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Casper Stylsvig, Chief Revenue Officer del Milan intervistato da un canale Youtube:"Casa Milan? Credo che l’edificio sia stato costruito sette anni fa, ma abbiamo costruito queste strutture (gli Studios, ndr) circa un anno e mezzo fa. Qui produciamo tutti i contenuti media".
Cosa comporta il suo ruolo nel club: "Tutto ciò che riguarda le entrate del club, tranne gli accordi che hanno a che fare con la trasmissione televisiva e, ovviamente, la vendita dei giocatori. Quindi, marketing, biglietteria digitale, hospitality, sponsor, vendita al dettaglio ed e-commerce".
Su come dividere gli introiti: "Gli accordi per la trasmissione televisiva sono le maggiori entrate per un club. All’interno dello spazio commerciale vediamo una grande crescita delle partnership, soprattutto negli ultimi tre-quattro anni. Quest’anno abbiamo avuto 100 posti riservati allo stadio, quindi sta diventando importante anche ciò. E poi ultimamente ci stiamo concentrando sulla vendita al dettaglio e sull’e-commerce. Questa è un’area in cui abbiamo triplicato i ricavi: vediamo un grosso interesse nel Milan sotto questo punto di vista".
Sui mercati internazionali: "Siamo uno dei più grandi club in Italia e la crescita che stiamo vedendo è al di fuori dei suoi confini. C’è un grande interesse nei confronti del club, del marchio. Siamo la squadra italiana più seguita negli Stati Uniti e la terza, a livello internazionale, in Cina. Qui c’è una grande economia per il calcio, soprattutto in America (Stati Uniti, Canada e Messico) teatro dei prossimi Mondiali. Qui potremo diventare più rilevanti, non solo sui social media. Come lo facciamo? Ovviamente vincendo: non è la cura a tutto, ma è molto importante. Dopo aver vinto lo scudetto abbiamo visto una grande crescita d’interesse a livello internazionale. Se vogliamo diventare un club da Top 5 dobbiamo crescere internazionalmente, e non solo in Italia. Anche a livello di stadio: una volta costruito bisogna trovare altre entrate per crescere e per questo crediamo che il mercato internazionale sia importante".
Sul coinvolgere i fan distanti: "Se unisci una sorta di intrattenimento alla musica ed allo sport, ottieni un altro tipo di audience. Ed è per questo che abbiamo fatto mosse diverse dagli altri club negli ultimi quattro anni. Quello che abbiamo fatto, per esempio, durante la pandemia (concerto digitale con RocNation), con l’esibizione di alcuni grandi artisti dal loro soggiorno, è un concetto interessante. Così puoi attrarre, come detto prima, un pubblico diverso. È importante distinguersi dagli altri club".
Il Milan è una squadra di calcio o una compagnia di intrattenimento? "Dipende a chi lo chiedi (ride, ndr). Questa è una domanda delicata. Prima di tutto il prodotto è il calcio, ma penso che dobbiamo considerarci anche una compagnia di intrattenimento. Dobbiamo assicurarci che quando le prestazioni sportive non seguono i piani, le persone devono continuare ad intrattenersi. Come dico sempre al team: noi non controlliamo il prodotto sul campo, ma ciò che c’è fuori".
Sui cambi di proprietà: "È un processo stimolante, ma anche di apprendimento. Il modo in cui ho iniziato questo viaggio con Elliott quasi quattro anni fa era concentrarsi sui costi e sulla crescita delle entrate. E non è sempre facile crescere quando non ti è permesso di investire. E non sai quante volte ho partecipato alle riunioni con il board in cui ho cercato di dire che per fare soldi servono soldi. Parli però ad un fondo di investimenti che ha il suo modo di vedere e fare le cose (sorride, ndr). Quindi penso che abbiamo imparato molto, siamo stati molto fortunati ad aver ricevuto il supporto dal consiglio di amministrazione e dalla precedente proprietà per crescere. Ora siamo proprio all'interno di uno di quegli investimenti (gli Studios, ndr). Quello che abbiamo fatto è stato cambiare rotta nel modo giusto, sia fuori che dentro il campo: parliamo di un brand che è stato in declino per un decennio, in campo e fuori dal campo. I ricavi nel 2003 erano allo stesso livello del Real Madrid, ma nei successivi 15 anni siamo rimasti indietro. La fase successiva con RedBird, sarà quella di crescere: dobbiamo investire in più progetti, ma avremo lo stesso approccio avuto con Elliott".
