Autobiografia Buffon: "Così ho vinto depressione"

Andris

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Buffon parla al Corriere della Sera della sua autobiografia "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi":

"Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down.
Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio

Poi accadde anche in campo. Un attacco di panico.
Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita. Era Juve-Reggina, in casa.
Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon.
Lui mi tranquillizzò: 'Gigi, non devi giocare per forza'. Ripresi fiato.
Guardai scaldarsi il secondo portiere, Chimenti, che è un mio carissimo amico.
E pensai che ero davanti a una sliding door, a un passaggio decisivo della mia carriera, della mia vita
Mi dissi: Gigi, se tu non entri in campo stavolta, crei un precedente con te stesso.
Magari ti succederà una seconda volta, e poi un’altra ancora. E non potrai più giocare.
Così entrai in campo. Feci subito una buona parata. Che salvò il risultato, perché poi vincemmo 1-0. Ma il problema rimaneva.
Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci.
Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente.
Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio.
Fu allora che scoprii la pittura.

Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida.
Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola.
Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri.
Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla

Le scommesse è stata una mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno

La cosa è tornata fuori alcune volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve.
Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: 'Se hai fatto qualche *******, dimmelo'. Risposi, con una punta di sadismo: 'Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta'. Qualche giorno dopo venne a dirmi: 'Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu'.
La seconda era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia.
Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti.
Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo.
Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio

Avevo il complesso di non essermi diplomato. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università.
Stavo facendo un massaggio defatigante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così... Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato

Non avevo la minima idea che per qualcuno 88 evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle.
E non avevo la minima idea che “boia chi molla” fosse un motto neofascista. Un giorno l’allenatore del Parma, che era Ulivieri, mi convoca e mi fa trovare un busto di Lenin.

Il Parma si giocava la finale di Coppa Italia, e io avevo insistito perché scendesse in campo il secondo portiere, Guardalben, che aveva disputato tutta la competizione.
Ulivieri mi disse: tu Gigi non sei fascista, sei comunista, perché hai fatto un gesto straordinario per un tuo compagno
 
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Buffon parla al Corriere della Sera della sua autobiografia "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi":

"Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down.
Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio

Poi accadde anche in campo. Un attacco di panico.
Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita. Era Juve-Reggina, in casa.
Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon.
Lui mi tranquillizzò: 'Gigi, non devi giocare per forza'. Ripresi fiato.
Guardai scaldarsi il secondo portiere, Chimenti, che è un mio carissimo amico.
E pensai che ero davanti a una sliding door, a un passaggio decisivo della mia carriera, della mia vita
Mi dissi: Gigi, se tu non entri in campo stavolta, crei un precedente con te stesso.
Magari ti succederà una seconda volta, e poi un’altra ancora. E non potrai più giocare.
Così entrai in campo. Feci subito una buona parata. Che salvò il risultato, perché poi vincemmo 1-0. Ma il problema rimaneva.
Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci.
Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente.
Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio.
Fu allora che scoprii la pittura.

Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida.
Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola.
Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri.
Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla

Le scommesse è stata una mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno

La cosa è tornata fuori alcune volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve.
Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: 'Se hai fatto qualche *******, dimmelo'. Risposi, con una punta di sadismo: 'Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta'. Qualche giorno dopo venne a dirmi: 'Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu'.
La seconda era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia.
Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti.
Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo.
Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio

Avevo il complesso di non essermi diplomato. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università.
Stavo facendo un massaggio defatigante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così... Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato

Non avevo la minima idea che per qualcuno 88 evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle.
E non avevo la minima idea che “boia chi molla” fosse un motto neofascista. Un giorno l’allenatore del Parma, che era Ulivieri, mi convoca e mi fa trovare un busto di Lenin.

