Riceviamo e pubblichiamo dall'APA e da Giuseppe La Scala
Le recenti vicende – giudiziarie e disciplinari – che hanno riguardato la dirigenza del Milan e gli Ultras
della Curva Sud costituiscono un ulteriore motivo di riflessione per i Piccoli Azionisti della Società e per
tutti i supporter rossoneri.
A maggior ragione dopo l’esordio stagionale a San Siro e l’atmosfera “lunare” che ha caratterizzato la
presenza dei 65.000 (tifosi?) che - oltre a 5.000 baresi - hanno a ollato lo stadio.
Come è noto, dopo le due condanne in primo grado comminate ai vertici della Curva, la società non
intende ora riconoscere agli Ultras un qualsivoglia ruolo nell’organizzazione del tifo, ad iniziare
dall’impedirle la gestione cumulativa degli abbonamenti nel suo tradizionale settore dello stadio e a
vietare l’esibizione degli striscioni storici. Molti dei suoi altri esponenti sono stati inoltre raggiunti da
provvedimenti personali di limitazione nell’accesso a San Siro, a causa delle contestazioni che
avrebbero promosso contro i vertici della società nel finale della scorsa stagione.
La caratteristica più evidente di questa storia è la grandissima ipocrisia che la permea interamente, da
molto tempo, ad opera di tutte le parti in causa.
Le migliaia di Ultras della Curva hanno per anni scelto – o si sono fatti imporre – dei leader pregiudicati,
da sempre coinvolti in attività illecite che nulla hanno a che vedere con la passione sportiva e che hanno
utilizzato la disponibilità alla violenza della loro “truppa” come uno strumento di intimidazione.
Quando ciò è emerso in termini tali da provocare l’intervento della Magistratura – e le conseguenti
condanne, ancorchè non definitive – la scelta non è stata quella di prendere le distanze, dissociarsi e
rinnovare la propria rappresentanza e i propri vertici, ma quella di negare l’evidenza e le risultanze
istruttorie, solidarizzare senza riserve e chiedere proscioglimento e liberazione degli imputati, vittime di
una persecuzione giudiziaria.
Accusati di essere una “milizia”, gli Ultras – o conniventi, o mal consigliati – si sono presentati fuori
dall’aula di udienza, ad attendere la sentenza, in una sorta di divisa da black block e inquadrati
militarmente. E’ ovvio che, così, hanno reso facile il compito di chi – in Società - non aspettava altro per
regolare i conti, dopo le manifestazioni di dissenso della scorsa stagione.
Perché di un regolamento di conti si è trattato.
Il Milan da sempre sapeva perfettamente da chi, come e a quali scopi – non solo sportivi - gli Ultras
erano diretti.
E si è sempre girato dall’altra parte.
Nè ha impedito loro, per esempio, di utilizzare la sponda dell’AIMC per rendere più semplice “il
secondo mercato” di abbonamenti e biglietti.Solo quando la Procura della Repubblica ha chiesto di mettere uno stop a concessioni che venivano
utilizzate per finanziare una organizzazione guidata da un gruppo di pregiudicati, nuovamente indagati
per reati gravissimi (come dimostra l’entità delle condanne irrogate dal Tribunale), il Milan ha staccato
la spina.
Ma per anni l’Associazione Italiana Milan Club – anch’essa governata in modo per nulla trasparente – è
venuta a patti con essa.
E per anni il Supporter Liaison O icer della Società ha evidentemente dormito o ha visto un altro film
(come dimostra il fatto che la difesa degli Ultras imputati lo ha ripetutamente chiamato a testimoniare
a discolpa).
In questo quadro - come già aveva fatto non deliberando sul gradimento ai circa 250 soci di APA che
sono assegnatari di Azioni del Milan - il vertice del Club ha deciso di approfittare della situazione per
a ondare un colpo indiscriminato su tutti gli ultras e per ancora più facilmente perseguire il suo disegno
perverso.
Tifosi che diventano clienti, compratori di magliette con i colori del Portogallo e con gli stemmi del
Lanerossi Vicenza o dell’Ascoli, collezionisti del cattivo gusto e privi di ogni vero spirito di appartenenza.
Milanisti appassionati che vengono sostituiti sugli spalti da turisti dei pacchetti “all inclusive”
comprensivi della “San Siro experience” e che non si sognano certo di invitare Cardinale, Scaroni e
Furlani ad andare a fare altro.
Spettatori privi di ogni capacità di analisi e sempre soddisfatti di una modesta rappresentazione
allestita da una squadra che dice di ambire solo al quarto posto e i cui calciatori hanno tutti un prezzo
al quali essere venduti, in nome della sostenibilità economica che prevale su ogni velleità sportiva.
Una patetica rete di cortigiani che sulla stampa e sui social continua a dare credito a questa proprietà,
senza accorgersi che è in corso uno scientifico programma di sostituzione etnica e genetica della
passione rossonera.
Altro che “Furlani però è Milanista” e “siamo sulla strada giusta”!
Dobbiamo solo sperare che su certe scelte in controtendenza rispetto al recente passato (un allenatore
con le idee chiare e “pronto”; un vero D.S.) si possa tentare la ricostruzione di un Milan almeno degno
di questo nome; e che gli acquisti nell’ultimo mercato ci permettano una stagione nella quale
riconciliarci con il gioco e i risultati.
Ma sapendo che tutto ciò non interessa minimamente alla nostra proprietà, le cui priorità sono ben
altre.
Una società seria si siederebbe al tavolo con quello che resta (la parte migliore, probabilmente) della
Curva.
Spiegherebbe su cosa non è più possibile transigere.
Riconoscerebbe il ruolo insostituibile degli Ultras nel tifo allo Stadio.
La Curva, dal canto suo, dovrebbe garantire che quello che è stato non si ripeterà, ad iniziare
dall’atteggiamento verso l’uso della violenza e dal disinteresse per ogni attività che non sia quella della
sua insuperabile esibizione della passione sportiva.
E si troverebbe un accordo serio, nel rispetto delle leggi e della migliore cultura rossonera.
Ma ciò è possibile solo se le parti dimostreranno seriamente – aldilà degli slogan e dalle vuote
a ermazioni di principio - che il loro primo interesse è quello del bene del Milan, e non il proprio
tornaconto.
Milano, 19 agosto 2025
Il Consiglio Direttivo di APA Milan