Si era capito da subito che La Grande Bellezza non fosse un film per tutti, basta farsi un giro sulle proprie bacheche di Facebook per capire quanta superficialità e banalità s'impieghi per esprimere giudizi su quello che non ho paura di definire uno dei più grandi prodotti artistici degli ultimi vent'anni(almeno)del cinema italiano. L'aspetto più divertente della questione è che la banalità e la superficialità con la quale l'italiano medio giudica il film è la stessa che Paolo Sorrentino ha voluto rappresentare nella sua pellicola, ma procediamo con ordine.
Jep Gambardella è un giornalista di costume, affermatosi nella Roma bene, il quale sciorina la trama del film ben prima che la pellicola abbia un suo sviluppo dichiarando di aver desiderato la mondanità ma soprattutto di aver desiderato di essere il re dei mondani, colui che avesse il poter non solo di partecipare alle feste di Roma ma colui che avesse il potere di farle finire. Jep riesce nel suo intento, almeno parzialmente, perché in verità non sarà lui ad avere tutto quel potere sulla mondanità, non sarà lui a possederla ma sarà la mondanità a possedere lui.
Jep nella pellicola è già all'ultimo stadio della sua "tristezza esistenziale" essendosi reso conto che il mondo che ha tanto desiderato non era altro che un mondo fatto di banalità e superficialità, per l'appunto. Una totale vacuità permea tutta la pellicola, durante i festini ai quali partecipa l'improbabile combriccola di Jep formata da: Romano, drammaturgo teatrale privo di talento; Lorena, showgirl sul viale del tramonto; Viola, facoltosa borghese che impazzisce dietro alla malattia mentale del figlio; Ramona che spende tutto ciò che guadagna in maniera misteriosa e infine Dadina, la caporedattrice, figura materna per Jep, la quale è una dei pochi personaggi ad illudersi ancora della Grande Bellezza della sua vita.
Ecco cosa intende Sorrentino con "Grande Bellezza", intende indicare il senso di una vita ormai smarrito nel nulla più assoluto da parte dei mondani e da parte del re dei mondani. Jep oltre che giornalista è infatti anche uno scrittore, tuttavia scrive soltanto un romanzo, l'"Apparato umano", nel fiore della sua verve mondana pur nutrendo il desiderio di scrivere ancora, non trovando però l'ispirazione per farlo e lo confessa lui stesso il perché, perché il suo mondo è il nulla, è il niente, non c'è niente che possa comunicare, non c'è niente che la vita gli abbia dato perché potesse farlo.
Jep dirà ancora che Falubert aveva tentato di scrivere un romanzo sul nulla e se d'altronde non c'era riuscito Gustave come avrebbe potuto riuscirci lui? In realtà se Jep non riesce a scrivere un romanzo sul nulla, riesce Sorrentino a realizzarne una pellicola. Mondanità spicciola, festicciole di cattivo gusto, effimero divertimento, personaggi improbabili e al limite dell'inettitudine, ecco tutta la banalità e la superficialità che rappresenta il film traendo spunto dall'Italia dei nostri giorni.
Ecco la superficialità e la banalità con la quale si guarda e si giudica questo film, la stessa che Sorrentino avrebbe voluto denunciare. Ho letto che questo film non è piaciuto perché Sorrentino mette a nudo l'Italia, il suo popolo, mette a nudo le sue debolezze e questo agli spettatori non è piaciuto.
Magari gli spettatori si fossero sdegnati per questo, magari! Vorrebbe dire che questo film ha centrato il suo obiettivo ma in realtà ha fallito, non per proprie colpe, sia chiaro, ma per cause di forza maggiore, diciamo così.
D'altronde com'era il detto? Nessun profeta è ben accetto in patria.