano che erano neri e africani. Per me è stato importanti. Io vivo in un Paese in cui la storia è tutto di bianchi. Però scoprire che anche persone importanti come i faraoni erano nere mi ha reso felice. Poi a novembre su Amazon Prime esce il documentario. Mi hanno già dato disponibilità per il Sudamerica, per vedere i Maya, gli Incas... Nessuno lo sa, ma mi piace la storia".
"M aspettavo Maldini grande dirigente? No. Perché era giovane, aveva altre passioni in quei momenti. Neanche io pensavo di diventare allenatore, me l'hanno chiesto e ho colto l'occasione. Paolo non pensavo... Ciò che mi piace, visto che ha avuto questo problema con la società di abbandono, è che almeno uno della nostra squadra è rimasto. Lui doveva stare al Milan, è la storia. Penso anche che se un giocatore viene chiamato da Maldini c'è più possibilità che firmi, lui è Paolo... Per me è difficile, perché quelli che erano con me sono andati tutti via. Mi chiedono i biglietti e non so chi chiamare. Paolo è una cosa del nostro Milan che è rimasta. In quegli anni, quando abbiamo giocato, non mi sono accorto che fossimo così bravi. C'era sempre un nuovo obiettivo. Dopo il campionato la Coppa Campioni... Non mi sono accorto come ci vedevano. Ricordo che dopo la carriera abbiamo giocato una partita per l'addio di Albertini, contro il Barcellona, che aveva vinto la Coppa dei Campioni e Seedorf era in panchina perché avrebbe giocato la seconda parte. Prima il vecchio Milan contro il 60% del Barcellona di quel momento e il 40% dei vecchi. Ciò che mi ha sorpreso è che gli automatismi c'erano subito appena scesi in campo. Dopo tutti questi anni... Il primo tempo vincevamo 2-0. Poi sono passato da Seedorf e hanno detto fosse incredibile per come giocavamo bene ed erano spaventati da come abbiamo giocato, sottolineando quanto potessimo essere forti a 28 anni. Così ho capito quanto eravamo bravi. Giocando dopo la nostra carriera allo stesso modo di quando eravamo giovani. Per me avere automatismi era come essere a casa. Tutto andava facilmente. Anche quelli del Barcellona avevano difficoltà. Attaccavamo il Barcellona ed eravamo già vecchi, per me era incredibile".
Sacchi:"Cambiare non equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare. Qui non si vuole cambiare. Costacurta mi ha detto che ci hanno copiato ovunque, tranne qui. Noi facevamo una cosa non italiana. Dopo i romani siamo sempre scappati, il calcio si è adeguato. Il Milan invece attaccava, cresceva l'autostima del giocatore. Aggredivamo. Ora lo fanno in tutto il mondo. Ora in Italia stanno cominciando, ma squadre piccole. Il nostro calcio è prima non prenderle e poi si vedrà. Come può una persona tirar fuori il proprio sapere se la palla la hanno sempre gli altri. Sono cose semplicissime. Noi come allenatori non abbiamo aiutato le persone a capire, ma anche stampa e televisioni dicono bene anche quando non è bene pur di avere due persone in più. Non è giusto. Il pubblico ha diritto di emozionarsi, per emozionarti devi avere il pallone. In più non lo dice mai nessuno, ma le italiane giocano sempre con due in meno. È un paese antico che ama l'antichità. Non è bello, ma è così. Il calcio è lo specchio della cultura italiana. Noi siamo andati fuori. Tutti mi chiedono come sia uscita dall'Italia quella squadra. Abbiamo lavorato molto e avevamo una grande società. È importante. Anche l'aspetto sociologico è importante, ciò che fai a Torino o Milano non lo fai in altri posti, o difficilmente. Abbiamo sfruttato un Presidente che voleva vincere, convincere e divertire. Io non volevo spendere soldi o giocatori affermati. Sono venuti fuori grandi giocatori. Tassotti non giocava in Nazionale... Io mi portai due giocatori dal Parma, due terzini. Uno sapevo che non... Li ho portati per far capire cosa intendessi per professionalità. Che venivano prima all'allenamento, che non andassero via subito. Che facevano cose importanti in allenamento. Uno mi disse che si faceva fatica in settimana, ma ci si divertiva alla domenica. Perché la palla l'avevamo noi, i ritmi li facevamo noi. Eravamo consapevoli di essere forti, ci muovevamo diversamente. C'erano sincronismi. Quando uno aveva la palla volevo avesse sempre due possibilità. Se uno attaccava, l'altro veniva incontro. Abbiamo anche sfruttato il sapere del calcio italiano, ma l'abbiamo portato a livelli che nel mondo non c'erano. Due anni fa mi hanno invitato a Caldirola, travolta dal terremoto. Metà della popolazione viveva in un container. Mi hanno chiesto di andare a presentare La Coppa degli Immortali, io ci sono rimasto male... Dicendo che il calcio è la cosa più importante delle meno importanti. Poi il Sindaco ha insistito perché ha detto che li avrei aiutati a far squadra. Un signore aveva tenuto L'Equipe, che titolava "Usciti da un altro mondo". Sottolineava che pensavano che dopo il primo gol pensavano tornassimo indietro, ma nulla, idem dopo il secondo. Ci siamo fermati dopo il quarto. Si chiedevano da dove fossimo saltati fuori. Avevamo un Presidente che voleva fossimo Campioni del Mondo, io dissi che era frustrante e limitativo. Lui rispose che frustrante avrebbe capito, ma limitativo... Poi la UEFA ha sentenziato che siamo stati la squadra più grande della storia e ho chiamato Berlusconi per fargli capire cosa intendessi con limitativo. I giocatori che avevo erano già maturi. Può essere il calcio un esempio di vita, purtroppo abbiamo persone che non stanno onorando quello che era l'Italia dei romani".
