La motivazione della UEFA è sottile, ma la sostanza non è difficile da cogliere. Le fideiussioni bancarie da non meno di 160 milioni di euro, a stretto giro, che la UEFA pretendeva per accettare in parte qua la proposta di voluntary agreement, sono strumenti finanziari codificati da un protocollo UEFA, e possono essere rilasciate solo da soggetti bancari riconosciuti da UEFA, ed appartenenti ad un elenco. Il fideiussore, per garantire di proprio l'adempimento dell'obbligo di ripiano dello sbilancio di gestione, deve poter accedere a dati patrimoniali, societari, contabili e fiscali del potenziale garantito, entro tutto il perimetro legale di appartenenza, dal Milan alla capofila della catena di controllo della società, che è una società con sede legale alle Vergini Britanniche, che è assoggettata ad un impenetrabile segreto bancario e societario, blindato dall'ordinamento di quello Stato sovrano. Ad oggi, di quella società è sconosciuto tutto: libro soci, capitale, patrimonio, giacenze liquide. Ne intuiamo le enormi capacità finanziarie, perché da essa sono venuti gli aumenti di capitale per svariate decine di milioni di euro che hanno consentito alla diretta controllata, Rossoneri Sport Hong Kong, di pagare l'ultima tranche del prezzo a Fininvest, e di offrire garanzie finanziarie a pronta cassa alla Rossoneri Champion Luxembourg, da girare a Elliott per staccare quel finanziamento da 303 milioni di euro a cascata sulle sussidiarie Rossoneri Sport Luxembourg, e Milan. Chi c'è dentro? Non solo Yonghong Li, questo è chiaro, perché in tal caso non avrebbe avuto obiettivi motivi di diniego alla disclosure richiesta dalla UEFA. La resistenza a questa disclosure, invero, non è di tipo fiscale, tema che riguarderebbe lo Stato titolato all'esercizio della potestà impositiva alla fonte di quei capitali (Vergini Britanniche, Hong Kong, Cina, Paesi dove Li, o chi per lui, ha interessi), né di repressione di condotte di riciclaggio, che devono essere provate come fatto certo e non meramente presunto, ma di riservatezza contingente della identità dei soci di quella società. E, se dovessimo dedurre conclusioni dalla presenza nel cda del club di una figura come il Direttore Generale di Haixia Capital, Lu Bo, impresa pubblica cinese, tuttora interdetta tout court, quale esercente servizi finanziari, dalla esportazione di fondi detenuti in madrepatria verso l'estero in ragione dei noti blocchi della SAFE del novembre 2016, diremmo che, alla base della m&a del Milan di aprile 2017, è stata posta una operazione finanziaria offshore da parte di ignoti soggetti, tra cui forse Haixia, per garantire il closing introdotto dagli accordi preliminari di Li/SES con Fininvest il 5 agosto dello scorso anno. Una operazione aperta in clima di disclosure da SES e da Haixia allora, e chiusa dalla sussidiaria di SES nell'aprile successivo con capitali di terzi dietro lo schermo della capofila di Tortola. Il tutto, blindato da accordi atti a garantire la privatezza degli ignoti investitori/finanziatori fino a novità normative provenienti da Pechino. Il tutto ha una logica ed un merito dalla parte cinese, ma deve apparire inaccettabile ed opaca per la UEFA, che l'ha rifiutata, segando alla base la proposta contrattuale del Milan.