Reijnders:"No al Barça. Voglio seconda stella".

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Il solito Reijnders alla solita intervista ormai divenuta giornaliera. Oggi, al CorSera in edicola e di seguito anche a Tuttosport.

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Reijnders a Tuttosport:

Papà Martin calciatore. E tifoso. Da qui la scelta dello sport e l’origine del nome. Reijnders si chiama Tijjani come Babangida, attaccante nigeriano che fece grande l’Ajax di fine secondo millennio, Ora tocca al centrocampista fare grande il Milan di oggi, riannodando il filo conduttore della grande tradizione olandese in rossonero: «Ne sono fiero, sin da quando sono venuto qui e ho firmato il contratto. E anche ora quando sono in campo e indosso la maglia. Vedi il livello degli olandesi in rossonero e quanto è grande il club: giocare nel Milan è come realizzare un sogno d’infanzia».


Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

Il prossimo viaggio dei sogni?
«Probabilmente le Maldive».

E l’Indonesia, terra di origine della mamma?
«Non ci sono mai stato, ma è uno dei viaggi che voglio fare».
 

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Tutto ciò è semplicemente impressionante.

Speriamo bene per domenica, ma so già come andrà a finire.
 

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Papà Martin calciatore. E tifoso. Da qui la scelta dello sport e l’origine del nome. Reijnders si chiama Tijjani come Babangida, attaccante nigeriano che fece grande l’Ajax di fine secondo millennio, Ora tocca al centrocampista fare grande il Milan di oggi, riannodando il filo conduttore della grande tradizione olandese in rossonero: «Ne sono fiero, sin da quando sono venuto qui e ho firmato il contratto. E anche ora quando sono in campo e indosso la maglia. Vedi il livello degli olandesi in rossonero e quanto è grande il club: giocare nel Milan è come realizzare un sogno d’infanzia».


Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

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«Probabilmente le Maldive».

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Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

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Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

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Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

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«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

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«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

Il prossimo viaggio dei sogni?
«Probabilmente le Maldive».

E l’Indonesia, terra di origine della mamma?
«Non ci sono mai stato, ma è uno dei viaggi che voglio fare».
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Il solito Reijnders alla solita intervista ormai divenuta giornaliera. Oggi, al CorSera in edicola e di seguito anche a Tuttosport.

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Reijnders a Tuttosport:

Papà Martin calciatore. E tifoso. Da qui la scelta dello sport e l’origine del nome. Reijnders si chiama Tijjani come Babangida, attaccante nigeriano che fece grande l’Ajax di fine secondo millennio, Ora tocca al centrocampista fare grande il Milan di oggi, riannodando il filo conduttore della grande tradizione olandese in rossonero: «Ne sono fiero, sin da quando sono venuto qui e ho firmato il contratto. E anche ora quando sono in campo e indosso la maglia. Vedi il livello degli olandesi in rossonero e quanto è grande il club: giocare nel Milan è come realizzare un sogno d’infanzia».


Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

Il prossimo viaggio dei sogni?
«Probabilmente le Maldive».

E l’Indonesia, terra di origine della mamma?
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Papà Martin calciatore. E tifoso. Da qui la scelta dello sport e l’origine del nome. Reijnders si chiama Tijjani come Babangida, attaccante nigeriano che fece grande l’Ajax di fine secondo millennio, Ora tocca al centrocampista fare grande il Milan di oggi, riannodando il filo conduttore della grande tradizione olandese in rossonero: «Ne sono fiero, sin da quando sono venuto qui e ho firmato il contratto. E anche ora quando sono in campo e indosso la maglia. Vedi il livello degli olandesi in rossonero e quanto è grande il club: giocare nel Milan è come realizzare un sogno d’infanzia».


Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

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«Probabilmente le Maldive».

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«Non ci sono mai stato, ma è uno dei viaggi che voglio fare».
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Il solito Reijnders alla solita intervista ormai divenuta giornaliera. Oggi, al CorSera in edicola e di seguito anche a Tuttosport.

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Papà Martin calciatore. E tifoso. Da qui la scelta dello sport e l’origine del nome. Reijnders si chiama Tijjani come Babangida, attaccante nigeriano che fece grande l’Ajax di fine secondo millennio, Ora tocca al centrocampista fare grande il Milan di oggi, riannodando il filo conduttore della grande tradizione olandese in rossonero: «Ne sono fiero, sin da quando sono venuto qui e ho firmato il contratto. E anche ora quando sono in campo e indosso la maglia. Vedi il livello degli olandesi in rossonero e quanto è grande il club: giocare nel Milan è come realizzare un sogno d’infanzia».


Dall’Az al Milan, quali differenze ha notato?
«Un club molto più grande e tifosi in Italia molto affiatati: mi piace molto, l’amore che ricevi dai fan è il top. Gioco in uno dei migliori club del mondo. Ad Alkmaar diventare campioni d’Olanda è una aspirazione, qui devi vincere lo scudetto e senti di più la pressione. All’Az puntavano sullo sviluppo del giocatore, qui devi esserci al 100% perché si aspettano di più da te».

Ha parlato di scudetto: è l’obiettivo?
«Sicuramente: vincerlo per ottenere la seconda stella del club, so quanto sia importante per la società e per i tifosi. Sarebbe bellissimo avere un ruolo in questa stagione».

Senza dimenticare la Champions.
«Settimana importante: mercoledì il Psg e domenica prossima il Napoli. È uno dei momenti più importanti dell’annata. Ci servono soprattutto i 3 punti in Europa. La Champions è un altro sogno, sono al Milan per questo. Vogliamo arrivare il più lontano possibile».

