E' evidente che le cose stanno in quei termini. Il CDA ha dato i 7 giorni di rito a partire dal 15 giugno, termine ultimo per la sottoscrizione e contestuale versamento del sovrapprezzo relativo all'aumento di capitale. Oggi scadevano i 7 giorni e oggi chiedono ad Elliott di intervenire. I tempi dovevano essere per forza questi.
Con una precisazione, Felice: se vera la ricostruzione delle intese contrattuali tra il Milan ed Elliott, fatta da Reuters, l'inadempienza dell'azionista all'obbligo del versamento degli decimi relativi alla seconda tranche di aumento di capitale è definitiva, e non può più essere sanata da un tardivo intervento dell'azionista. Elliott finanzierebbe dunque questo aumento in luogo dell'azionista, e si surrogherebbe nei diritti di questo azionista verso il Milan per il controvalore corrispondente, 32 milioni di euro. Ciò significa che potrà soddisfarsi dal ricavato della eventuale vendita giudiziale delle azioni che ha in pegno, quando mai accadrà, fino a concorrenza del proprio credito, o pretendere l'assegnazione diretta in proprietà di un numero di azioni pari al controvalore di questo proprio credito, ove optasse per ciò, in luogo dell'assegnazione delle somme derivanti dal ricavato della vendita. Oppure, in caso di vendita delle azioni ad un terzo, esercitare nei confronti di questo l'azione surrogatoria per farsi restituire i 32 milioni che oggi sta versando. Il meccanismo che scatta da oggi riguarda invece l'anticipato recupero del bond di 54 milioni di euro, oltre interessi, in scadenza a metà ottobre 2018, per la quota eccedente 15 milioni, che sappiamo essere in scadenza a giugno 2019. Se la proprietà non rimborsa l'acconto di 32 milioni sul maggiore dare dei 54 dovuti sul bond, il Milan verrà dichiarato decaduto dal beneficio dei termini sopra concessi, ed Elliott escuterà i pegni sulle azioni per recuperare per intero i suoi 54 milioni, oltre interessi. Questo, stando alla ricostruzione fatta da Reuters.
