I giocatori di calcio professionisti sono al 90% dei figli di buona donna, senza alcun amor proprio (se non in senso narcisistico), senza alcun senso dell'onore, del dovere, senza alcuna empatia o gratitudine verso allenatori, dirigenti, tifoserie. Possono essere coinvolti in un percorso di disciplina e lavoro serio solo in ambienti fortemente improntati alla cultura del lavoro e la ricerca ossessiva della vittoria (senza citare la solita Juve o il solito Conte, basti ricordare i Milan di Sacchi e Capello in cui vigeva un codice di comportamento quasi draconiano).
Immaginiamo invece quando si trovino a giocare in un club di cui non si conosce la vera proprietà, Im cui i dirigenti sono più impegnati ad abbinare il cappottino di cachemire con le scarpe piuttosto che preoccuparsi di ciò che accade a Milanello, in cui il risultato sportivo non conti nulla ed arrivare terzi o quindicesimi a fine anno sia esattamente lo stesso, in cui siano sempre gli allenatori a fare da capri espiatori in un tourbillon continuo, con uno stipendio doppio rispetto a quanto si meriterebbe per talento e rendimento, in una città conosciuta in tutta Europa come il regno notturno delle tr0ie e della droga, con una tifoseria che esprime il suo malcontento al massimo con venti secondi di fischi al termine della partita.
Quale potrà mai essere il risultato in termini di impegno e disciplina?