Domenica c’è la Juventus sulla vostra strada.
«Ci abbiamo giocato contro nel pre-stagione, grande squadra e buoni giocatori. Le toglierei Vlahovic, se potessi, ma anche Kean. E a centrocampo sono bravi, ho affrontato Rabiot e McKennie. Hanno qualità, ma pure noi... Abbiamo molta fiducia».

Quasi 100 giorni a Milano: qual è la sua impressione?
«Una bella città, mi piace la cultura, il cibo è buono. La pasta, soprattutto, con il pomodoro, semplice e molto buona. C’è un sacco di ottimi ristoranti. Il traffico è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio qualche volta, ma è così».

Altro che le bici in Olanda...
«La maggior parte delle volte usavo l’auto per andare ad allenarmi, ma ci sono davvero molte più bici che qui».

Come è arrivato il sì al Milan?
«Prima mi hanno detto che era interessato a me, ero però titubante. Non si sa mai. Poi ho ricevuto la chiamata di Moncada e di Pioli: fu così impressionante che ho pensato “sì, devo andare diretto al Milan”. Ho subito avuto un buon presentimento. C’erano altri club (Barcellona, ndi) ma il Milan è andato al primo posto anche per il ruolo. Mi hanno spiegato come volevano che io giocassi, era la soluzione migliore per me. Mi piace aiutare la squadra a creare opportunità, però anche la difesa è molto importante. In Italia devi essere sveglio, è importante difendere e attaccare. Devi essere uno completo».

Come era Rijkaard...
«Lui era più difensivo, a me piace buttarmi in area (fa il gesto box-to-box con le mani, ndi). Nel futuro non mi vedo al centro della difesa come lui, ma è stato un giocatore incredibile. Sono ancora molto lontano dal suo livello, un giorno chissà?».

Come vive l’ambiente Milan?
«Mi piace molto, anche se a volte è difficile per via della lingua. Sto imparando l’italiano, guardando i film e prendendo lezioni. Mi sento in confidenza con Pioli, lo staff e i compagni, come Loftus-Cheek dentro e fuori del campo. Mi sento molto a casa».

Milano vuol dire anche derby, quell’1-5...
«Vivo ancora una brutta sensazione, proveremo a prenderci la rivincita al ritorno. Dopo quella partita abbiamo fatto un ottimo lavoro ed è per questo che siamo in testa».

Ha saltato l’ultima partita di campionato il 22 gennaio 2022, Az-Cambuur. Poi 59 gare di seguito da titolare, quasi sempre per 90’. Non si stanca mai?

«Sono in forma. Amo giocare a calcio, mentalmente e fisicamente sto bene. Fortunatamente ho una moglie, Marina, che si prende cura di me a casa, quindi non mi devo preoccupare di niente».

La scorsa stagione c’è stato il cambio di passo decisivo nell’Az, sempre titolare. Che cosa è successo?
«Il tecnico Jansen mi ha dato fiducia, giocavo a due in mezzo con Clasie: controllavamo bene il campo, eravamo molto solidi. Titolari in ogni partita».

La prima Nazionale a settembre, le ultime due da titolare. Ha influito il Milan?
«Sicuramente sono migliorato molto in Italia, diventando un centrocampista più completo. All’inizio non ero uno che rientrava molto, qui l’ho capito. In questo senso il Milan mi ha reso un centrocampista più completo, però penso che non si possa migliorare drasticamente in 2-3 mesi. Forse hanno aspettato un po’ troppo, ma ora sono finalmente arrivato dove volevo. Ho aspettato, è vero, comunque tutto ha un senso e sono molto fiero di giocare per l’Olanda».

Ha avvertito differenze tra Serie A ed Eredivisie?
«La Serie A è fisicamente più impegnativa, mi piace. E la difesa difensiva avversaria è più tecnica, giocano la palla».

Papà Martin, quasi 200 presenze da attaccante nello Zwolle, quanto è stato importante per lei ed Eliano, suo fratello minore, centrocampista proprio nello Zwolle?
«Lo abbiamo sempre visto come il nostro allenatore personale. Aveva una scuola calcio dove allenava anche altri bambini, noi ci esercitavamo nella tecnica e in altre cose. Eravamo sempre lì. Dopo una partita analizzavamo insieme che cosa avremmo potuto fare meglio e che cosa invece avevamo fatto bene».

Ma è vero che vi dava soldi per farvi tirare in porta?
«Vero. All’inizio non cercavo molto la conclusione e allora mi ha detto: “Se vuoi che le persone ti riconoscano devi tirare in porta e presentarti da solo”. Mi dava 50 euro se tiravo almeno due volte in porta, altrimenti glieli davo io. Non è durata molto, non voleva più darmi soldi...».

Chi sono stati gli idoli, da tifoso e da calciatore?
«Quando ero giovane, inizialmente Ronaldinho. E poi Messi. Ma, se penso a me, devo dire Iniesta».

E Babangida?
«È venuto prima di me, non l’ho mai conosciuto. Non ho giocato all’Ajax e lui era dell’Ajax. Quando ero più giovane ho chiesto ai miei genitori come gli era venuta l’idea per il mio nome e papà mi ha spiegato il motivo. Allora ho guardato su Youtube che tipo di giocatore fosse».

Passioni nella vita?
«Mi piace il paddle e mi molto piace viaggiare durante le vacanze. Andare in posti come il Messico oppure esotici e non proprio turistici come la Tanzania. Voglio scoprire le bellezze del mondo, comprese quelle più nascoste. In Italia sono andato solo a Como, sul lago. Siamo molto impegnati, il tempo disponibile è poco».

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