Forbes: "Condanna del Milan è fallimento del Fair Play Finanziario"

L

luis4

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E' un dato oggettivo, e dai dati oggettivi vanno tratte delle conclusioni.
Per il Milan è un danno economico enorme aver speso 240 milioni senza aver raggiunto la Champions (posto che la UEFA ce l'avrebbe fatta giocare...).

è un dato oggettivo anche che i giocatori che l'anno scorso sono arrivati sesti si sono ritirati o sono andati a giocare in campionati dilettantistici a parte niang, lapadula con scarsi risultati. l'unico "buono" che è andato via era bacca. Quindi mi sa tanto che gli stessi giocatori con un anno in piu potevamo arrivare anche decimi come già successo a volte nella precedente gestione.
 

Goro

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Dopo la sentenza che ha portato all'esclusione del Milan dalle coppe europee, Forbes ci va giù duro.
Secondo il famoso portale economico, la ratio della riforma era lodevole: ricondurre alla stabilità contabile le società, imprigionate in una spirale deficit-debito che ne minava la sostenibilità economica e al tempo stesso ridare equilibrio competitivo al sistema. Se per il primo punto l'obiettivo sembra centrato, visto che le perdite nette dei club europei di prima divisione si sono ridotte dell’84%, per il secondo proposito invece i risultati appaiono fallimentari a causa dell'elevato margine di discrezionalità nei singoli casi concreti: Manchester City e PSG hanno ricevuto sanzioni blande, grazie alla disponibilità degli organismi di controllo a chiudere un occhio sulle sponsorizzazioni correlate.
Al contrario il Milan sembra essere incappato in un giudizio punitivo sul suo presidente, Yonghong Li. Una diffidenza forse comprensibile, ma certamente estranea ai parametri del FPF, le cui valutazioni dovrebbero restare limitate allo stato di salute finanziaria del club (e in questo caso la continuità aziendale sarebbe garantita da chi ha finanziato l'acquisto, Elliott). Per questo se il rifiuto del VA poteva essere giustificabile sulla base di un business plan forse troppo ottimistico, già il rifiuto del SA evidenziava una non giustificata severità nei confronti del club che - pur avendo deficit considerevoli - denotava un indebitamento gestibile e prospettive di rientro non dissimili da quelle che avevano portato ad altri patteggiamenti. L'esclusione dalle coppe, quindi, ha evidenziato questa disparità di trattamento.
Ma la vicenda rossonera ha messo alla luce anche un altro importante problema del FPF: con il mercato feroce della scorsa estate, la dirigenza rossonera confidando (forse ingenuamente) nella possibilità di un accordo volontario, ha scommesso sull'unico percorso di sviluppo attuabile da chi non appartiene già all'odierna élite europea: concentrare in un solo anno contabile tutte le spese, sperando di innescare quei risultati sportivi che a propria volta alimentino un sostanzioso incremento del fatturato. Questo schema però si è arenato sul campo, a causa di un avvio di stagione sconcertante, e a Nyon per l'opposizione della UEFA.

Questo precedente rischia di privare le squadre meno competitive dell'unica strategia in grado di colmare nel medio termine il gap con le prime della classe, esacerbando una controindicazione che già in molti evidenziavano fin dagli albori del FPF. Il pericolo, insomma, è che l'attuale sistema finisca per cementare la supremazia delle squadre più ricche, che caratterizzato in un contesto di forte correlazione tra capacità di spesa e risultati sportivi, si traduce in una sempre maggiore concentrazione degli allori: basti guardare alla Juventus (sette volte di fila campione in Italia), Bayer (sei volte in Germania), PSG (cinque volte in Francia), Real Madrid (quattro delle ultime cinque CL).

E' per questo che se il Milan impugnerà la decisione a Losanna, i suoi tifosi non saranno gli unici a sperare di trovare giustizia.

E' nell'interesse di tutti i club che non fanno parte dell'"elite" farsi sentire, non solo del Milan
 

