La UEFA contro la Serie A, che snobba l'allarme.

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Repubblica: una fotografia durissima del calcio italiano. Ma alla Serie A sembra importare poco. O nulla. Una riunione a Coverciano organizzata dall’Ufficio Licenze e Sostenibilità Finanziaria della Figc si è trasformata in una sorta di atto d’accusa al campionato italiano. L’Uefa era presente con un dirigente italiano, il direttore sostenibilità finanziaria Andrea Traverso, per spiegare in modo approfondito i dettagli della riforma della Uefa per mettere in sicurezza il calcio europeo. Che ha analizzato i numeri spaventosi delle squadre italiane: siamo secondi in Europa dietro la Premier come costo del lavoro, che si mangia annualmente l’81% dei guadagni. Abbiamo le stesse perdite degli inglesi, ma fatturiamo meno della metà. Addirittura, come incassi, siamo penultimi, solo la Ligue 1 francese peggio. Peccato che ad ascoltare la lezione sulla necessità europea di un’Italia più forte non ci fosse (quasi) nessuno di chi prende le decisioni: dei 20 club di Serie A, solo Samp, Fiorentina e Roma avevano mandato i loro vertici (Romei, Joe Barone e Berardi), per il resto, ad ascoltare solo qualche direttore finanziario. Che gli altri amministratori abbiano preferito altro, distratti magari dal mercato, dice molto. Ora starà ai club proseguire i colloqui con la Uefa. Che per il prossimo triennio imporrà una graduale riduzione della forbice tra costi e ricavi, per arrivare al 2025 con club che non spendano tra calciomercato, stipendi e commissioni agli agenti più del 70% di quanto incassano. Un tentativo di salary cap, con sanzioni fino all’esclusione dalle coppe. Ma che per la Serie A è obiettivo lontanissimo. Un modo per difendere le società da loro stesse, dalla corsa folle all’aumento dei costi per inseguire risultati. Ma senza lo straccio di un’idea su come far crescere i ricavi.
 
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Repubblica: una fotografia durissima del calcio italiano. Ma alla Serie A sembra importare poco. O nulla. Una riunione a Coverciano organizzata dall’Ufficio Licenze e Sostenibilità Finanziaria della Figc si è trasformata in una sorta di atto d’accusa al campionato italiano. L’Uefa era presente con un dirigente italiano, il direttore sostenibilità finanziaria Andrea Traverso, per spiegare in modo approfondito i dettagli della riforma della Uefa per mettere in sicurezza il calcio europeo. Che ha analizzato i numeri spaventosi delle squadre italiane: siamo secondi in Europa dietro la Premier come costo del lavoro, che si mangia annualmente l’81% dei guadagni. Abbiamo le stesse perdite degli inglesi, ma fatturiamo meno della metà. Addirittura, come incassi, siamo penultimi, solo la Ligue 1 francese peggio. Peccato che ad ascoltare la lezione sulla necessità europea di un’Italia più forte non ci fosse (quasi) nessuno di chi prende le decisioni: dei 20 club di Serie A, solo Samp, Fiorentina e Roma avevano mandato i loro vertici (Romei, Joe Barone e Berardi), per il resto, ad ascoltare solo qualche direttore finanziario. Che gli altri amministratori abbiano preferito altro, distratti magari dal mercato, dice molto. Ora starà ai club proseguire i colloqui con la Uefa. Che per il prossimo triennio imporrà una graduale riduzione della forbice tra costi e ricavi, per arrivare al 2025 con club che non spendano tra calciomercato, stipendi e commissioni agli agenti più del 70% di quanto incassano. Un tentativo di salary cap, con sanzioni fino all’esclusione dalle coppe. Ma che per la Serie A è obiettivo lontanissimo. Un modo per difendere le società da loro stesse, dalla corsa folle all’aumento dei costi per inseguire risultati. Ma senza lo straccio di un’idea su come far crescere i ricavi.
Quando fa loro comodo il lanciano esiste ed è come le altre .
Il negazionismo bifasico.
 
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Repubblica: una fotografia durissima del calcio italiano. Ma alla Serie A sembra importare poco. O nulla. Una riunione a Coverciano organizzata dall’Ufficio Licenze e Sostenibilità Finanziaria della Figc si è trasformata in una sorta di atto d’accusa al campionato italiano. L’Uefa era presente con un dirigente italiano, il direttore sostenibilità finanziaria Andrea Traverso, per spiegare in modo approfondito i dettagli della riforma della Uefa per mettere in sicurezza il calcio europeo. Che ha analizzato i numeri spaventosi delle squadre italiane: siamo secondi in Europa dietro la Premier come costo del lavoro, che si mangia annualmente l’81% dei guadagni. Abbiamo le stesse perdite degli inglesi, ma fatturiamo meno della metà. Addirittura, come incassi, siamo penultimi, solo la Ligue 1 francese peggio. Peccato che ad ascoltare la lezione sulla necessità europea di un’Italia più forte non ci fosse (quasi) nessuno di chi prende le decisioni: dei 20 club di Serie A, solo Samp, Fiorentina e Roma avevano mandato i loro vertici (Romei, Joe Barone e Berardi), per il resto, ad ascoltare solo qualche direttore finanziario. Che gli altri amministratori abbiano preferito altro, distratti magari dal mercato, dice molto. Ora starà ai club proseguire i colloqui con la Uefa. Che per il prossimo triennio imporrà una graduale riduzione della forbice tra costi e ricavi, per arrivare al 2025 con club che non spendano tra calciomercato, stipendi e commissioni agli agenti più del 70% di quanto incassano. Un tentativo di salary cap, con sanzioni fino all’esclusione dalle coppe. Ma che per la Serie A è obiettivo lontanissimo. Un modo per difendere le società da loro stesse, dalla corsa folle all’aumento dei costi per inseguire risultati. Ma senza lo straccio di un’idea su come far crescere i ricavi.
Diciamo che in Italia è un problema che riguarda 9-10 squadre, quelle che aspirano a giocare in Europa. Di queste, almeno 2 (Milan e Atalanta), sono già messe sulla strada giusta.
 
