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Massimo Oddo allenatore del Milan Futuro, alla GDS:"Era talmente chiara la bontà del progetto che prima del play-out avevo già ricevuto una proposta verbale per continuare. Perché era stato fatto un certo tipo di lavoro, un certo tipo di percorso e un certo tipo di apprezzamento. Per esempio abbiamo avuto tre giocatori quasi in pianta stabile in prima squadra come Bartesaghi, Jimenez e Camarda, ci sono stati i debutti di Liberali e Omoregbe. Altri sono partiti il mese scorso in tournée col Milan, ogni giorno alcuni si allenano con Allegri. L’auspicio è che questi ragazzi possano avere sempre più spazio e vi assicuro che in rosa ce ne sono di grande prospettiva- Un altro aspetto per me bellissimo è che io in realtà è come se allenassi il Milan, dai campi di allenamento agli uffici ai supporti tecnologici. È una realtà gratificante. In D abbiamo alle spalle una struttura da professionisti di prima fascia. Ci si allena nei limiti del possibile negli stessi orari della prima squadra, c’è molta collaborazione, scambio di idee. E nell’ottica di questa sinergia dobbiamo fare anche molta attenzione all’aspetto mentale dei ragazzi. Dobbiamo farli diventare uomini. Quando un ragazzo viene mandato in prima squadra si tiene conto anche di questo aspetto: c’è chi è più emotivo e chi meno, c’è chi poi torna in U23 senza problemi e chi invece va coi grandi e si esalta un po’ troppo. A volte non è l’elemento migliore tecnicamente che fa il salto, ma quello migliore mentalmente. Il mio obiettivo è allenare in A, la Nazionale, il Brasile. Scherzi a parte, per me sarà basilare capire come si svilupperà il mio ruolo adesso e se riesco a raggiungere l’obiettivo societario”.
Con quali emozioni comincia questa stagione?
“Grande entusiasmo, cosa che fa parte del mio carattere. La cosa fondamentale per me è stata capire bene la progettualità, il focus, capire dove ti trovi. È qualcosa che capita in qualsiasi club, certo, ma in questo caso è una condizione più imprescindibile che altrove. Io ho avuto esperienze in tutte le categorie, il mio è stato un percorso molto particolare anche perché in carriera ho lavorato molto poco dall’inizio. Nella maggior parte dei casi sono subentrato e non sono esperienze simpatiche perché non c’è margine di errore e manca quella progettualità che per me è fondamentale”.
Com'è questo progetto?
“Migliorare i giovani, migliorare la squadra attraverso la loro crescita. Farli diventare grandi, con l’obiettivo di dar loro la possibilità di approcciare il più possibile alla prima squadra. E’ un progetto totalmente diverso dalle dinamiche consuete, dove è tutto improntato sui risultati. I risultati sono importanti anche da noi, è ovvio, ma a contare di più per noi è il modo in cui ci si arriva. Per gli altri la priorità è mettere in campo la migliore formazione che puoi in quel dato momento, qui l’obiettivo non è vincere attraverso la scelta dei singoli migliori in quel momento, ma dei singoli che hanno più prospettive per arrivare a un certo tipo di calcio. In questa squadra, di base, quasi tutti i ragazzi possono arrivare almeno in Serie B, con tutte le variabili del caso”.
Moncada qualche mese fa ha detto che per il vostro progetto, fare la C o la D cambiava poco. Lei che differenze vede fra le due categorie?
“Moncada è stato mal compreso, voleva dire che è importante confrontarsi con una tipologia di calcio diverso da quello giovanile. Comunque, in C hai bisogno anche di giocatori un po’ più grandi, che aiutino i più giovani, in D non c’è tutta questa necessità. La nostra sarà una squadra estremamente giovane, dove ragazzi di 17 anni si confronteranno col calcio dei grandi. Parliamo di ragazzi tecnicamente e tatticamente più evoluti rispetto alla categoria, ma in questa categoria troveranno pane per i loro denti: situazioni e caratteristiche che non troverebbero mai nel settore giovanile. Fisicità, esperienza, scaltrezza e malizia. Se un ragazzo ha prospettiva e magari ha anche già fatto esperienza in Primavera, è meglio che giochi in D”.
C'è sinergia con la Prima Squadra?
“Certamente. Un altro aspetto per me bellissimo è che io in realtà è come se allenassi il Milan, dai campi di allenamento agli uffici ai supporti tecnologici. E’ una realtà gratificante. In D abbiamo alle spalle una struttura da professionisti di prima fascia. Ci si allena nei limiti del possibile negli stessi orari della prima squadra, c’è molta collaborazione, scambio di idee. E nell’ottica di questa sinergia dobbiamo fare anche molta attenzione all’aspetto mentale dei ragazzi. Dobbiamo farli diventare uomini. Quando un ragazzo viene mandato in prima squadra si tiene conto anche di questo aspetto: c’è chi è più emotivo e chi meno, c’è chi poi torna in U23 senza problemi e chi invece va coi grandi e si esalta un po’ troppo. A volte non è l’elemento migliore tecnicamente che fa il salto, ma quello migliore mentalmente”.
C'è un ma per gli stimoli: Milan Futuro la prossima estate si iscriverà di nuovo alla serie C a prescindere dal piazzamento in D.
