Troppa luce tra difesa e centrocampo del Milan, a lasciare uno spazio vitale all'albero di Natale costruito da Wenger, soprattutto per i giochi in palleggio di Ramsey e Mkhitaryan, assecondati da un Ozil in grande spolvero. Se perdi le distanze lì, crei superiorità numerica avversaria, con interpreti che non perdonano gli errori. È come quando il tennista ha il braccino per l'emozione: troppo lungo, troppo largo, troppo corto, troppo lentamente, troppo veloce. È la testa che guida le gambe, e quella dei nostri eroi portava dietro un carico di emozioni che non ha saputo scaricare in campo. Capita, come capitò al Milan di Van Basten, Gullit e Sacchi nei due matches interni di UEFA di settembre-ottobre 1987, sul neutro di Lecce, contro Sporting Gijon o Espanol. Non avresti dato loro due lire, dopo quelle malafigure. Le cose poi cambiarono.