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Repubblica: una fotografia durissima del calcio italiano. Ma alla Serie A sembra importare poco. O nulla. Una riunione a Coverciano organizzata dall’Ufficio Licenze e Sostenibilità Finanziaria della Figc si è trasformata in una sorta di atto d’accusa al campionato italiano. L’Uefa era presente con un dirigente italiano, il direttore sostenibilità finanziaria Andrea Traverso, per spiegare in modo approfondito i dettagli della riforma della Uefa per mettere in sicurezza il calcio europeo. Che ha analizzato i numeri spaventosi delle squadre italiane: siamo secondi in Europa dietro la Premier come costo del lavoro, che si mangia annualmente l’81% dei guadagni. Abbiamo le stesse perdite degli inglesi, ma fatturiamo meno della metà. Addirittura, come incassi, siamo penultimi, solo la Ligue 1 francese peggio. Peccato che ad ascoltare la lezione sulla necessità europea di un’Italia più forte non ci fosse (quasi) nessuno di chi prende le decisioni: dei 20 club di Serie A, solo Samp, Fiorentina e Roma avevano mandato i loro vertici (Romei, Joe Barone e Berardi), per il resto, ad ascoltare solo qualche direttore finanziario. Che gli altri amministratori abbiano preferito altro, distratti magari dal mercato, dice molto. Ora starà ai club proseguire i colloqui con la Uefa. Che per il prossimo triennio imporrà una graduale riduzione della forbice tra costi e ricavi, per arrivare al 2025 con club che non spendano tra calciomercato, stipendi e commissioni agli agenti più del 70% di quanto incassano. Un tentativo di salary cap, con sanzioni fino all’esclusione dalle coppe. Ma che per la Serie A è obiettivo lontanissimo. Un modo per difendere le società da loro stesse, dalla corsa folle all’aumento dei costi per inseguire risultati. Ma senza lo straccio di un’idea su come far crescere i ricavi.

Ecco qui. Sembra non fregare nulla, ma i soldi cadono dal cielo? Sicuramente lo sanno bene tutti la situazione del calcio Italiano, a cominciare dalla lentezza burocratica e dal sistema medievale, oltre che da un incompetenza rara.

Qui bisogna fare una rivoluzione estrema, con l'aiuto dello stato che deve rendersi conto che un settore strategico come il calcio non può essere abbandonato a se stesso così. Devono chiudersi tutti in una stanza e non uscire senza un piano strategico, sostenibilità deve essere la parola chiave, con chiare e severe regole, non si possono generare perdite in continuazione, se non hai i soldi per il Lukaku ti prendi il Pinamonti, trovo ingiusto e lontano dallo spirito del gioco che ognuno possa fare quello che voglia. Più scuole calcio e coltivazione di talento, meno ultra trentenni che han poco da fare (e metterei pure delle medie età da rispettare).

Ovviamente sogno, lo so che a Malocchio e agli Agnelli non conviene la sostenibilità e il gioco pulito, non capisco cosa ne tirerebbero fuori visto che aumentando il livello generale ne trarrebbero diretto vantaggio. Io ero contento di avere CR7 in Italia, il ritorno di un pallone d'oro in Italia mi aveva dato speranza per il futuro, io sono sempre quello strano che tifa le Italiane in Europa, non è possibile uscire agli ottavi costantemente. Da qualche parte bisogna partire o il futuro si fa nero.

@sunburn @diavoloINme , continuare qui è più appropriato :)

Concordo in parte, ovviamente Silvio ci ha fatto godere, io ho approfittato di due CL vinte, di cui una indimenticabile ;)

Però guardate solo Elliott cosa è riuscito a fare con un po'di programmazione, con lo stadio chissà quanto possa valere il Milan. Secondo me si sta mangiando le mani, perché vendere il Milan a 2 miliardi credo che gli avrebbe fatto piacere. Il problema è che non ne han visti i possibili benefici, mi tocca dire che l'unica con una visione più globale fosse Barbarella. Per il resto niente di niente. Anche le idee ragazzi, almeno compra i giocatori giusti e non i Ronaldinho o i Ronaldo a fine carriera, sconsigliatissimi da chiunque ne conoscesse un minimo.
 

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