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Come sottolineato dal Corriere dello Sport, per Pioli il Milan è un esame senza fine. Per il tecnico rossonero quattro anni vissuti sulle montagne russe tra salite, discese critiche ed esaltazioni. Adrenalina alta: dopo la vittoria sul Psg ha schivato l’abbraccio festoso dei suoi collaboratori.. La spiegazione, ufficiosa, fornita dallo staff è stata la seguente: perché era sotto l’effetto dell’adrenalina da partita e voleva andare incontro ai suoi calciatori per esprimere loro la sua gratitudine. Con lo staff si è riconciliato qualche minuto più tardi, negli spogliatoi, sciolta ormai la tensione. Può darsi che sia andata così. Di sicuro quel gesto può testimoniare come siano cambiate le reazioni a caldo di Stefano Pioli dall’inizio di questa stagione. Da sempre molto misurato nella buona e nella cattiva sorte, ha attraversato altre tempeste, altre cadute clamorose rialzandosi puntualmente.
Dopo il divorzio da Maldini e Massara, da giugno scorso, il tecnico è stato ufficialmente coinvolto nel gruppo di lavoro Furlani-Moncada, responsabili del mercato estivo realizzato, con la definizione americana di “coach” citata nel comunicato di congedo dell’ex capitano rossonero.
Non è nemmeno escluso che qualche fastidio gli sia stato procurato dalle interpretazioni sul ritorno, ormai scontato, di Ibra, fortemente voluto da Gerry Cardinale con un ruolo di prossima definizione in Redbird, il fondo proprietario del Milan. Dopo un paio di rovesci (specie quello parigino), Pioli si è sentito retrocesso, nell’immaginario collettivo, a tecnico bisognoso di un “sostegno” o addirittura di un commissario. Si può capire il suo stato d’animo, cementato ieri dall’intervento di Furlani (“qui c’è unità di intenti”). Ma l’attestato più importante riscosso martedì notte a San Siro è stato un altro: si è capito, in modo pubblico e solenne, la grande sintonia con il gruppo squadra oltre che la strepitosa resa appena è stato ridisegnato il sistema di gioco più conosciuto e produttivo (4-2-3-1). Ma una serata di fuochi d’artificio calcistici non può bastare per cancellare definitivamente i ritardi accumulati in campionato e in Champions. E Lecce, dove a gennaio scorso si avvertirono i primi scricchiolii (sotto di 2 gol, recuperato il 2 a 2 nella ripresa), può diventare un altro bivio, un altro punto di ripartenza.
Dopo il divorzio da Maldini e Massara, da giugno scorso, il tecnico è stato ufficialmente coinvolto nel gruppo di lavoro Furlani-Moncada, responsabili del mercato estivo realizzato, con la definizione americana di “coach” citata nel comunicato di congedo dell’ex capitano rossonero.
Non è nemmeno escluso che qualche fastidio gli sia stato procurato dalle interpretazioni sul ritorno, ormai scontato, di Ibra, fortemente voluto da Gerry Cardinale con un ruolo di prossima definizione in Redbird, il fondo proprietario del Milan. Dopo un paio di rovesci (specie quello parigino), Pioli si è sentito retrocesso, nell’immaginario collettivo, a tecnico bisognoso di un “sostegno” o addirittura di un commissario. Si può capire il suo stato d’animo, cementato ieri dall’intervento di Furlani (“qui c’è unità di intenti”). Ma l’attestato più importante riscosso martedì notte a San Siro è stato un altro: si è capito, in modo pubblico e solenne, la grande sintonia con il gruppo squadra oltre che la strepitosa resa appena è stato ridisegnato il sistema di gioco più conosciuto e produttivo (4-2-3-1). Ma una serata di fuochi d’artificio calcistici non può bastare per cancellare definitivamente i ritardi accumulati in campionato e in Champions. E Lecce, dove a gennaio scorso si avvertirono i primi scricchiolii (sotto di 2 gol, recuperato il 2 a 2 nella ripresa), può diventare un altro bivio, un altro punto di ripartenza.