Silvio Berlusconi, addì 27 novembre 2014, è una specie d’icona pop che va al di là del bene e del male; va oltre, a parer mio, persino a se stesso e a ciò che rappresenta. Unisce alle fissazioni d’un tempo, trastullandosi con il suo personalissimo divertimento di cercare di portare indietro le lancette del tempo sino all’ormai remoto 1987, vedasi le inutili, se non dannose, visite del venerdì a Milanello, un disincanto da ottuagenario che nulla ha più da chiedere all’esistenza se non tentare di favorire la propria stirpe. Uno spirito monarchico da epoca pre-illuminista che si rimprovera, forse, di non aver procreato abbastanza come Priamo o Gengis Khan per avere le probabilità maggiori di sconfiggere il tempo. Il suo unico cruccio, infatti, è quello di non essere immortale. Solo così si spiega, venendo alle cose che più ci interessano, e cioè quelle rossonere, la mancata cessione, ad oggi, del Milan. La terzogenita racchiude in sé tutte le qualità negative dell’augusto padre senza avere, tuttavia, neanche la centesima parte della sua intelligenza, scaltrezza, esperienza e, cosa ancora più importante, non dispone nemmeno di un euro da investire nella squadra. Ripongo le mie speranze nei figli maggiori, nella quartogenita che pare essere molto più sobria della sorella e, da qualche giorno, anche in Fedele Confalonieri: mi sembra che tutti questi personaggi, che non sono in cerca d’autore, spingano verso la cessione del club. Sono convinto che altre soluzioni favorevoli per il Milan non ve ne siano.