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Fabio Ravezzani dalle colonne di Tuttosport in edicola oggi, 6 febbraio su Ibra
Si fa presto a dire Ibra, già, ma dopo Ibra cosa c’è? Nel senso che i tifosi del Milan si domandano inquieti quale sia l’alternativa allo svedese quando il classico raffreddore lo blocca. I risulta- ti si sono visti già domenica scorsa contro il Verona. L’assenza di un centravanti, anche uno da poco, anche vecchiotto o senza pedigree magari, è stata devastante. Ibra ha un fastidio al polpaccio, ammette lo stesso Milan. E la domanda diventa ancora più attuale: dovesse mai avere un problema più serio, il bomber chi sarebbe? Non Leao, che ha segnato due reti in mille minuti di gioco (una, per giunta, frutto di autogol). Nemmeno Rebic, probabilmente: uno che sembrava doversene andare a gennaio salvo poi risorgere improvvisamente. Ma in area ci va poco e in genere partendo dall’esterno. Insomma, si doveva pensare all’alternativa a Ibra e probabilmente questo è anche avvenuto. Ma poi, il nulla. E proprio qui sta il punto. Il Milan che per anni ha ragionato in grande e riscosso in piccolo sul tema centravanti (Bacca, Kalinic, Silva, Higuain, Piatek) ha evidentemente deciso che non valeva la pena di correre un’altra avventura per i restanti 4 mesi della stagione. E, probabilmente, è stato giusto così. Valeva davvero la pena di spendere 20 milioni (più ingaggio) per un Petagna e lasciarlo spesso in panchina? Ammettiamolo: la stagione è ampiamente compromessa, la zona Champions una chimera a meno di imprevedibili miracoli. E a che servirebbe andare in Europa League con un bilancio ancora compromesso da operazioni last minute, magari a caro prezzo? Tanto vale non prendere nessuno e incrociare le dita. Visto che arrivare quinti o noni non cambierà sensibilmente la vita, for- se comprare a tutti i costi sarebbe stato effettivamente un errore.
Ma questo argomento e la relativa strategia fu- tura rappresenta la scelta esiziale da cui dipenderà il futuro del club. Dimenticata la folle sbornia di mercato del 2017, archiviate le disastrose correzioni tentate nell’estate-inverno della scorsa stagione, la vera domanda oggi non è perché manchi il centravanti di riserva (unica squadra in A). Piuttosto la domanda è: quali saran- no gli spazi di manovra per la prossima estate? E non si parla solo di centravanti. Il semplicisti- co piano enunciato da Gazidis un anno e mezzo fa è chiaramente fallito. L’illusione di acquistare giovani promettenti, vincere e rivenderne qualcuno per aggiustare il bilancio, è già naufragato. Perché se non vinci, non valorizzi. Oggi solo Hernandez risponde a queste caratteristi- che. Potrebbe valere 30 milioni contro i 20 pagati. Ma con un Milan lontano dall’Europa e dal vertice della classifica, siamo certi che non finirebbe per essere valutato più o meno quanto Lazzari? Cioè una ventina di milioni? E che dire di Leao (28) e Duarte (10)? Altro che plusvalenze, si rischia di perdere soldi, e parecchi. Molte sono le incognite per il Milan che tornerà sul mercato a giugno: e purtroppo l’unica certezza è che dovrà essere sacrificato almeno uno dei migliori (Donnarumma?) per poi cercare un attaccante di spessore. Non tanto perché la proprietà si sia stancata di investire, quanto per- ché le regole del fair play finanziario imporranno plusvalenze. Certo, i 30 milioni dell’ultimo mercato (sperando negli altri 20 non garantiti di Suso) hanno risolto parecchi problemi e rimesso un po’ in sesto il bilancio. Ma è evidente che non sarà più rinviabile trovare un centravanti «da Milan» dopo ani di errori quasi inspiegabili. Certo, i tifosi sognano l’erede di Van Basten. Più modestamente, credo dovranno accontentarsi di uno alla Ganz. Sempre che la scommessa Ibra non venga ripetuta sic et simpliciter anche per la prossima stagione. Ma la situazione sarà ancor più delicata: 39 anni lui, il polpaccio da tenere d’occhio e soprattutto il divieto assoluto di prendersi anche solo un raffreddore. Auguri.