Sul calcio europeo: "La parte interessante del calcio europeo è che storicamente i club siano di proprietà di miliardari locali e che lo facciano per passione. Purtroppo non è un modello sostenibile: i primi due anni qui non eravamo particolarmente apprezzati dai tifosi perché non avevano realizzato il motivo per cui stessimo facendo queste cose. Il mondo del calcio è cambiato: la competizione è difficile, gli stipendi anche. Se mantieni la strategia rimarrai lontano dalla pressione dei fan, dei media o da agenti esterni. Abbiamo cambiato il modo di fare calcio, soprattutto in Italia. Non è stato un ‘viaggio’ facile. Il Milan era un marchio enorme che è stato in declino per un decennio. Nel 2003 il club aveva gli stessi introiti del Real Madrid. E come qualsiasi azienda non si possono perdere 200-300 milioni di euro l’anno. Se dici ai tifosi 'No, non compreremo superstars, ma le creeremo', loro saranno più orgogliosi di fare parte di quest’avventura. Siamo molto orgogliosi di quello che stiamo facendo. Abbiamo la squadra più giovane in Serie A ed una delle più giovani in Champions League. Tutto ciò non sta nascendo dal nulla".
La crescita post-Scudetto: "Abbiamo visto che sul lato della vendita al dettaglio e dell’e-commerce c’è stata una grandissima crescita. Ma penso che la cosa più importante sia mostrare al mondo che la tua strategia sta funzionando bene. Vediamo che c’è più interesse quando sei campione, ma ciò non può accadere tutti gli anni, perché è incerto, quindi devo sapere rimodulare il mio lavoro. Ovviamente dobbiamo cogliere l’occasione, ma se non vinciamo non voglio sentire scuse perché non vendiamo".
Sulle proprietà americane: "Credo sia bello avere un input americano perché c’è una fusione, come ho detto prima, tra intrattenimento e sport. I fan stanno cambiando e dobbiamo provvedere a ciò. E penso che queste risorse siano sottovalutate".
Sulla Super League: "Probabilmente è un progetto che sta ribollendo da molti, molti anni. Non ha mai avuto l’attenzione che aveva un anno e mezzo fa. Penso che ci debba essere un modello in cui i grandi club si impegnano davvero in ciò che la Uefa sta cercando di ottenere. Tornando al discorso, è come se fosse un festival: ci sono i nomi principali e poi quelli secondari. Di solito le persone vanno a vedere, e pagano, per quelli principali. Ma penso che ci debba essere una collaborazione in termini di come dovrebbe apparire in futuro".
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Cosa comporta il suo ruolo nel club: "Tutto ciò che riguarda le entrate del club, tranne gli accordi che hanno a che fare con la trasmissione televisiva e, ovviamente, la vendita dei giocatori. Quindi, marketing, biglietteria digitale, hospitality, sponsor, vendita al dettaglio ed e-commerce".
Su come dividere gli introiti: "Gli accordi per la trasmissione televisiva sono le maggiori entrate per un club. All’interno dello spazio commerciale vediamo una grande crescita delle partnership, soprattutto negli ultimi tre-quattro anni. Quest’anno abbiamo avuto 100 posti riservati allo stadio, quindi sta diventando importante anche ciò. E poi ultimamente ci stiamo concentrando sulla vendita al dettaglio e sull’e-commerce. Questa è un’area in cui abbiamo triplicato i ricavi: vediamo un grosso interesse nel Milan sotto questo punto di vista".
Sui mercati internazionali: "Siamo uno dei più grandi club in Italia e la crescita che stiamo vedendo è al di fuori dei suoi confini. C’è un grande interesse nei confronti del club, del marchio. Siamo la squadra italiana più seguita negli Stati Uniti e la terza, a livello internazionale, in Cina. Qui c’è una grande economia per il calcio, soprattutto in America (Stati Uniti, Canada e Messico) teatro dei prossimi Mondiali. Qui potremo diventare più rilevanti, non solo sui social media. Come lo facciamo? Ovviamente vincendo: non è la cura a tutto, ma è molto importante. Dopo aver vinto lo scudetto abbiamo visto una grande crescita d’interesse a livello internazionale. Se vogliamo diventare un club da Top 5 dobbiamo crescere internazionalmente, e non solo in Italia. Anche a livello di stadio: una volta costruito bisogna trovare altre entrate per crescere e per questo crediamo che il mercato internazionale sia importante".
