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La Corte dei Conti e Anpal (agenzia nazionale politiche attive del lavoro) hanno accertato ancora una volta quanto già a livello informale tutti avevano percepito,cioè che i centri per l'impiego in Italia continuano ad essere un disastro totale e pressochè nulla è cambiato da quando è stata varata la misura cardine del programma del M5S nel governo precedente.
Leggendo il rapporto sulla finanza pubblica 2020 ecco cosa si ritrova:
Già prima dell'emergenza coronavirus in Italia,è bene precisarlo.
Da marzo/aprile 2019 al 10 febbraio 2020 i beneficiari del reddito di cittadinanza ad aver trovato un lavoro grazie al centro per gli impieghi sono stati appena 39.760 a fronte di 915.600 nuclei familiari raggiunti e 2.370.938 persone coinvolte (la platea totale dei beneficiari conta 1.041.462 famiglie,perché considera anche le altre 125.862 che hanno ricevuto la pensione di cittadinanza.
Il dato forse anche peggiore è che 908.198 persone avrebbero dovuto essere convocate entro 31 gennaio 2020 e solo il 58% effettivamente è stato invitato a presentarsi,di questi il 25% neanche si è presentato.
Escludendo gli “esonerati” dopo l’esame con i navigator e gli individui rinviati ai Comuni per il Patto per l’inclusione (che riguarda i nuclei percettori del reddito non immediatamente attivabili per un percorso lavorativo),i patti di servizio per RdC complessivamente sottoscritti sono stati 262.738 cioè il 66 per cento dei presenti alla prima convocazione.
I beneficiari convocati per un secondo appuntamento successivamente alla sottoscrizione del PdS-RdC sono stati 87.113,pari al 33 per cento di coloro che hanno sottoscritto un Patto di Servizio per RdC
l’Italia ha fatto poco nella spesa per i servizi per il lavoro (pari all0 0,04% del Pil) in confronto a Germania (0,36%) e Francia (0,25%).
Proprio questa debolezza era stata più volte ribadita dal Movimento 5 stelle quando ha promosso il reddito di cittadinanza puntando sul rilancio dei cpi,dall’assunzione di navigator e nuovo personale fino al potenziamento delle infrastrutture tecnologiche nazionali.
Considerando le rilevazioni trimestrali effettuate fino a fine settembre 2019, la quota di persone che cercava lavoro attraverso i cpi è stata pari al 23,5 per cento: un valore modesto,soprattutto se lo si confronta con quello degli anni precedenti (nel 2017 era del 24,2 per cento e nel 2018 del 23,3).
E comunque indicativo del fatto che ancora oggi la modalità prediletta per cercare un impiego è quella dei canali informali che hanno sempre più un ruolo predominante: l’87,2 per cento nel 2019 e l’87,9 per cento nel 2018 hanno approfittato dei contatti e delle reti di parenti, amici e conoscenti, con un massimo (sopra al 90 per cento) nel Mezzogiorno,l’area del Paese che più ha beneficiato del reddito di cittadinanza.
L'unico effetto positivo tangibile è stato il contrasto alla povertà assoluta,scesa di 1.5 punti da 8.4 a 6.9
Non solo il tasso di coinvolgimento dei nuclei familiari è inferiore agli obiettivi prefissati,ma i giudici rilevano anche che "l’ammontare di risorse appare sbilanciato a danno dei nuclei numerosi e con la presenza di minori e disabili” e che “non vi è un tasso di coinvolgimento delle famiglie con cittadinanza diversa da quella italiana proporzionato alla diffusione della povertà in tali segmenti di popolazione”.
Leggendo il rapporto sulla finanza pubblica 2020 ecco cosa si ritrova:
Già prima dell'emergenza coronavirus in Italia,è bene precisarlo.
Da marzo/aprile 2019 al 10 febbraio 2020 i beneficiari del reddito di cittadinanza ad aver trovato un lavoro grazie al centro per gli impieghi sono stati appena 39.760 a fronte di 915.600 nuclei familiari raggiunti e 2.370.938 persone coinvolte (la platea totale dei beneficiari conta 1.041.462 famiglie,perché considera anche le altre 125.862 che hanno ricevuto la pensione di cittadinanza.
Il dato forse anche peggiore è che 908.198 persone avrebbero dovuto essere convocate entro 31 gennaio 2020 e solo il 58% effettivamente è stato invitato a presentarsi,di questi il 25% neanche si è presentato.
Escludendo gli “esonerati” dopo l’esame con i navigator e gli individui rinviati ai Comuni per il Patto per l’inclusione (che riguarda i nuclei percettori del reddito non immediatamente attivabili per un percorso lavorativo),i patti di servizio per RdC complessivamente sottoscritti sono stati 262.738 cioè il 66 per cento dei presenti alla prima convocazione.
I beneficiari convocati per un secondo appuntamento successivamente alla sottoscrizione del PdS-RdC sono stati 87.113,pari al 33 per cento di coloro che hanno sottoscritto un Patto di Servizio per RdC
l’Italia ha fatto poco nella spesa per i servizi per il lavoro (pari all0 0,04% del Pil) in confronto a Germania (0,36%) e Francia (0,25%).
Proprio questa debolezza era stata più volte ribadita dal Movimento 5 stelle quando ha promosso il reddito di cittadinanza puntando sul rilancio dei cpi,dall’assunzione di navigator e nuovo personale fino al potenziamento delle infrastrutture tecnologiche nazionali.
Considerando le rilevazioni trimestrali effettuate fino a fine settembre 2019, la quota di persone che cercava lavoro attraverso i cpi è stata pari al 23,5 per cento: un valore modesto,soprattutto se lo si confronta con quello degli anni precedenti (nel 2017 era del 24,2 per cento e nel 2018 del 23,3).
E comunque indicativo del fatto che ancora oggi la modalità prediletta per cercare un impiego è quella dei canali informali che hanno sempre più un ruolo predominante: l’87,2 per cento nel 2019 e l’87,9 per cento nel 2018 hanno approfittato dei contatti e delle reti di parenti, amici e conoscenti, con un massimo (sopra al 90 per cento) nel Mezzogiorno,l’area del Paese che più ha beneficiato del reddito di cittadinanza.
L'unico effetto positivo tangibile è stato il contrasto alla povertà assoluta,scesa di 1.5 punti da 8.4 a 6.9
Non solo il tasso di coinvolgimento dei nuclei familiari è inferiore agli obiettivi prefissati,ma i giudici rilevano anche che "l’ammontare di risorse appare sbilanciato a danno dei nuclei numerosi e con la presenza di minori e disabili” e che “non vi è un tasso di coinvolgimento delle famiglie con cittadinanza diversa da quella italiana proporzionato alla diffusione della povertà in tali segmenti di popolazione”.