Ti credi quindi che sia vero che il fondo attraverso una delle sue figure di vertice decida di tenere il Milan? Anche solo per aumentarne il valore di vendita futura (cosa che passa inevitabilmente fa stadio proprio e risultato sportivi)?
Tra l'altro di tutto quello che sto leggendo in questo giorni non mi è chiara una cosa...chiedo a te perché sei sempre stato molto chiaro e informato a riguardo. Se non ho capito male a suo tempo il pegno a favore di Elliott riguarda le azioni della Rossoneri Lussemburgo che detiene il 99,97% delle azioni del Milan e che a propria volta è incastrata all'interno di un giro superiore di altre società create ad hoc. Quindi per farla molto semplice è il Cda della società lussemburghese che deve ratificare l'escussione del debito e il cambio di proprietà...uscendo così dai giochi ad incastro creati da Lì. Come conseguenza diretta la vendita del Milan porterebbe introiti a tale società e quindi al fondo Elliott. In quest'ottica (SE tutto fosse vero) Elliott stessa avrebbe tutto l'interesse a provare a vendere al meglio possibile...financo appunto a pianificare una gestione che porti a una migliore vendita
Sbaglio?
Chiariamo: le Società che fanno parte della holding a cascata che controlla il Milan appartengono alla rispettiva controllante in misura totalitaria: il 99,93 per cento del Milan alla Rossoneri Sport Luxembourg, il 99,9 per cento di quest'ultima alla Rossoneri Champion Luxembourg, il 99,9 per cento di questa alla Rossoneri Sport Hong Kong, il 99,9 per cento della Società di Hong Kong alla capofila, la Rossoneri Advanced Limited, con sede nelle Isole Vergini Britanniche. È dunque evidente che il prezzo di cessione delle azioni di ciascuna di queste Società viene di massima attribuito alle rispettive controllanti nelle misure di partecipazione al capitale sociale di cui si è detto. L'utilità del prezzo sarebbe dunque a pressoché totale vantaggio di Mr. Li, o di coloro che partecipano nella misteriosa società delle Vergini Britanniche. Elliott, dunque, non trae alcun vantaggio lucrativo dalla cessione delle partecipazioni in ciascuna di dette Società. Sennonché, Elliott, come creditore della Rossoneri Champion Luxembourg, per 180 milioni, oltre interessi, e del Milan, per 123 milioni, oltre interessi, ha un legittimo interesse a che i flussi finanziari, collegati alla eventuale cessione di tali partecipazioni, pervengano al primario soddisfacimento dei propri crediti, e non di finalità di diversa natura della proprietà. Per conseguire tale obiettivo, Elliott, ovvero la controllata Project RedBlack, all'atto della accensione dei due finanziamenti, ha allora sottoscritto in ciascuna delle controllanti una azione, del valore nominale di 1 euro, quindi incidente in misura infinitesimale nel capitale sociale, ma a cui nel contratto sociale le parti hanno attribuito una rappresentanza negli organi sociali, ed un diritto di voto, di valore infinitamente superiore a quello che sarebbe proporzionalmente derivato dalla rispettiva nominale partecipazione al capitale sociale. In particolare, si segnala il diritto di Elliott, quale detentore di questa golden share (azione d'oro), di nominare due propri rappresentanti nei consigli di amministrazione delle varie Società, su un numero complessivo di cinque (gli altri tre, dunque, di designazione dell'azionista di controllo), e di attribuire al voto favorevole di questi due amministratori efficacia determinante della valida adozione di delibere tanto del consiglio di amministrazione, quanto della assemblea dei soci, requisito vincolante al pari di quello del voto favorevole della maggioranza numerica dei componenti di ciascuno di tali organi. In altri termini, nessuna delibera, particolarmente con riferimento a quelle concernenti la cessione di azioni, possono essere adottate senza il consenso vincolante di Elliott, e, specularmente, Elliott può esercitare il veto alla adozione di delibere di assemblea soci, o di cda, facendo mancare il voto favorevole dei suoi rappresentanti in tali consessi. In tal modo, Elliott si è assicurata contro il rischio di cessioni di capitale da parte della proprietà, non prevedenti la imputazione del prezzo, o di parte di esso, alla estinzione del debito nei propri confronti, così vanificando la garanzia patrimoniale dei propri crediti. Nessuna proposta di compravendita di quote, che non preveda la destinazione del prezzo a saldo dei debiti sociali verso Elliott, potrebbe essere dunque valutata positivamente da quest'ultimo. In tali premesse, l'interesse immediato del fondo di Paul Singer sarebbe, meglio, sarebbe stato, quello di non opporsi ad eventuali offerte che, di base, prevedessero primariamente la soluzione dei debiti vs. Elliott e, in via meramente sussidiaria ed eventuale, la destinazione di somme eccedenti l'importo dei crediti Elliott agli azionisti, ciascuno secondo la rispettiva partecipazione al capitale. Non sarebbe interessato, Elliott, ed anzi si opporrebbe, a proposte contrattuali di importi anche consistenti, ma che non rispettassero la necessaria imputazione del prezzo, o di parte di esso, alle ragioni di Elliott, a preferenza di quelle degli azionisti. Condotte speculative sul prezzo di acquisto in capo ad Elliott sono dunque ingiustificate per mancanza di interesse da parte del fondo. Diverso sarebbe se il fondo prendesse il controllo della Società, preferibilmente attraverso l'assegnazione diretta delle quote pignorate in pagamento dei debiti, fino a concorrenza con il rispettivo credito, nell'ambito di una procedura giudiziale seguente alla escussione dei pegni. In tale ipotesi, infatti, sarebbe legittima una condotta speculativa sul mercato, finalizzata alla lievitazione del prezzo di cessione delle quote acquistate. Vediamo se, e quando, questa speciale circostanza potrà effettivamente realizzarsi.