Sacchi:"Ogni tanto si addormentava, una volta dovevamo andare ad Avellino e si era addormentato in sala VIP". Gullit: "Ero preoccupato... Per me l'Italia era un'avventura. All'inizio mi guardavano per come mi vestivo, dicevano che non sapevo vestirmi. Agli italiani piace tutto ciò che è bello. Vestiti, macchine, cucina, vacanze. Devo ringraziarli perché mi ha dato un'anima, stima, mi ha fatto crescere come uomo. Grazie Italia. Era facile imparare la lingua perché penso sia la più bella del mondo. Unica cosa negativa è che tutti si lamentano, tutto dramma. Però i ragazzi mi hanno anche insegnato a essere più serio. Non tutto è da ridere. Grazie di tutto questo".
Tassotti:"Quell'episodio era significativo della squadra. Poteva fare anche a meno di qualche giocatore, anche di me per 80 minuti. Ero disperato per ciò che mi avrebbe detto Sacchi, ma quella è stata un'impresa, non tanto per il risultato, ma per aver dominato la partita. Sono passati tanti anni e siamo ancora a parlare di quella squadra. Giocava bene, merito nostro, ma anche della società e di Sacchi perché è stato un maestro. Avrei voluto incontrarlo prima, perché avevo 27/28 anni. Mi ha portato anche in Nazionale, gli devo molto e lo ringrazio ancora. Sono qui ad ascoltare queste cose che conosco bene, so quanto ci ha dato Ruud, i tre olandesi, ma so anche cosa gli hanno dato i ragazzi italiani. Quel Milan era formato da tanti italiani, si potevano avere solo due o tre stranieri. Però lo zoccolo duro era italiano. Ruud portò entusiasmo. Per noi era strano, come diceva, vederlo sorridere, giocare, andava al cinema il sabato e nessuno lo trovata. Per lui era normale".
Gullit:"La finale con la Steaua? Una doppietta in finale è un sogno. Già arrivarci è un viaggio. Se vinci 5-0 col Real Madrid è un segno. Se guardi la squadra negli occhi prima della partita vedi che vuole vincere. Non potevamo perdere. Anche perché i rumeni non potevano andare allo stadio e il Camp Nou era tutto rossonero. Avevamo la sensazione di poter vincere. Abbiamo aggredito dal primo fischio all'ultimo. Penso che non ho mai giocato una partita perfetta come quella. Tutto andava come i piani". Sacchi: "Col Napoli forse il primo anno". Gullit: "Sì, perché lì c'era Maradona ed era incredibile. Un'altra partita è con il Como, quando Tassotti ha preso il rosso dopo 15'. La partita la vinci già nel tunnel. Se ti guardano senza che li guardi hanno paura, perché vogliono vedere quanto sei alto, grosso... Prima della partita con il Real Madrid però in stanza ero con Ancelotti, mi sveglio al mattino e c'era Ancelotti che mi accusava di aver dormito senza problemi. Io gli ho detto che eravamo meglio. Peccato che non abbiamo vinto, ma avevo fatto gol regolare. Tranne al Real Madrid, il Mister c'è stato e lo sa che gli fanno sempre favori. Io qualche volta posso dire di aver avuto fortuna con gli arbitri, poche volte, un paio. Tutte le altre volte abbiamo dovuto lavorare molto per avere risultati. Ci sono momenti di fortuna, ma il nostro spirito era particolare. Noi avevamo la sensazione che il mondo era contro di noi, eravamo sempre riservati. Anche con la stampa, non dire niente. Solo lavoro. Noi abbiamo vinto perché abbiamo lavorato, non per fortuna".
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