- Registrato
- 21 Febbraio 2019
- Messaggi
- 40,715
- Reaction score
- 14,202
Tuttosport riporta il modello NBA che porterà a ripartire a giugno:
LE MOSSE DELLA LEGA - La NBA ha reagito al Covid-19 in tempi rapidi. Tutto fermo al primo positivo, a metà marzo. Lo sgomento è durato poco, perché il 17 aprile la Lega e la Players Union (il sindacato giocatori) firmano l'accordo per decurtare del 25% gli stipendi a partire dal 15 maggio. L'accordo assomiglia a quello che ha trovato la Juventus, singolarmente, con i suoi giocatori: se la regular season venisse cancellata, ripartendo direttamente dai play-off, il taglio sarebbe del 40% e potrebbe toccare il miliardo di dollari nel caso fosse cancellata del tutto. Messo in sicurezza economica il sistema, con grande senso di responsabilità degli attori principali, il meccanismo ha provato a trovare un modo per tornare in campo.
IL RISCHIO E' DEI GIOCATORI - Il concetto da cui si è partiti è che non può esistere il rischio zero. E che, quindi, tutto dipende dai giocatori che devono assumerselo da iperprofessionisti e iperpagati. Ognuno scende in campo consapevole e scaricando chiunque dalla responsabilità di un eventuale contagio, trattato sostanzialmente come un infortunio.
I BIG IN VIDEOCONFERENZA - Così un bel giorno, i giocatori più importanti e rappresentativi si sono ritrovati in videoconferenza e hanno discusso l'argomento. C'erano Lebron James, Stephen Curry, Chris Paul, Anthony Davis, Kevin Durant, Giannis Antekounmpo, Kawhi Leonard, Damian Lillard e Russel Westbrook. Una specie di All Star Game ma senza pallone. E da quella riunione sono emersi molti dei punti tecnici del loro protocollo che quindi non è stato imposto dall'alto, ma è nato da una concertazione in cui i protagonisti sono stati coinvolti ai massimi livelli (e il sindacato giocatori ha, oltretutto, raccolto il voto di ogni singolo membro sulla ripartenza).
LE DECISIONI - Così adesso è tutto in discesa. Molto probabilmente si giocherà in due o tre arene e non in tutte le 19, per limitare i viaggi e per organizzarle in modalità antivirus (si parla di Las Vegas per la West Conference e Orlando per la East) come possibili location (già usate per la Summer League estiva). Ma ovviamente il nocciolo per la sicurezza di tutti saranno i tamponi: la NBA potrebbe utilizzarne (e pagare ovviamente) circa 15mila per finire la stagione, un numero notevole, che - fanno sapere Lega e giocatori - non deve essere sottratto dalla disponibilità di persone che ne hanno più bisogno. Un concetto, quest'ultimo, un po' vago (non si sa infatti quanti tamponi esistono e quindi come si possa stabilire che non siano sottratti alla collettività), ma che dà una verniciatina etica sempre apprezzata in un Paese dove la buona fede è un valore fondante.
MORALE - Risultato finale: la NBA è pronta a ripartire, a fabbricare lo spettacolo che un miliardo e mezzo di persone seguono in tutto il mondo e a produrre ricchezza (non solo per i giocatori). Chi ci guadagna? Tutti: la Lega, i giocatori, i proprietari, gli spettatori. Chi ci perde? Nessuno. Chi rischia? Quelli che guadagnano di più (i giocatori), ma in misura sostanzialmente risibile
LE MOSSE DELLA LEGA - La NBA ha reagito al Covid-19 in tempi rapidi. Tutto fermo al primo positivo, a metà marzo. Lo sgomento è durato poco, perché il 17 aprile la Lega e la Players Union (il sindacato giocatori) firmano l'accordo per decurtare del 25% gli stipendi a partire dal 15 maggio. L'accordo assomiglia a quello che ha trovato la Juventus, singolarmente, con i suoi giocatori: se la regular season venisse cancellata, ripartendo direttamente dai play-off, il taglio sarebbe del 40% e potrebbe toccare il miliardo di dollari nel caso fosse cancellata del tutto. Messo in sicurezza economica il sistema, con grande senso di responsabilità degli attori principali, il meccanismo ha provato a trovare un modo per tornare in campo.
IL RISCHIO E' DEI GIOCATORI - Il concetto da cui si è partiti è che non può esistere il rischio zero. E che, quindi, tutto dipende dai giocatori che devono assumerselo da iperprofessionisti e iperpagati. Ognuno scende in campo consapevole e scaricando chiunque dalla responsabilità di un eventuale contagio, trattato sostanzialmente come un infortunio.
I BIG IN VIDEOCONFERENZA - Così un bel giorno, i giocatori più importanti e rappresentativi si sono ritrovati in videoconferenza e hanno discusso l'argomento. C'erano Lebron James, Stephen Curry, Chris Paul, Anthony Davis, Kevin Durant, Giannis Antekounmpo, Kawhi Leonard, Damian Lillard e Russel Westbrook. Una specie di All Star Game ma senza pallone. E da quella riunione sono emersi molti dei punti tecnici del loro protocollo che quindi non è stato imposto dall'alto, ma è nato da una concertazione in cui i protagonisti sono stati coinvolti ai massimi livelli (e il sindacato giocatori ha, oltretutto, raccolto il voto di ogni singolo membro sulla ripartenza).
LE DECISIONI - Così adesso è tutto in discesa. Molto probabilmente si giocherà in due o tre arene e non in tutte le 19, per limitare i viaggi e per organizzarle in modalità antivirus (si parla di Las Vegas per la West Conference e Orlando per la East) come possibili location (già usate per la Summer League estiva). Ma ovviamente il nocciolo per la sicurezza di tutti saranno i tamponi: la NBA potrebbe utilizzarne (e pagare ovviamente) circa 15mila per finire la stagione, un numero notevole, che - fanno sapere Lega e giocatori - non deve essere sottratto dalla disponibilità di persone che ne hanno più bisogno. Un concetto, quest'ultimo, un po' vago (non si sa infatti quanti tamponi esistono e quindi come si possa stabilire che non siano sottratti alla collettività), ma che dà una verniciatina etica sempre apprezzata in un Paese dove la buona fede è un valore fondante.
MORALE - Risultato finale: la NBA è pronta a ripartire, a fabbricare lo spettacolo che un miliardo e mezzo di persone seguono in tutto il mondo e a produrre ricchezza (non solo per i giocatori). Chi ci guadagna? Tutti: la Lega, i giocatori, i proprietari, gli spettatori. Chi ci perde? Nessuno. Chi rischia? Quelli che guadagnano di più (i giocatori), ma in misura sostanzialmente risibile