Djerry

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Dopo la sentenza che ha portato all'esclusione del Milan dalle coppe europee, Forbes ci va giù duro.
Secondo il famoso portale economico, la ratio della riforma era lodevole: ricondurre alla stabilità contabile le società, imprigionate in una spirale deficit-debito che ne minava la sostenibilità economica e al tempo stesso ridare equilibrio competitivo al sistema. Se per il primo punto l'obiettivo sembra centrato, visto che le perdite nette dei club europei di prima divisione si sono ridotte dell’84%, per il secondo proposito invece i risultati appaiono fallimentari a causa dell'elevato margine di discrezionalità nei singoli casi concreti: Manchester City e PSG hanno ricevuto sanzioni blande, grazie alla disponibilità degli organismi di controllo a chiudere un occhio sulle sponsorizzazioni correlate.
Al contrario il Milan sembra essere incappato in un giudizio punitivo sul suo presidente, Yonghong Li. Una diffidenza forse comprensibile, ma certamente estranea ai parametri del FPF, le cui valutazioni dovrebbero restare limitate allo stato di salute finanziaria del club (e in questo caso la continuità aziendale sarebbe garantita da chi ha finanziato l'acquisto, Elliott). Per questo se il rifiuto del VA poteva essere giustificabile sulla base di un business plan forse troppo ottimistico, già il rifiuto del SA evidenziava una non giustificata severità nei confronti del club che - pur avendo deficit considerevoli - denotava un indebitamento gestibile e prospettive di rientro non dissimili da quelle che avevano portato ad altri patteggiamenti. L'esclusione dalle coppe, quindi, ha evidenziato questa disparità di trattamento.
Ma la vicenda rossonera ha messo alla luce anche un altro importante problema del FPF: con il mercato feroce della scorsa estate, la dirigenza rossonera confidando (forse ingenuamente) nella possibilità di un accordo volontario, ha scommesso sull'unico percorso di sviluppo attuabile da chi non appartiene già all'odierna élite europea: concentrare in un solo anno contabile tutte le spese, sperando di innescare quei risultati sportivi che a propria volta alimentino un sostanzioso incremento del fatturato. Questo schema però si è arenato sul campo, a causa di un avvio di stagione sconcertante, e a Nyon per l'opposizione della UEFA.

Questo precedente rischia di privare le squadre meno competitive dell'unica strategia in grado di colmare nel medio termine il gap con le prime della classe, esacerbando una controindicazione che già in molti evidenziavano fin dagli albori del FPF. Il pericolo, insomma, è che l'attuale sistema finisca per cementare la supremazia delle squadre più ricche, che caratterizzato in un contesto di forte correlazione tra capacità di spesa e risultati sportivi, si traduce in una sempre maggiore concentrazione degli allori: basti guardare alla Juventus (sette volte di fila campione in Italia), Bayer (sei volte in Germania), PSG (cinque volte in Francia), Real Madrid (quattro delle ultime cinque CL).

E' per questo che se il Milan impugnerà la decisione a Losanna, i suoi tifosi non saranno gli unici a sperare di trovare giustizia.

Raramente ho letto una quantità di inesattezze e superficialità del genere, frutto di una visione distorta e di scarsa conoscenza del sistema dall'esterno.

Ma d'altronde parlando da un'ottica statunitense, molti aspetti della nostra economia sportiva sono a loro del tutto incomprensibili.
Non per questo tuttavia devono essere ricondotti alla loro visione di fronte ad un tessuto normativo e di funzionamento che impone altre discipline.
 
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Forbes è una rivista Americana e questo rappresenta un primo attacco all' UEFA.

Speriamo che il mandante sia Commisso o Ricketts.
 

Montag84

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Io faccio solo presente che quelli che parlano di una pena giusta e di colpe della proprietà sono solo qui dentro.

Non c'é un giornalista che sia uno che parla di pena giusta e proporzionata.
 
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Quello che alcuni di noi hanno SEMPRE sostenuto.

Le squadre più ricche di cui parla l'articolo sono sempre rappresentate da gente che ci mette la faccia, con nome e cognome annessi.
E a giustificare i mercati faraonici hanno sponsorizzazioni vere e pure farlocche contro cui però il FPF non può fare niente.
Per questo io penso sí che sia una sanzione contro Yonghong Li, ma che non sia affatto politica perché diamo fastidio a qualcuno.
 

FiglioDelDioOdino

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L'idea del Fair Play è di sfumatura capitalistica e non si viene certo a scoprire oggi: le squadre con meno fatturato delle altre potranno arrivare ai piani alti solo dopo un lungo processo che prevede tante scelte oculate fatte con costanza, che solo pochi club saranno in grado di fare, con un fattore "fortuna" che sicuramente non è assente.

