Giocarci lo scudo a Bergamo? prevedrei 3 rigori contro e 4 gol annullati con VAR che stranamente non funziona o con i nastri dei dialoghi che si perdono..
Calma con il testosterone. Ci speriamo tutti, ma non diciamolo troppo, che poi ci rimaniamo male.
Ma vi capisco perfettamente. Il fatto è che per me, e penso anche per molti altri e forse anche per voi, già essere tornati a giocarcela è tantissimo. Noi abbiamo fatto otto anni dove la vittoria non solo non l’abbiamo manco potuta annusare, ma non abbiamo manco potuto sognare di ottenerla.
Otto anni in cui eravamo sconfitti prima ancora di scendere in campo, ma che cacchio dico, prima ancora di iniziare la stagione. Otto anni in cui non abbiamo mai vinto a Napoli e in cui, negli ultimi sei anni, col Napoli, un club di falliti dalla storia ridicola, non siamo riusciti a vincere né in casa né in trasferta. Otto anni in cui siamo sempre usciti con zero punti dallo Stadium, da quando è stato tirato su quel ***** infame mai neanche un punto li. Otto anni in cui mi sono dovuto sorbire prese per il **** da tutti, non solo da interisti e juventini, ma pure da gente che tifa Bologna e Samp, gente che mi scriveva sui whatsapp “benvenuti tra GLI ALTRI”, “ormai siete come noi” e robe del genere.
Abbiamo fatto anni in cui la nostra squadra riviveva sempre la stessa stagione, senza che succedesse mai nulla di nuovo, o di rilevante, sul versante dei risultati.
Ricordo che il 7 maggio 2011, mentre festeggiavo a Roma con altri milanisti, un dato mi aveva improvvisamente sconvolto: il Milan era appena tornato a vincere lo scudetto dopo sette lunghissimi anni, un lasso di tempo che allora mi sembrava enorme (anche se in quel lasso di tempo erano pure arrivate una CL, una Supercoppa europea e un mondiale per club). Fino a poco tempo fa, invece, se pensavo che da quel giorno di Maggio 2011 di anni ne erano già passati quasi dieci, la cosa mi faceva molto meno effetto: sarà che invecchiando la percezione dello scorrere del tempo cambia e il 2011 non sembrava poi così lontano, o forse semplicemente le mie aspettative sul Milan si erano drasticamente ridotte.
Non pretendevo più che il Milan vincesse qualche trofeo. Non mi aspettavo nemmeno che vincesse la singola partita, avevo imparato ad apprezzare le piccole cose: un gol a favore, per esempio, un evento che era diventato ormai raro; o un goal dopo una bella azione manovrata, esprimendo un buon calcio, evento che era diventato, a queste latitudini, più raro di una vergine illibata in un postribolo di Amsterdam.
In caso di sconfitta, a meno di eventi impronosticabili come un 5-0 dall'Atalanta o un derby perso facendosi rimontare due gol di vantaggio, che mi fece uscire dallo stadio, a più di 50 anni, facendo fatica a trattenere le lacrime dall’umiliazione, non ci restavo nemmeno troppo male. Dormivo lo stesso. È andata così, mi dicevo; sarà per un'altra volta. Non è successo nulla di irreparabile, la squadra non è retrocessa, la società non è fallita e non ha nemmeno dovuto vendere Milanello tra le lacrime dei tifosi, o affittarlo per i matrimoni come ai tempi di Farina. Ci eravamo solo limitati a scivolare lentamente verso l'apatia, eravamo diventati un posto dove non accadeva mai niente di esaltante, dove non succedeva sostanzialmente nulla, almeno entro i confini del campo (fuori invece... lasciamo perdere che è meglio, che tra il Giannino e le credenze ci sarebbe da scrivere una Bibbia), e le cose si ripetevano, uguali a se stesse, anno dopo anno, un'eterna domenica pomeriggio con l'allenatore di turno, sempre e solo un medioman qualunque o un carneade della panchina, a ripetere che solo con il lavoro se ne poteva uscire. Eravamo diventati, nel calcio, ciò che Dante ben descrisse nella Divina Commedia al Canto III quando parla delle “anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo. Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d'elli”.
Delle nullità totali.
Ma ora tutto è cambiato e mi si è riacceso un fuoco dentro che non sentivo da anni, troppi. Veramente troppi. Ero arrivato quasi a prendermi per il **** da solo e a deridere il Milan insieme a degli intertristi quando ne parlavamo, mi avevano talmente fatto assuefare all’inferiorità che ormai ci ridevo quasi su. Ora invece ribollisco di rabbia a pensare a quei momenti e ho voglia di restituire tutto con interessi minimo del 500%, sul campo innanzitutto.
L’ho scritto qui
https://www.milanworld.net/milan-or...o-70-mln-vt96333-post2183704.html#post2183704 , stavamo subendo una mutazione genetica, o meglio una manipolazione genetica da parte di chi ci aveva ridotti in quello schifo, e senza accorgercene stavamo diventando, sia il Milan stesso che noi tifosi, “altro”. Una roba che col Milan non c’entrava nulla, ma davvero nulla.
Il primo campanello d’allarme lo ebbi quando vidi Montella, a San Siro, portato in trionfo sotto la Sud per un cencioso SESTO posto con annessa qualificazione Europa League.
Dissi a me stesso: sogno o son desto? Stiamo DAVVERO “festeggiando” una qualificazione in Europa League? Ma chi, o cosa, siamo diventati? Una qualificazione in Europa League per noi è sempre stata una umiliazione, mai un motivo di festeggiamento, e non cambiava nulla il fatto che fossimo rimasti fuori dalle coppe per tre stagioni, per me fu una cosa inconcepibile, ma fu anche il primo, tangibile segno, della mutazione genetica citata sopra.
Che è vera, reale.
Ma ora è finita. Finita. E anche se non vinceremo quest’anno sarà comunque un annata da Milan, un’annata dove potremo sognare, dove potremo lottare per traguardi importanti, dove non siamo già sconfitti. E questo è già tanto, tantissimo.
Perché vuol dire tornare noi stessi. E se torneremo noi stessi torneranno, o quest’anno o i prossimi, anche le vittorie.
alla fine siamo la miglior squadra sul campo del 2020, perchè non sognare?
Esatto. E se prenderemo un bell’esterno destro a Gennaio, con tanti goals e assists nel sangue, o un difensore centrale di alto livello al posto del capitone del Giannino, gli unici sogni, nel senso etimologico del termine perché solo sogni rimarranno, saranno quelli di chi penserà di poterci fermare, e questo te lo metto per iscritto.