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Remuzzi:"Tarro il più grande. La politica ci limita ma...".
Giuseppe Remuzzi, scienziato di fama mondiale (e tra i più influenti al mondo secondo la Thomson Reuters) intervistato dal CorSera, senza giri di parole sulla situazione Covid-19 in Italia e nel mondo, sulla verità indirizzata dalla politica e sulla figura di Giulio Tarro, considerato dallo stesso Remuzzi "Il migliore in Italia". Nonostante le campagne portate avanti da colleghi e giornali contro il virologo napoletano, che è stato anche censurato da Amazon (QUI https://www.milanworld.net/amazon-censura-tarro-libro-bloccato-sullo-store-vt90971.html )
"Dobbiamo preoccuparci del paese in cui andiamo in vacanza? Sì".
Si continua a leggere e sentire che il virus è «più debole».
«La malattia adesso non c’è, o almeno non c’è in forma grave in Lombardia e in Italia. Ma ci si può ammalare in modo più serio se si va all’estero. Direi che in questo momento Australia, Bangladesh, Africa, Stati Uniti e forse anche Balcani, sono territori in cui si rischia».
Quindi non c’è o è più debole?
«Ragionamento complesso. Il coronavirus muta. Per esempio Science ha rilevato la modifica di un amminoacido e un incremento delle punte sulla corona del virus, che servono ad attaccarsi ai ricettori delle cellule umane. Quindi per certi aspetti il virus è più forte, cambia di continuo».
La preoccupazione deve restare.
«Dipende. Il coronavirus “attacca” di più, ma questo non significa che si debba manifestare, per forza, con una malattia più grave. Prendiamo i nuovi positivi a Bergamo e in Lombardia: la carica virale è molto bassa, difficile che siano contagiosi davvero, e dobbiamo capire perché. Forse perché è cambiato il contesto, perché tutti usano la mascherina e le precauzioni, come non avveniva a metà febbraio, quando si era impreparati rispetto a un virus che, mi sembra ormai verosimile, circolava credo da metà dicembre. Lo possiamo dedurre dalla presenza di anticorpi già a gennaio,che retrodata ulteriormente la presenza del Covid. O forse il fattore non è il contesto esterno, dipende».
Sta dicendo chiaramente che qui, a Bergamo e Milano, oggi possiamo stare tranquilli. Altrove meno.
«In certe aree geografiche il carico della malattia è stato pesante, e non si capisce ancora perché. Come in Val Seriana. La densità abitativa, forse, potrebbe essere un fattore. In Francia, per esempio, l’area più colpita è quella metropolitana di Parigi, non il resto del territorio. Giulio Tarro, che ritengo il più grande esperto di virus in Italia, dice per esempio che le cose nel nostro Paese stanno andando bene e che a ottobre non ci sarà nessuna vera emergenza».
Messaggio forse fin troppo tranquillizzante.
«Gli scienziati devono fare gli scienziati e dire la verità. Di tanto in tanto arriva qualche segnale dalla politica, che chiede di non lanciare certi messaggi. Ma ripeto, chi fa il virologo, chi studia e fa ricerca, deve dire le cose come stanno».
Non sarà così in tutto il mondo.
«Al momento sicuramente no. Possiamo dire che nei paesi dove l’epidemia è partita tardi rispetto alla Cina, o rispetto a Bergamo e l’Italia, ci sono più rischi di riscontrare e contrarre forme più pesanti di malattia, per tornare alla domanda sugli eventuali viaggi di quest’estate. Bisogna essere prudenti e sapere che il coronavirus circolerà nel mondo per altri due o tre anni, con forme e cariche virali diverse».
Quindi occhio agli assembramenti e alle regole per proteggersi, sempre e ovunque.
«I dispositivi di protezione e il distanziamento sempre, ma non ci sono molte certezze proprio sull’atteggiamento del virus. Prendiamo la manifestazione di massa a Minneapolis per George Floyd, o i festeggiamenti contestati, per la Coppa Italia a Napoli. Sono passate settimane, non si sono registrate conseguenze né sulla diffusione del contagio né sulla gravità dei sintomi che si manifestano in quelle aree».
Come procedono, intanto, gli studi per capire, se non battere, il coronavirus?
«Gli sforzi in questa fase servono per capire davvero quali sono le persone in grado di infettare di più gli altri, con che caratteristiche e in che quantità. È stato rilevato, inoltre, che c’è anche un’immunità che si sviluppa dai linfociti e non solo dalle immunoglobuline. E quindi sembrano esserci componenti genetiche che espongono di più alla possibilità di avere manifestazioni gravi. E in aggiunta sembra anche esserci una maggiore predisposizione a sviluppare un’insufficienza respiratoria in base ai gruppi sanguigni. Il gruppo A con maggiore predisposizione, Zero invece più protettivo: ma non vuol dire che tutte le persone con gruppo A debbano ammalarsi gravemente. Stiamo parlando di probabilità».
Come procede la sperimentazione con la Brembo sui test sierologici rapidi?
«Abbiamo messo a punto test del tutto sovrapponibili agli altri. Ora va definito il tutto e poi invieremo i documenti per una pubblicazione. Ma funzionano».