“I ragazzi devono capire che occorre arrivare alla vittoria di squadra non fine a se stessa, ma dovuta alla crescita individuale all’interno del gruppo. Per certi versi, per noi è quasi più importante l'allenamento che la partita della domenica in sé. Noi ci concentriamo molto su di noi e pochissimo sugli avversari. Gli stimoli comunque non mancano. Già solo l’idea di poter andare ad allenarsi con Modric… Ognuno di questi ragazzi dovrebbe avere davanti al proprio letto una foto del campo 1 di Milanello e sapere che arrivare ad allenarsi lì è il loro obiettivo. Io glielo dico sempre”.
La filosofia tattica di Milan Futuro rispecchierà quella della prima squadra?
“In linea di massima si cerca di dare una certa continuità nei concetti, anche in virtù delle esercitazioni in allenamento, in modo che i giocatori non si ritrovino spaesati. Poi però possono subentrare altre esigenze: se io ho due attaccanti forti, li faccio giocare entrambi. La priorità assoluta resta la crescita”.
Con quali emozioni comincia questa stagione?
“Grande entusiasmo, cosa che fa parte del mio carattere. La cosa fondamentale per me è stata capire bene la progettualità, il focus, capire dove ti trovi. È qualcosa che capita in qualsiasi club, certo, ma in questo caso è una condizione più imprescindibile che altrove. Io ho avuto esperienze in tutte le categorie, il mio è stato un percorso molto particolare anche perché in carriera ho lavorato molto poco dall’inizio. Nella maggior parte dei casi sono subentrato e non sono esperienze simpatiche perché non c’è margine di errore e manca quella progettualità che per me è fondamentale”.
Com'è questo progetto?
“Migliorare i giovani, migliorare la squadra attraverso la loro crescita. Farli diventare grandi, con l’obiettivo di dar loro la possibilità di approcciare il più possibile alla prima squadra. E’ un progetto totalmente diverso dalle dinamiche consuete, dove è tutto improntato sui risultati. I risultati sono importanti anche da noi, è ovvio, ma a contare di più per noi è il modo in cui ci si arriva. Per gli altri la priorità è mettere in campo la migliore formazione che puoi in quel dato momento, qui l’obiettivo non è vincere attraverso la scelta dei singoli migliori in quel momento, ma dei singoli che hanno più prospettive per arrivare a un certo tipo di calcio. In questa squadra, di base, quasi tutti i ragazzi possono arrivare almeno in Serie B, con tutte le variabili del caso”.
Moncada qualche mese fa ha detto che per il vostro progetto, fare la C o la D cambiava poco. Lei che differenze vede fra le due categorie?
“Moncada è stato mal compreso, voleva dire che è importante confrontarsi con una tipologia di calcio diverso da quello giovanile. Comunque, in C hai bisogno anche di giocatori un po’ più grandi, che aiutino i più giovani, in D non c’è tutta questa necessità. La nostra sarà una squadra estremamente giovane, dove ragazzi di 17 anni si confronteranno col calcio dei grandi. Parliamo di ragazzi tecnicamente e tatticamente più evoluti rispetto alla categoria, ma in questa categoria troveranno pane per i loro denti: situazioni e caratteristiche che non troverebbero mai nel settore giovanile. Fisicità, esperienza, scaltrezza e malizia. Se un ragazzo ha prospettiva e magari ha anche già fatto esperienza in Primavera, è meglio che giochi in D”.
C'è sinergia con la Prima Squadra?
“Certamente. Un altro aspetto per me bellissimo è che io in realtà è come se allenassi il Milan, dai campi di allenamento agli uffici ai supporti tecnologici. E’ una realtà gratificante. In D abbiamo alle spalle una struttura da professionisti di prima fascia. Ci si allena nei limiti del possibile negli stessi orari della prima squadra, c’è molta collaborazione, scambio di idee. E nell’ottica di questa sinergia dobbiamo fare anche molta attenzione all’aspetto mentale dei ragazzi. Dobbiamo farli diventare uomini. Quando un ragazzo viene mandato in prima squadra si tiene conto anche di questo aspetto: c’è chi è più emotivo e chi meno, c’è chi poi torna in U23 senza problemi e chi invece va coi grandi e si esalta un po’ troppo. A volte non è l’elemento migliore tecnicamente che fa il salto, ma quello migliore mentalmente”.
C'è un ma per gli stimoli: Milan Futuro la prossima estate si iscriverà di nuovo alla serie C a prescindere dal piazzamento in D.
“I ragazzi devono capire che occorre arrivare alla vittoria di squadra non fine a se stessa, ma dovuta alla crescita individuale all’interno del gruppo. Per certi versi, per noi è quasi più importante l'allenamento che la partita della domenica in sé. Noi ci concentriamo molto su di noi e pochissimo sugli avversari. Gli stimoli comunque non mancano. Già solo l’idea di poter andare ad allenarsi con Modric… Ognuno di questi ragazzi dovrebbe avere davanti al proprio letto una foto del campo 1 di Milanello e sapere che arrivare ad allenarsi lì è il loro obiettivo. Io glielo dico sempre”.
La filosofia tattica di Milan Futuro rispecchierà quella della prima squadra?
“In linea di massima si cerca di dare una certa continuità nei concetti, anche in virtù delle esercitazioni in allenamento, in modo che i giocatori non si ritrovino spaesati. Poi però possono subentrare altre esigenze: se io ho due attaccanti forti, li faccio giocare entrambi. La priorità assoluta resta la crescita”.
