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Nicolato, dopo sette anni via da Coverciano, al Corriere della Sera:
"Non è stata un’estate facile: c’era anche l’obiettivo della qualificazione ai Giochi e per uno come me era un grande sogno da inseguire.
La delusione è stata forte, anche perché arrivavamo da imbattuti
Sì, non è una casualità.
Potevamo fare sicuramente meglio, ma nel momento della difficoltà ci è mancato quel vissuto comune che rende una squadra più forte.
Il mio rammarico è quello di non essere riuscito a far capire l’importanza di preparare il torneo partendo più da lontano.
Il tempo c’era ed è una responsabilità che mi sento.
Probabilmente non ha aiutato il fatto che sia trapelata la notizia del mio addio a termine manifestazione.
Ma non ha influenzato i ragazzi e lo staff: hanno dato tutto.
Sì, l’ultimo anno andava gestito meglio.
Siamo stati coinvolti però dalla gestione della Nazionale A e di un ricambio generazionale che non ha favorito la Under 21.
Divergenze con Mancini?
Può darsi.
C’era bisogno di un allenatore che condividesse in pieno il tipo di gestione che si andava a prospettare.
Non ci sono stati contrasti, ma c’erano idee non simili.
Non ero sulla stessa linea, essere coerente per me è importante.
Per me si arriva in Nazionale maggiore con un po’ troppa facilità.
Non è un messaggio che condivido in pieno: può essere pericoloso".
Per me la Nazionale non è un club e la U20 e U21 non possono essere trattate come una Primavera di A: le dinamiche sono diverse, le competizioni pesano e c’è poco tempo per lavorare.
Condivido poco il fatto di giocare allo stesso modo della prima squadra: ogni annata è diversa e bisogna tirare fuori il meglio dai calciatori.
Legarsi agli schemi mi pare fuori logica".
Le nostre Under vincono fino alla 20 e poi si fermano?
Penso che il livello generale sia sempre più alto.
Gli altri giocano senz’altro più dei nostri e a ritmi spesso superiori.
In Italia non è facile sfondare, siamo molto critici e non accettiamo l’errore: nessuno è mai abbastanza bravo e si boccia con leggerezza. Kean e Scamacca?
Potrebbero essere più bravi di quello che consideriamo, bisogna anche dare tempo.
I grandissimi talenti sono pochi, ma giocatori bravi ne abbiamo: loro lo sono".
"Non è stata un’estate facile: c’era anche l’obiettivo della qualificazione ai Giochi e per uno come me era un grande sogno da inseguire.
La delusione è stata forte, anche perché arrivavamo da imbattuti
Sì, non è una casualità.
Potevamo fare sicuramente meglio, ma nel momento della difficoltà ci è mancato quel vissuto comune che rende una squadra più forte.
Il mio rammarico è quello di non essere riuscito a far capire l’importanza di preparare il torneo partendo più da lontano.
Il tempo c’era ed è una responsabilità che mi sento.
Probabilmente non ha aiutato il fatto che sia trapelata la notizia del mio addio a termine manifestazione.
Ma non ha influenzato i ragazzi e lo staff: hanno dato tutto.
Sì, l’ultimo anno andava gestito meglio.
Siamo stati coinvolti però dalla gestione della Nazionale A e di un ricambio generazionale che non ha favorito la Under 21.
Divergenze con Mancini?
Può darsi.
C’era bisogno di un allenatore che condividesse in pieno il tipo di gestione che si andava a prospettare.
Non ci sono stati contrasti, ma c’erano idee non simili.
Non ero sulla stessa linea, essere coerente per me è importante.
Per me si arriva in Nazionale maggiore con un po’ troppa facilità.
Non è un messaggio che condivido in pieno: può essere pericoloso".
Per me la Nazionale non è un club e la U20 e U21 non possono essere trattate come una Primavera di A: le dinamiche sono diverse, le competizioni pesano e c’è poco tempo per lavorare.
Condivido poco il fatto di giocare allo stesso modo della prima squadra: ogni annata è diversa e bisogna tirare fuori il meglio dai calciatori.
Legarsi agli schemi mi pare fuori logica".
Le nostre Under vincono fino alla 20 e poi si fermano?
Penso che il livello generale sia sempre più alto.
Gli altri giocano senz’altro più dei nostri e a ritmi spesso superiori.
In Italia non è facile sfondare, siamo molto critici e non accettiamo l’errore: nessuno è mai abbastanza bravo e si boccia con leggerezza. Kean e Scamacca?
Potrebbero essere più bravi di quello che consideriamo, bisogna anche dare tempo.
I grandissimi talenti sono pochi, ma giocatori bravi ne abbiamo: loro lo sono".