Il Parma si giocava la finale di Coppa Italia, e io avevo insistito perché scendesse in campo il secondo portiere, Guardalben, che aveva disputato tutta la competizione.
Ulivieri mi disse: tu Gigi non sei fascista, sei comunista, perché hai fatto un gesto straordinario per un tuo compagno

A partire dal 2o pezzo in grassetto,sono cascato a terra dal ridere :rotolo:
Dici che ho un bidone dell'immondizia al posto del cuore?🤣🤣🤣
 
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Buffon parla al Corriere della Sera della sua autobiografia "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi":

"Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down.
Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio

Poi accadde anche in campo. Un attacco di panico.
Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita. Era Juve-Reggina, in casa.
Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon.
Lui mi tranquillizzò: 'Gigi, non devi giocare per forza'. Ripresi fiato.
Guardai scaldarsi il secondo portiere, Chimenti, che è un mio carissimo amico.
E pensai che ero davanti a una sliding door, a un passaggio decisivo della mia carriera, della mia vita
Mi dissi: Gigi, se tu non entri in campo stavolta, crei un precedente con te stesso.
Magari ti succederà una seconda volta, e poi un’altra ancora. E non potrai più giocare.
Così entrai in campo. Feci subito una buona parata. Che salvò il risultato, perché poi vincemmo 1-0. Ma il problema rimaneva.
Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci.
Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente.
Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio.
Fu allora che scoprii la pittura.

Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida.
Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola.
Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri.
Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla

Le scommesse è stata una mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno

La cosa è tornata fuori alcune volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve.
Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: 'Se hai fatto qualche *******, dimmelo'. Risposi, con una punta di sadismo: 'Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta'. Qualche giorno dopo venne a dirmi: 'Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu'.
La seconda era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia.
Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti.
Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo.
Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio

Avevo il complesso di non essermi diplomato. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università.
Stavo facendo un massaggio defatigante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così... Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato

Non avevo la minima idea che per qualcuno 88 evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle.
E non avevo la minima idea che “boia chi molla” fosse un motto neofascista. Un giorno l’allenatore del Parma, che era Ulivieri, mi convoca e mi fa trovare un busto di Lenin.

Il Parma si giocava la finale di Coppa Italia, e io avevo insistito perché scendesse in campo il secondo portiere, Guardalben, che aveva disputato tutta la competizione.
Ulivieri mi disse: tu Gigi non sei fascista, sei comunista, perché hai fatto un gesto straordinario per un tuo compagno
Tu non hai mai scommesso sulla juve come Tonali non ha mai scommesso sul Milan,tutti la stessa feccia siete.
 
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Buffon parla al Corriere della Sera della sua autobiografia "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi":

"Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down.
Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio

Poi accadde anche in campo. Un attacco di panico.
Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita. Era Juve-Reggina, in casa.
Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon.
Lui mi tranquillizzò: 'Gigi, non devi giocare per forza'. Ripresi fiato.
Guardai scaldarsi il secondo portiere, Chimenti, che è un mio carissimo amico.
E pensai che ero davanti a una sliding door, a un passaggio decisivo della mia carriera, della mia vita
Mi dissi: Gigi, se tu non entri in campo stavolta, crei un precedente con te stesso.
Magari ti succederà una seconda volta, e poi un’altra ancora. E non potrai più giocare.
Così entrai in campo. Feci subito una buona parata. Che salvò il risultato, perché poi vincemmo 1-0. Ma il problema rimaneva.
Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci.
Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente.
Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio.
Fu allora che scoprii la pittura.

Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida.
Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola.
Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri.
Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla

Le scommesse è stata una mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno

La cosa è tornata fuori alcune volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve.
Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: 'Se hai fatto qualche *******, dimmelo'. Risposi, con una punta di sadismo: 'Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta'. Qualche giorno dopo venne a dirmi: 'Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu'.
La seconda era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia.
Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti.
Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo.
Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio

Avevo il complesso di non essermi diplomato. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università.
Stavo facendo un massaggio defatigante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così... Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato

Non avevo la minima idea che per qualcuno 88 evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle.
E non avevo la minima idea che “boia chi molla” fosse un motto neofascista. Un giorno l’allenatore del Parma, che era Ulivieri, mi convoca e mi fa trovare un busto di Lenin.

