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Tuttosport in edicola:erlusconi, Galliani e Braida. Uno dei punti di forza del Milan berlusconiano fu la compattezza della cabina di comando. Un blocco monolitico, magari con idee diff erenti - negli anni sono stati raccontate diverse "discussioni" -, ma comunque unito a navigare sempre nella stessa direzione. Infatti, quando in questo nucleo si insinuò la figura di Barbara Berlusconi, dicembre 2013, iniziò gradualmente quella che per i tifosi rossoneri è passata alla storia come “banter era” (l’era dello scherzo o più concretamente, periodo non produttivo) che portò a sei allenatori in quattro stagioni, piazzamenti non da Milan (8°, 10°, 7° e 6° posto), zero qualificazioni alla Champions League e un solo trofeo, la Supercoppa italiana nel dicembre 2016, ultimo acuto del Milan targato Berlusconi. Poi nell’aprile 2017 il passaggio a Yonghong Li e l'avvio di un nuovo incubo da cui il Milan uscì nel luglio 2018 grazie al fondo Elliott. Conti progressivamente migliorati, squadra pezzo per pezzo ricostruita col ritorno in Champions e lo scudetto del 2022 con Pioli in panchina, Gazidis ad e Maldini direttore tecnico. Tre profili con pensieri diversi che però misero da parte vedute contrastanti - vedi i caos fra Elliott-Gazidis e Leonardo prima, Boban poi - per il bene del Milan. Ovvero quello che, a molti - tifosi, addetti ai lavori, protagonisti interni - non è sembrato essere il filo comune dell’ultima stagione. Questo Milan, da mesi, ma forse già da anni, dalla cacciata di Maldini (e Massara) nel giugno 2023, sembra composto da troppe anime. Sicuramente due, quella di RedBird Capital, a capo del club dalla fi ne dell’estate 2022, e quella radicata del fondo Elliott, che non è più proprietario del Milan, ma ancora presente, non fosse altro perché Gerry Cardinale - numero uno di RedBird - dovrà restituire al fondo della famiglia Singer 489 milioni (più interessi) entro luglio 2028 (il famoso “vendor loan”, il finanziamen to che Elliott concesse all’acquirente per completare l’operazione, inizialmente con scadenza nell’agosto 2025 e ridiscusso nel dicembre scorso fi no al 2028). Al di là dei “chiacchiericci” su chi sia il vero proprietario del Milan, è innegabile che Elliott abbia ancora voce in capitolo. Sia per una mera questione economica, sia per la presenza nel cda di due suoi membri diretti (Gordon Singer e Dominic Mitchell) e altri di sua emanazione, come il presidente Scaroni (già numero uno nella precedente gestione) e soprattutto l’ad Furlani. Questo balletto va avanti da tempo, ma l'apice si è toccato nell'ultimo anno. Già dodici mesi fa c'era chi voleva un determinato tipo di allenatore e chi un altro, si arrivò a scegliere Lopetegui salvo poi, dopo sollevazione popolare, virare su Fonseca (che non convince comunque tutti). Cardinale - probabilmente su indicazione di Ibrahimovic - pensa delle cose, Furlani a volte altre, così come Moncada. Eloquente quanto accaduto - sta accadendo - da quattro mesi per la questione direttore sportivo. A febbraio Cardinale e Ibrahimovic a Londra hanno incontrato Paratici, Tare e Berta; qualche giorno dopo Furlani - su spinta di Elliott - è volato a New York per rimarcare a Cardinale (e RedBird) il suo ruolo di ad e ha ricominciato da zero il casting per un ruolo che, al 20 maggio, è ancora vacante. Così come non è ancora chiaro chi sarà l'allenatore, chi lo sceglierà e chi... lo suggerirà. Per non parlare del capitolo Milan Futuro, dato in mano a un dirigente statunitense (scelto da Ibra), a corto - eufemismo - di esperienza di Serie C italiana. Il Milan ha davanti a sé scelte fondamentali per ripartire, però prima dovrà cercare di risolvere le diatribe interne. Serve una stanza dei bottoni con ruoli defi niti, chiari e che tutti remino dalla stessa parte. Serve un'anima sola.
