Il Corriere della Sera online riporta un'intervista di Arianna Ravelli a Fassone, che risponde alle domande sul caso Donnarumma. Queste le sue parole: "Minacce di morte a Gigio? Ne siamo molto addolorati, ci spiace che il calcio generi certe cose. Non potevamo fare di più per trasmettere a Gigio quanto volessimo che rimanesse al Milan. Anzi, se ci ripensasse lo accoglieremmo a braccia aperte, non solo noi ma anche i tifosi. Gli umori cambiano in fretta. Donnarumma in tribuna? Nessuna minaccia. Per noi è incedibile, però deciderà Montella. Dobbiamo essere sicuri di avere un portiere sereno e concentrato che non pensa al real, per esempio. Se San Siro lo contestasse? Potrebbe sicuramente togliergli serenità. La sua sceltà è legittima, ma un'altra cosa è l'etica degli affari. Andandosene così ha causato un danno da 100 milioni al milan. Se donnarumma vale così tanto lo deve al milan. Gigio non ci ha mai detto di volersene andare. Non potevamo aspettare di più. Hanno avuto due mesi per pensarci. Raiola dà la colpa a Mirabelli? Non esiste Mirabelli e non esiste Fassone: esiste il milan. Non si cerchi di mettere zizzania tra di noi: abbiamo concordato tutto
Fassone dice anche:
"Bastava che ci dicesse che non voleva restare, avremmo rinnovato con una clausola rescissoria ragionevole. E se fosse arrivato il club più importante del mondo, anche questa estate, avrebbe dovuto pagare al Milan questa cifra. Così quello che il Real non paga a me entra nelle tasche del procuratore. Io però lo avrei reinvestito nel calcio italiano".
Se Donnarumma abbia detto alla società di voler andare via:
"Mai. Ogni volta che gli abbiamo parlato, a quattr’occhi o per telefono, ci ha sempre ripetuto di voler rimanere. Fino a due giorni prima dell’ultimo incontro con Raiola. Il quale, invece, devo dire ci ha sempre detto che non era disponibile a trattare con i nostri tempi. Due versioni opposte."
Sulla fretta di Raiola:
"No, Gigio è in scadenza, io devo poter intervenire in tempo sul mercato. Il raduno è il 3 luglio, due settimane sono il minimo. Se mi avesse detto a metà agosto che non voleva rinnovare, io che avrei fatto? È una cautela che fa parte della normale pianificazione di un buon dirigente. E poi hanno avuto due mesi per pensarci."