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Franco Ordine dalle colonne del CorSport in edicola oggi, 1 marzo, sulla situazione del Milan
Adesso il fondo Elliott, azionista esclusivo del Milan, è finito con le spalle al muro. Il tentativo, da dilettante, firmato nei giorni scorsi da Ivan Gazidis, ad rossonero, di ricucire lo strappo con Boban e Maldini firmando una intervista tutta zucchero e miele, nella quale non ha po- tuto negare i contatti con Rangnick mentre ha smentito i contrasti con i due responsabili dell’area tecnica, è fallito miseramente ieri. Perché l’hombre vertical Zone Boban è uscito allo scoperto per dar man forte al sodale Paolo Maldini e ha smantellato il castello di carta velina costruito dal capo di casa Milan stanando la famiglia Singer che ora si è ritrovata con una grana di gigantesche dimensioni. Già, perché a questo punto, la frattura tra le due divisioni del club, quella finanziaria e quella tecnica, è diventata pubblica e solenne e non può essere nascosta da altre frasi di circostanza. Nel frattempo è possibile segna- lare già le gravi conseguenze operative (il rinnovo immediato di Kjaer e Bogovic richiesto da Boban) immaginando le ricadute negative sugli umori del gruppo squadra oltre che del suo leader, Ibrahimovic, deciso a trasferirsi a Milano non certo per la conoscenza di Elliott o Gazidis ma solo per il pressing finale, decisivo, effettuato da Boban col quale parlava nella lingua madre. Il fondo americano deve fare una scelta coraggiosa nelle prossime ore: o si schiera dalla parte di Gazidis, assunto con uno stipendio principesco, 4,5 milioni di euro netti l’anno e in questo caso si prepara a dare il benservito alle due bandiere, oppure si comporta -evento della serie impossibile- all’opposto, cioè a liquidare l’ad sudafricano, scegliendone un altro al suo posto e riconfermando la stima e la fiducia nella coppia che dirige l’area sportiva. A dire il vero anche Elliott deve fare auto-critica perché il loro pia- no industriale (solo profili di giovani calciatori da valorizzare) passato a Gazidis si è rivelato calcisticamente fallimentare. L’operazione Ibra, in questo senso, ne è una plastica conferma. La morale finale è la seguente: si sarebbe capito e apprezzato se i contrasti tra le due anime del club fossero nati per la trattativa con un allenatore di rango, non dico Guardiola, irraggiungibile, ma un profilo tipo Allegri piuttosto che Antonio Conte. Provocare invece tutto questo ennesimo terremoto nel Milan che si stava faticosamente assestando per un signor nessuno, tale Rangnick che nessuno conosce da vicino, scova- to da chissà quale suggeritore di Gazidis, è da vero “tafazzi” e non certo da Milan.
Adesso il fondo Elliott, azionista esclusivo del Milan, è finito con le spalle al muro. Il tentativo, da dilettante, firmato nei giorni scorsi da Ivan Gazidis, ad rossonero, di ricucire lo strappo con Boban e Maldini firmando una intervista tutta zucchero e miele, nella quale non ha po- tuto negare i contatti con Rangnick mentre ha smentito i contrasti con i due responsabili dell’area tecnica, è fallito miseramente ieri. Perché l’hombre vertical Zone Boban è uscito allo scoperto per dar man forte al sodale Paolo Maldini e ha smantellato il castello di carta velina costruito dal capo di casa Milan stanando la famiglia Singer che ora si è ritrovata con una grana di gigantesche dimensioni. Già, perché a questo punto, la frattura tra le due divisioni del club, quella finanziaria e quella tecnica, è diventata pubblica e solenne e non può essere nascosta da altre frasi di circostanza. Nel frattempo è possibile segna- lare già le gravi conseguenze operative (il rinnovo immediato di Kjaer e Bogovic richiesto da Boban) immaginando le ricadute negative sugli umori del gruppo squadra oltre che del suo leader, Ibrahimovic, deciso a trasferirsi a Milano non certo per la conoscenza di Elliott o Gazidis ma solo per il pressing finale, decisivo, effettuato da Boban col quale parlava nella lingua madre. Il fondo americano deve fare una scelta coraggiosa nelle prossime ore: o si schiera dalla parte di Gazidis, assunto con uno stipendio principesco, 4,5 milioni di euro netti l’anno e in questo caso si prepara a dare il benservito alle due bandiere, oppure si comporta -evento della serie impossibile- all’opposto, cioè a liquidare l’ad sudafricano, scegliendone un altro al suo posto e riconfermando la stima e la fiducia nella coppia che dirige l’area sportiva. A dire il vero anche Elliott deve fare auto-critica perché il loro pia- no industriale (solo profili di giovani calciatori da valorizzare) passato a Gazidis si è rivelato calcisticamente fallimentare. L’operazione Ibra, in questo senso, ne è una plastica conferma. La morale finale è la seguente: si sarebbe capito e apprezzato se i contrasti tra le due anime del club fossero nati per la trattativa con un allenatore di rango, non dico Guardiola, irraggiungibile, ma un profilo tipo Allegri piuttosto che Antonio Conte. Provocare invece tutto questo ennesimo terremoto nel Milan che si stava faticosamente assestando per un signor nessuno, tale Rangnick che nessuno conosce da vicino, scova- to da chissà quale suggeritore di Gazidis, è da vero “tafazzi” e non certo da Milan.