Massimiliano Mirabelli intervistato dal Corriere dello Sport in edicola oggi, 21 luglio 2017. Ecco una piccola anticipazione:"Milan, ora voglio anche Renato Sanches. Kalinic o Belotti? Lavoriamo...".
È il nome tedesco annunciato da Mirabelli in altre circostanze, Renato Sanches, ormai è chiaro. Quando Edgar Davids arrivò da noi, un po' più grandicello in verità, era né più né meno il Renato Sanches di oggi. Un mucchio, consistente, di tessere di un puzzle tutto da comporre: segmentato, discontinuo, ridondante nel gesto, affogato da un carattere iroso che celava una profonda insicurezza nel gesto tecnico. Ebbe poi la fortuna di trovare in Marcello Lippi il maestro di calcio che ebbe la pazienza di ricomporre quel patchwork di colori in una immagine tecnicamente nitida, convincente, efficiente. Poteva tuttavia andargli male, continuare in una carriera rutilante fatta di comportamenti sbagliati e di qualità inespresse. Un giocatore sliding doors, letteralmente. Sanches gli è simile, da l'impressione di avere qualcosa di importante da dire, ha potenza, passo, e tecnica da vendere, ma è morso dall'incertezza, accesa da una scelta professionale pessima, diciottenne confinato in un club marziale in cui non si ha tempo di crescere margherite, ed un tecnico, Ancelotti, che è maestro nel gestire giocatori già fatti e finiti, ma non nel dedicare training a talenti che chiedono solo di essere aiutati a crescere e manifestarsi. Nel Milan, forse, potrebbe avere questa opportunità, squadra in divenire, di futura grandezza, senza gerarchie predefinite, e con un allenatore che si presterà volentieri a lavorare su di lui, come ha fatto in passato su altri progetti di campioni. Sfida da cogliere, ma leggere le avvertenze sul retro.
