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Franco Ordine dal CorSport in edicola: Ibra, il potere dell'assenza. L'uomo di punta del club è sparito. Polemiche. Out per impegni extra Milan: ecco come si è scatenato il caos sul ruolo e sul “peso” di Zlatan, unico e vero riferimento tecnico. Ibra ha lasciato da quasi due settimane Milano, l’Italia e il Milan per un impegno (in Canada) “preso in precedenza” rispetto al contratto con RedBird secondo la vulgata ufficiale, è diventato quasi indispensabile per dare conto di quello che - durante la sosta per le Nazionali - è avvenuto a Milanello e dintorni.
In tanti si interrogano sul suo ruolo. Ibra è quello che si è presentato in conferenza stampa da solo per annunciare la scelta di Fonseca e la rinuncia a Conte; Ibra è quello che ha via via presentato tutti i nuovi acquisti (tranne Abraham che aveva al suo fianco Furlani); Ibra è quello che ha risposto per le rime al tecnico quando ha marcato il potere del club facendo sapere che «il mercato chiude quando lo dico io»; Ibra è sempre quello che dopo il disastro di Parma è corso a Milanello con Cardinale (rimasto a discutere con il tecnico) e ha voluto entrare, sempre da solo, nello spogliatoio per parlare con i calciatori. Sorvoliamo sulle altre scelte da lui firmate: Bonera tecnico di Milan futuro, nuovo ds americano della seconda squadra, con Abate in rotta che ha lasciato la Primavera e si è accasato a Terni (dicono per incomprensioni sull’utilizzo del fi glio di Zlatan). Poche storie, allora: Ibra ha pieni poteri sull’area tecnica. Per tutti questi motivi la sua assenza da Milanello, senza tra l’altro alcuna comunicazione social (tranne per un accordo commerciale americano) ha fatto molto rumore. Sarebbe stato utilissimo averlo in tribuna all’Olimpico per la nota vicenda del cooling break con Theo e Leao, ai quali ha successivamente parlato al telefono. E forse ancora più preziosa sarebbe stata la presenza “protettiva” nei confronti di Fonseca che è alle prime settimane di Milan circondato da un pessimismo coscmico. Il tecnico portoghese, per esempio, durante l’ultimo vertice a Lissone con il designatore degli arbitri Rocchi per illustrare l’utilizzo del Var, è stato visto in disparte mentre gli altri suoi colleghi facevano capannello.
Ancora: mercoledì a Milano Sky ha presentato il nuovo palinsesto della prossima Champions, erano rappresentate 4 delle 5 sorelle italiane tranne il Milan (via Ibra, Furlani a Londra, non si nemmeno il presidente Scaroni). È anche vero che tutto il polverone su Ibra è stato ingigantito dai deprimenti risultati: 2 punti in 3 partite rappresentano qualcosa più di un segnale allarmante, specie per i disguidi tattici. E aver incrociato i nazionali al ritorno dalla Nations, averne sondato umori e chiesto news sulla condizione fi sica poteva diventare argomento utile per il suo ruolo di supervisore. Rievocando le abitudini del miglior Milan capelliano, collezionista di scudetti e finali Champions, Mario Ielpo ha ricordato che «a quei tempi l’unico sempre presente a Milanello era Silvano Ramaccioni» ma si trattava di un altro Milan, molto strutturato, con Capello perfettamente integrato nello schema societario e con Galliani che marcava il territorio tutti i giorni. In questo scenario, alla vigilia di una settimana di fuoco (Venezia, Liverpool e derby) la presenza - caso oppure gesto consapevole - sia all’Olimpico che sabato col Venezia è quella di Gerry Cardinale, il proprietario sempre più cosciente di quello che funziona e non funziona nella vita del club.
In tanti si interrogano sul suo ruolo. Ibra è quello che si è presentato in conferenza stampa da solo per annunciare la scelta di Fonseca e la rinuncia a Conte; Ibra è quello che ha via via presentato tutti i nuovi acquisti (tranne Abraham che aveva al suo fianco Furlani); Ibra è quello che ha risposto per le rime al tecnico quando ha marcato il potere del club facendo sapere che «il mercato chiude quando lo dico io»; Ibra è sempre quello che dopo il disastro di Parma è corso a Milanello con Cardinale (rimasto a discutere con il tecnico) e ha voluto entrare, sempre da solo, nello spogliatoio per parlare con i calciatori. Sorvoliamo sulle altre scelte da lui firmate: Bonera tecnico di Milan futuro, nuovo ds americano della seconda squadra, con Abate in rotta che ha lasciato la Primavera e si è accasato a Terni (dicono per incomprensioni sull’utilizzo del fi glio di Zlatan). Poche storie, allora: Ibra ha pieni poteri sull’area tecnica. Per tutti questi motivi la sua assenza da Milanello, senza tra l’altro alcuna comunicazione social (tranne per un accordo commerciale americano) ha fatto molto rumore. Sarebbe stato utilissimo averlo in tribuna all’Olimpico per la nota vicenda del cooling break con Theo e Leao, ai quali ha successivamente parlato al telefono. E forse ancora più preziosa sarebbe stata la presenza “protettiva” nei confronti di Fonseca che è alle prime settimane di Milan circondato da un pessimismo coscmico. Il tecnico portoghese, per esempio, durante l’ultimo vertice a Lissone con il designatore degli arbitri Rocchi per illustrare l’utilizzo del Var, è stato visto in disparte mentre gli altri suoi colleghi facevano capannello.
Ancora: mercoledì a Milano Sky ha presentato il nuovo palinsesto della prossima Champions, erano rappresentate 4 delle 5 sorelle italiane tranne il Milan (via Ibra, Furlani a Londra, non si nemmeno il presidente Scaroni). È anche vero che tutto il polverone su Ibra è stato ingigantito dai deprimenti risultati: 2 punti in 3 partite rappresentano qualcosa più di un segnale allarmante, specie per i disguidi tattici. E aver incrociato i nazionali al ritorno dalla Nations, averne sondato umori e chiesto news sulla condizione fi sica poteva diventare argomento utile per il suo ruolo di supervisore. Rievocando le abitudini del miglior Milan capelliano, collezionista di scudetti e finali Champions, Mario Ielpo ha ricordato che «a quei tempi l’unico sempre presente a Milanello era Silvano Ramaccioni» ma si trattava di un altro Milan, molto strutturato, con Capello perfettamente integrato nello schema societario e con Galliani che marcava il territorio tutti i giorni. In questo scenario, alla vigilia di una settimana di fuoco (Venezia, Liverpool e derby) la presenza - caso oppure gesto consapevole - sia all’Olimpico che sabato col Venezia è quella di Gerry Cardinale, il proprietario sempre più cosciente di quello che funziona e non funziona nella vita del club.