Giuseppe Remuzzi, scienziato di fama mondiale (e tra i più influenti al mondo secondo la Thomson Reuters) intervistato dal CorSera, senza giri di parole sulla situazione Covid-19 in Italia e nel mondo, sulla verità indirizzata dalla politica e sulla figura di Giulio Tarro, considerato dallo stesso Remuzzi "Il migliore in Italia". Nonostante le campagne portate avanti da colleghi e giornali contro il virologo napoletano, che è stato anche censurato da Amazon (QUI https://www.milanworld.net/amazon-censura-tarro-libro-bloccato-sullo-store-vt90971.html )
"Dobbiamo preoccuparci del paese in cui andiamo in vacanza? Sì".
Si continua a leggere e sentire che il virus è «più debole».
«La malattia adesso non c’è, o almeno non c’è in forma grave in Lombardia e in Italia. Ma ci si può ammalare in modo più serio se si va all’estero. Direi che in questo momento Australia, Bangladesh, Africa, Stati Uniti e forse anche Balcani, sono territori in cui si rischia».
Quindi non c’è o è più debole?
«Ragionamento complesso. Il coronavirus muta. Per esempio Science ha rilevato la modifica di un amminoacido e un incremento delle punte sulla corona del virus, che servono ad attaccarsi ai ricettori delle cellule umane. Quindi per certi aspetti il virus è più forte, cambia di continuo».
La preoccupazione deve restare.
«Dipende. Il coronavirus “attacca” di più, ma questo non significa che si debba manifestare, per forza, con una malattia più grave. Prendiamo i nuovi positivi a Bergamo e in Lombardia: la carica virale è molto bassa, difficile che siano contagiosi davvero, e dobbiamo capire perché. Forse perché è cambiato il contesto, perché tutti usano la mascherina e le precauzioni, come non avveniva a metà febbraio, quando si era impreparati rispetto a un virus che, mi sembra ormai verosimile, circolava credo da metà dicembre. Lo possiamo dedurre dalla presenza di anticorpi già a gennaio,che retrodata ulteriormente la presenza del Covid. O forse il fattore non è il contesto esterno, dipende».
Sta dicendo chiaramente che qui, a Bergamo e Milano, oggi possiamo stare tranquilli. Altrove meno.
«In certe aree geografiche il carico della malattia è stato pesante, e non si capisce ancora perché. Come in Val Seriana. La densità abitativa, forse, potrebbe essere un fattore. In Francia, per esempio, l’area più colpita è quella metropolitana di Parigi, non il resto del territorio. Giulio Tarro, che ritengo il più grande esperto di virus in Italia, dice per esempio che le cose nel nostro Paese stanno andando bene e che a ottobre non ci sarà nessuna vera emergenza».
Messaggio forse fin troppo tranquillizzante.
«Gli scienziati devono fare gli scienziati e dire la verità. Di tanto in tanto arriva qualche segnale dalla politica, che chiede di non lanciare certi messaggi. Ma ripeto, chi fa il virologo, chi studia e fa ricerca, deve dire le cose come stanno».
Non sarà così in tutto il mondo.
«Al momento sicuramente no. Possiamo dire che nei paesi dove l’epidemia è partita tardi rispetto alla Cina, o rispetto a Bergamo e l’Italia, ci sono più rischi di riscontrare e contrarre forme più pesanti di malattia, per tornare alla domanda sugli eventuali viaggi di quest’estate. Bisogna essere prudenti e sapere che il coronavirus circolerà nel mondo per altri due o tre anni, con forme e cariche virali diverse».
Quindi occhio agli assembramenti e alle regole per proteggersi, sempre e ovunque.
«I dispositivi di protezione e il distanziamento sempre, ma non ci sono molte certezze proprio sull’atteggiamento del virus. Prendiamo la manifestazione di massa a Minneapolis per George Floyd, o i festeggiamenti contestati, per la Coppa Italia a Napoli. Sono passate settimane, non si sono registrate conseguenze né sulla diffusione del contagio né sulla gravità dei sintomi che si manifestano in quelle aree».
Come procedono, intanto, gli studi per capire, se non battere, il coronavirus?
«Gli sforzi in questa fase servono per capire davvero quali sono le persone in grado di infettare di più gli altri, con che caratteristiche e in che quantità. È stato rilevato, inoltre, che c’è anche un’immunità che si sviluppa dai linfociti e non solo dalle immunoglobuline. E quindi sembrano esserci componenti genetiche che espongono di più alla possibilità di avere manifestazioni gravi. E in aggiunta sembra anche esserci una maggiore predisposizione a sviluppare un’insufficienza respiratoria in base ai gruppi sanguigni. Il gruppo A con maggiore predisposizione, Zero invece più protettivo: ma non vuol dire che tutte le persone con gruppo A debbano ammalarsi gravemente. Stiamo parlando di probabilità».
Come procede la sperimentazione con la Brembo sui test sierologici rapidi?
«Abbiamo messo a punto test del tutto sovrapponibili agli altri. Ora va definito il tutto e poi invieremo i documenti per una pubblicazione. Ma funzionano».