Sul coinvolgere i fan distanti: "Se unisci una sorta di intrattenimento alla musica ed allo sport, ottieni un altro tipo di audience. Ed è per questo che abbiamo fatto mosse diverse dagli altri club negli ultimi quattro anni. Quello che abbiamo fatto, per esempio, durante la pandemia (concerto digitale con RocNation), con l’esibizione di alcuni grandi artisti dal loro soggiorno, è un concetto interessante. Così puoi attrarre, come detto prima, un pubblico diverso. È importante distinguersi dagli altri club".
Il Milan è una squadra di calcio o una compagnia di intrattenimento? "Dipende a chi lo chiedi (ride, ndr). Questa è una domanda delicata. Prima di tutto il prodotto è il calcio, ma penso che dobbiamo considerarci anche una compagnia di intrattenimento. Dobbiamo assicurarci che quando le prestazioni sportive non seguono i piani, le persone devono continuare ad intrattenersi. Come dico sempre al team: noi non controlliamo il prodotto sul campo, ma ciò che c’è fuori".
Sui cambi di proprietà: "È un processo stimolante, ma anche di apprendimento. Il modo in cui ho iniziato questo viaggio con Elliott quasi quattro anni fa era concentrarsi sui costi e sulla crescita delle entrate. E non è sempre facile crescere quando non ti è permesso di investire. E non sai quante volte ho partecipato alle riunioni con il board in cui ho cercato di dire che per fare soldi servono soldi. Parli però ad un fondo di investimenti che ha il suo modo di vedere e fare le cose (sorride, ndr). Quindi penso che abbiamo imparato molto, siamo stati molto fortunati ad aver ricevuto il supporto dal consiglio di amministrazione e dalla precedente proprietà per crescere. Ora siamo proprio all'interno di uno di quegli investimenti (gli Studios, ndr). Quello che abbiamo fatto è stato cambiare rotta nel modo giusto, sia fuori che dentro il campo: parliamo di un brand che è stato in declino per un decennio, in campo e fuori dal campo. I ricavi nel 2003 erano allo stesso livello del Real Madrid, ma nei successivi 15 anni siamo rimasti indietro. La fase successiva con RedBird, sarà quella di crescere: dobbiamo investire in più progetti, ma avremo lo stesso approccio avuto con Elliott".
Sul calcio europeo: "La parte interessante del calcio europeo è che storicamente i club siano di proprietà di miliardari locali e che lo facciano per passione. Purtroppo non è un modello sostenibile: i primi due anni qui non eravamo particolarmente apprezzati dai tifosi perché non avevano realizzato il motivo per cui stessimo facendo queste cose. Il mondo del calcio è cambiato: la competizione è difficile, gli stipendi anche. Se mantieni la strategia rimarrai lontano dalla pressione dei fan, dei media o da agenti esterni. Abbiamo cambiato il modo di fare calcio, soprattutto in Italia. Non è stato un ‘viaggio’ facile. Il Milan era un marchio enorme che è stato in declino per un decennio. Nel 2003 il club aveva gli stessi introiti del Real Madrid. E come qualsiasi azienda non si possono perdere 200-300 milioni di euro l’anno. Se dici ai tifosi 'No, non compreremo superstars, ma le creeremo', loro saranno più orgogliosi di fare parte di quest’avventura. Siamo molto orgogliosi di quello che stiamo facendo. Abbiamo la squadra più giovane in Serie A ed una delle più giovani in Champions League. Tutto ciò non sta nascendo dal nulla".
La crescita post-Scudetto: "Abbiamo visto che sul lato della vendita al dettaglio e dell’e-commerce c’è stata una grandissima crescita. Ma penso che la cosa più importante sia mostrare al mondo che la tua strategia sta funzionando bene. Vediamo che c’è più interesse quando sei campione, ma ciò non può accadere tutti gli anni, perché è incerto, quindi devo sapere rimodulare il mio lavoro. Ovviamente dobbiamo cogliere l’occasione, ma se non vinciamo non voglio sentire scuse perché non vendiamo".
Sulle proprietà americane: "Credo sia bello avere un input americano perché c’è una fusione, come ho detto prima, tra intrattenimento e sport. I fan stanno cambiando e dobbiamo provvedere a ciò. E penso che queste risorse siano sottovalutate".
Sulla Super League: "Probabilmente è un progetto che sta ribollendo da molti, molti anni. Non ha mai avuto l’attenzione che aveva un anno e mezzo fa. Penso che ci debba essere un modello in cui i grandi club si impegnano davvero in ciò che la Uefa sta cercando di ottenere. Tornando al discorso, è come se fosse un festival: ci sono i nomi principali e poi quelli secondari. Di solito le persone vanno a vedere, e pagano, per quelli principali. Ma penso che ci debba essere una collaborazione in termini di come dovrebbe apparire in futuro".
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