Il Parma si giocava la finale di Coppa Italia, e io avevo insistito perché scendesse in campo il secondo portiere, Guardalben, che aveva disputato tutta la competizione.
Ulivieri mi disse: tu Gigi non sei fascista, sei comunista, perché hai fatto un gesto straordinario per un tuo compagno
Non mi è mai piaciuto come persona, l'ho sempre trovato falso ipocrita arrivista.
Soprattutto perchè ha sempre cercato di farsi passare come brava persona, corretta, onesta, ma poi era esattamente come tutti gli altri se non peggio e con tantissimi scheletri nell'armadio
Con la scenata sul nongol di Muntari poi ci ho messo totalmente una bara intera sopra

Sulla malattia non discuto, quanto doveva essere depresso per stare un'ora su sta cosa?
Domani chiedo a mia nipote di 4 anni di farla meglio :ghign:
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Fiume in piena

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A me, Buffon è sempre stato simpatico
Quando veniva intervistato, invece, si atteggiava sempre a super brillante, facendo spesso la figura del fesso. Non proprio il massimo della furbizia
E, detto senza avere prove, è andato avanti a giocare fino a 45 anni, non per amore del calcio, ma perchè aveva sbagliato qualche investimento di troppo e doveva recuperare qualche milione di €
 

Toby rosso nero

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Racconta nella biografia come durante la notte i gemiti di Ilaria D'amico si sentissero in tutto il quartiere?

Era uscita nei giornali di gossip tanti anni fa :asd:
 

Milanismo

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Buffon parla al Corriere della Sera della sua autobiografia "Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi":

"Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down.
Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio

Poi accadde anche in campo. Un attacco di panico.
Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita. Era Juve-Reggina, in casa.
Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon.
Lui mi tranquillizzò: 'Gigi, non devi giocare per forza'. Ripresi fiato.
Guardai scaldarsi il secondo portiere, Chimenti, che è un mio carissimo amico.
E pensai che ero davanti a una sliding door, a un passaggio decisivo della mia carriera, della mia vita
Mi dissi: Gigi, se tu non entri in campo stavolta, crei un precedente con te stesso.
Magari ti succederà una seconda volta, e poi un’altra ancora. E non potrai più giocare.
Così entrai in campo. Feci subito una buona parata. Che salvò il risultato, perché poi vincemmo 1-0. Ma il problema rimaneva.
Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci.
Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente.
Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio.
Fu allora che scoprii la pittura.

Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida.
Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola.
Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri.
Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla

Le scommesse è stata una mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno

La cosa è tornata fuori alcune volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve.
Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: 'Se hai fatto qualche *******, dimmelo'. Risposi, con una punta di sadismo: 'Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta'. Qualche giorno dopo venne a dirmi: 'Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu'.
La seconda era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia.
Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti.
Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo.
Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio

Avevo il complesso di non essermi diplomato. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università.
Stavo facendo un massaggio defatigante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così... Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato

Non avevo la minima idea che per qualcuno 88 evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle.
E non avevo la minima idea che “boia chi molla” fosse un motto neofascista. Un giorno l’allenatore del Parma, che era Ulivieri, mi convoca e mi fa trovare un busto di Lenin.

Il Parma si giocava la finale di Coppa Italia, e io avevo insistito perché scendesse in campo il secondo portiere, Guardalben, che aveva disputato tutta la competizione.
Ulivieri mi disse: tu Gigi non sei fascista, sei comunista, perché hai fatto un gesto straordinario per un tuo compagno
Il rigore decisivo di Sheva gli ha distrutto la produzione di serotonina, poco da fare 🤭
 
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