Chiaramente la nascita del fair play finanziario viene giustificata ai nostri occhi per premiare quelle squadre che diventano forti per scelte oculate, e non per uno strapotere economico rispetto alle altre. In realtà quello che fa è ben diverso: aiuta le squadre importanti.
Mentre l'idea del fair play si adatta bene a squadre come il psg (che ha speso ugualmente perché il fp è eseguito male, che è un altro discorso), non si pul dire lo stesso di altri club come il Manchester United, che pur non avendo recenti meriti calcistici degni di nota (solo una europa league), può spendere tantissimo a causa del fatturato enorme, dovuto alla sua popolarità, a sua volta dovuta a scelte oculate fatte decenni fa...oppure nemmeno, visto che gli ultimi successi erano antecedenti al fairplay, e quindi potrebbero essere dovuti in gran parte a uno strapotere economico passato.
Insomma, il manchester united è l'esempio lampante di come il fp finanziario favorisca i club importanti, idea che tra l'altro non sarebbe cattiva per mantenere vivo o incrementare l'interesse per il calcio, ma che sicuramente non è eticamente giusta. Quindi la mia domanda è: ci sono o ci fanno?

Concordo. Le prime cose da fare per un club che voglia puntare in alto sono risanare la società; incrementare (anche lievemente) gli introiti / tagliare spese inutili; creare una base di giovani, anche partendo dal vivaio, di buoni giocatori pagati relativamente poco.
Solo allora ha senso poi investire sul mercato, e non subito pesantemente come fatto la scorsa estate, ma progressivamente (soprettutto se non hai certezza di investimenti futuri).
E' questo quello che fece Berlusconi col Milan per riportarci in alto.
Avendo la fortuna di aver acquistato una squadra con ottime prospettive (la miglior difesa della storia c'era già, la squadra aveva già un'anima educata da Liedholm e un Capitano indiscusso già vincitore dello scudetto della Stella)


Il FPF sarà anche troppo favorevole alla supremazia di pochi club, ma il Milan ha o non ha uno dei più grandi fatturati in Europa (sceso al 22° posto se non erro)?
A me pare chiaro che il FPF sia inteso ad impedire che una squadra senza storia, senza tifosi, senza fatturato, senza nulla, venga acquistato da un magnate che a furia di miliardi lo porti a rivaleggiare a breve termine con i club storici attuali, appunto facendogli una "concorrenza sleale" derivata da pressochè infinite disponibilità finanziarie.
Ma il Milan non è un nulla cosmico: il FPF in questo senso è pure favorevole al Milan, consolidandone una posizione non felice ma nemmeno dobbiamo risalire la china da un 200° posto. Questo credo che lo abbiano capito gli acqurenti d'oltreoceano, quando Ricketts dice che il Milan è un gigante dormiente.
 

Aron

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Forbes è una rivista Americana e questo rappresenta un primo attacco all' UEFA.

Speriamo che il mandante sia Commisso o Ricketts.

E' un articolo di Forbes Italia.
Ben venga se poi riescono a fare baccano anche in America.
 

Clarenzio

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Dopo la sentenza che ha portato all'esclusione del Milan dalle coppe europee, Forbes ci va giù duro.
Secondo il famoso portale economico, la ratio della riforma era lodevole: ricondurre alla stabilità contabile le società, imprigionate in una spirale deficit-debito che ne minava la sostenibilità economica e al tempo stesso ridare equilibrio competitivo al sistema. Se per il primo punto l'obiettivo sembra centrato, visto che le perdite nette dei club europei di prima divisione si sono ridotte dell’84%, per il secondo proposito invece i risultati appaiono fallimentari a causa dell'elevato margine di discrezionalità nei singoli casi concreti: Manchester City e PSG hanno ricevuto sanzioni blande, grazie alla disponibilità degli organismi di controllo a chiudere un occhio sulle sponsorizzazioni correlate.
Al contrario il Milan sembra essere incappato in un giudizio punitivo sul suo presidente, Yonghong Li. Una diffidenza forse comprensibile, ma certamente estranea ai parametri del FPF, le cui valutazioni dovrebbero restare limitate allo stato di salute finanziaria del club (e in questo caso la continuità aziendale sarebbe garantita da chi ha finanziato l'acquisto, Elliott). Per questo se il rifiuto del VA poteva essere giustificabile sulla base di un business plan forse troppo ottimistico, già il rifiuto del SA evidenziava una non giustificata severità nei confronti del club che - pur avendo deficit considerevoli - denotava un indebitamento gestibile e prospettive di rientro non dissimili da quelle che avevano portato ad altri patteggiamenti. L'esclusione dalle coppe, quindi, ha evidenziato questa disparità di trattamento.
Ma la vicenda rossonera ha messo alla luce anche un altro importante problema del FPF: con il mercato feroce della scorsa estate, la dirigenza rossonera confidando (forse ingenuamente) nella possibilità di un accordo volontario, ha scommesso sull'unico percorso di sviluppo attuabile da chi non appartiene già all'odierna élite europea: concentrare in un solo anno contabile tutte le spese, sperando di innescare quei risultati sportivi che a propria volta alimentino un sostanzioso incremento del fatturato. Questo schema però si è arenato sul campo, a causa di un avvio di stagione sconcertante, e a Nyon per l'opposizione della UEFA.