Si fa presto a dire Ibra, già, ma dopo Ibra cosa c’è? Nel senso che i tifosi del Milan si domandano inquieti quale sia l’alternativa allo svedese quando il classico raffreddore lo blocca. I risulta- ti si sono visti già domenica scorsa contro il Verona. L’assenza di un centravanti, anche uno da poco, anche vecchiotto o senza pedigree magari, è stata devastante. Ibra ha un fastidio al polpaccio, ammette lo stesso Milan. E la domanda diventa ancora più attuale: dovesse mai avere un problema più serio, il bomber chi sarebbe? Non Leao, che ha segnato due reti in mille minuti di gioco (una, per giunta, frutto di autogol). Nemmeno Rebic, probabilmente: uno che sembrava doversene andare a gennaio salvo poi risorgere improvvisamente. Ma in area ci va poco e in genere partendo dall’esterno. Insomma, si doveva pensare all’alternativa a Ibra e probabilmente questo è anche avvenuto. Ma poi, il nulla. E proprio qui sta il punto. Il Milan che per anni ha ragionato in grande e riscosso in piccolo sul tema centravanti (Bacca, Kalinic, Silva, Higuain, Piatek) ha evidentemente deciso che non valeva la pena di correre un’altra avventura per i restanti 4 mesi della stagione. E, probabilmente, è stato giusto così. Valeva davvero la pena di spendere 20 milioni (più ingaggio) per un Petagna e lasciarlo spesso in panchina? Ammettiamolo: la stagione è ampiamente compromessa, la zona Champions una chimera a meno di imprevedibili miracoli. E a che servirebbe andare in Europa League con un bilancio ancora compromesso da operazioni last minute, magari a caro prezzo? Tanto vale non prendere nessuno e incrociare le dita. Visto che arrivare quinti o noni non cambierà sensibilmente la vita, for- se comprare a tutti i costi sarebbe stato effettivamente un errore.
Ma questo argomento e la relativa strategia fu- tura rappresenta la scelta esiziale da cui dipenderà il futuro del club. Dimenticata la folle sbornia di mercato del 2017, archiviate le disastrose correzioni tentate nell’estate-inverno della scorsa stagione, la vera domanda oggi non è perché manchi il centravanti di riserva (unica squadra in A). Piuttosto la domanda è: quali saran- no gli spazi di manovra per la prossima estate? E non si parla solo di centravanti. Il semplicisti- co piano enunciato da Gazidis un anno e mezzo fa è chiaramente fallito. L’illusione di acquistare giovani promettenti, vincere e rivenderne qualcuno per aggiustare il bilancio, è già naufragato. Perché se non vinci, non valorizzi. Oggi solo Hernandez risponde a queste caratteristi- che. Potrebbe valere 30 milioni contro i 20 pagati. Ma con un Milan lontano dall’Europa e dal vertice della classifica, siamo certi che non finirebbe per essere valutato più o meno quanto Lazzari? Cioè una ventina di milioni? E che dire di Leao (28) e Duarte (10)? Altro che plusvalenze, si rischia di perdere soldi, e parecchi. Molte sono le incognite per il Milan che tornerà sul mercato a giugno: e purtroppo l’unica certezza è che dovrà essere sacrificato almeno uno dei migliori (Donnarumma?) per poi cercare un attaccante di spessore. Non tanto perché la proprietà si sia stancata di investire, quanto per- ché le regole del fair play finanziario imporranno plusvalenze. Certo, i 30 milioni dell’ultimo mercato (sperando negli altri 20 non garantiti di Suso) hanno risolto parecchi problemi e rimesso un po’ in sesto il bilancio. Ma è evidente che non sarà più rinviabile trovare un centravanti «da Milan» dopo ani di errori quasi inspiegabili. Certo, i tifosi sognano l’erede di Van Basten. Più modestamente, credo dovranno accontentarsi di uno alla Ganz. Sempre che la scommessa Ibra non venga ripetuta sic et simpliciter anche per la prossima stagione. Ma la situazione sarà ancor più delicata: 39 anni lui, il polpaccio da tenere d’occhio e soprattutto il divieto assoluto di prendersi anche solo un raffreddore. Auguri.