Questo precedente rischia di privare le squadre meno competitive dell'unica strategia in grado di colmare nel medio termine il gap con le prime della classe, esacerbando una controindicazione che già in molti evidenziavano fin dagli albori del FPF. Il pericolo, insomma, è che l'attuale sistema finisca per cementare la supremazia delle squadre più ricche, che caratterizzato in un contesto di forte correlazione tra capacità di spesa e risultati sportivi, si traduce in una sempre maggiore concentrazione degli allori: basti guardare alla Juventus (sette volte di fila campione in Italia), Bayer (sei volte in Germania), PSG (cinque volte in Francia), Real Madrid (quattro delle ultime cinque CL).

E' per questo che se il Milan impugnerà la decisione a Losanna, i suoi tifosi non saranno gli unici a sperare di trovare giustizia.

Perfetta disamina.
 
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Dopo la sentenza che ha portato all'esclusione del Milan dalle coppe europee, Forbes ci va giù duro.
Secondo il famoso portale economico, la ratio della riforma era lodevole: ricondurre alla stabilità contabile le società, imprigionate in una spirale deficit-debito che ne minava la sostenibilità economica e al tempo stesso ridare equilibrio competitivo al sistema. Se per il primo punto l'obiettivo sembra centrato, visto che le perdite nette dei club europei di prima divisione si sono ridotte dell’84%, per il secondo proposito invece i risultati appaiono fallimentari a causa dell'elevato margine di discrezionalità nei singoli casi concreti: Manchester City e PSG hanno ricevuto sanzioni blande, grazie alla disponibilità degli organismi di controllo a chiudere un occhio sulle sponsorizzazioni correlate.
Al contrario il Milan sembra essere incappato in un giudizio punitivo sul suo presidente, Yonghong Li. Una diffidenza forse comprensibile, ma certamente estranea ai parametri del FPF, le cui valutazioni dovrebbero restare limitate allo stato di salute finanziaria del club (e in questo caso la continuità aziendale sarebbe garantita da chi ha finanziato l'acquisto, Elliott). Per questo se il rifiuto del VA poteva essere giustificabile sulla base di un business plan forse troppo ottimistico, già il rifiuto del SA evidenziava una non giustificata severità nei confronti del club che - pur avendo deficit considerevoli - denotava un indebitamento gestibile e prospettive di rientro non dissimili da quelle che avevano portato ad altri patteggiamenti. L'esclusione dalle coppe, quindi, ha evidenziato questa disparità di trattamento.
Ma la vicenda rossonera ha messo alla luce anche un altro importante problema del FPF: con il mercato feroce della scorsa estate, la dirigenza rossonera confidando (forse ingenuamente) nella possibilità di un accordo volontario, ha scommesso sull'unico percorso di sviluppo attuabile da chi non appartiene già all'odierna élite europea: concentrare in un solo anno contabile tutte le spese, sperando di innescare quei risultati sportivi che a propria volta alimentino un sostanzioso incremento del fatturato. Questo schema però si è arenato sul campo, a causa di un avvio di stagione sconcertante, e a Nyon per l'opposizione della UEFA.

Questo precedente rischia di privare le squadre meno competitive dell'unica strategia in grado di colmare nel medio termine il gap con le prime della classe, esacerbando una controindicazione che già in molti evidenziavano fin dagli albori del FPF. Il pericolo, insomma, è che l'attuale sistema finisca per cementare la supremazia delle squadre più ricche, che caratterizzato in un contesto di forte correlazione tra capacità di spesa e risultati sportivi, si traduce in una sempre maggiore concentrazione degli allori: basti guardare alla Juventus (sette volte di fila campione in Italia), Bayer (sei volte in Germania), PSG (cinque volte in Francia), Real Madrid (quattro delle ultime cinque CL).

E' per questo che se il Milan impugnerà la decisione a Losanna, i suoi tifosi non saranno gli unici a sperare di trovare giustizia.

Quello che sostengo da un mese circa.
Uefa mafiosa serva dell'aristocrazia europea
 
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