Repubblica in edicola: in settimana è previsto l’annuncio della firma del “signing”, il contratto preliminare. E questo
spiega la presenza in questi giorni anche di Paul Singer, il fondatore del fondo Elliott, che mai aveva visitato Milano in precedenza. Sarà un addio dilazionato nel tempo. Elliott resterà con una consistente quota di minoranza (30%): l’operazione - di cui non sono ancora stati resi noti i dettagli - porterà a una valorizzazione del club rossonero attorno a 1,3 miliardi. Potrebbero diventare 1,8 nel caso si verifichino alcune condizioni, dall’aumento del fatturato alla realizzazione del nuovo stadio. È una valutazione che tiene conto di come stanno salendo le quotazioni dei club di primi piano (gli oltre 5 miliardi del Chelsea hanno alzato l’asticella) e della aspettative economiche per un Milan che torna competitivo. Secondo i dati di una società specializzata, la valutazione del club nel 2021 ha raggiunto i 580 milioni, più 35% rispetto all’an- no precedente: un balzo senza eguali in Europa e che non tiene ancora conto del successo in campionato. Elliott si porta a casa per i propri investitori circa 900 milioni, rispetto ai 705 milioni spesi fin qui.
A Casa Milan non si profila, né per il campo né per gli uffici di via Aldo Rossi, la rivoluzione che sarebbe stata probabile se l’asta per l’acquisto fosse stata vinta da Investcorp. Il fondo del Bahrain ha offerto 1,2 miliardi e si è sfilato dopo la due diligence, il controllo dei conti dal quale non erano emersi problemi. Il fondo Elliott, grazie al 30% delle azioni, mantiene un ruolo sulle decisioni della società: in cda rimarrà il loro manager di riferimento italiano, Giorgio Furlani. Sulla figura dell’amministratore delegato non c’è fretta: scade a fine novembre il contratto di Ivan Gazidis, il manager sudafricano che ha portato le sue esperienze nella Mls nordamericana e in Premier League (con l’Arsenal), caldeggiando inizialmente anche la Superlega (ma il Milan ha rinunciato prima del braccio di ferro con l’Uefa). Se Gazidis deciderà di lasciare, si penserà al sostituto. Quanto al presidente Paolo Scaroni, no ha mai nascosto di volersi concentrare sul progetto stadio, che considera la priorità per competere coi club inglesi, e sembra intenzionato a restare solo se vi si potrà dedicare in prevalenza. L’arrivo di Cardinale pare propizio: il fondatore di RedBird, durante le sue prime 48 ore milanesi, ha visitato entrambe le aree del potenziale nuovo impianto, San Siro e Sesto San Giovanni. Da esperto in show business, avrebbe concordato sulla necessità di fare presto. Anche senza l’Inter, dove è un’incognita il rapporto tra la proprietà cinese degli Zhang e il fondo d’investimento statunitense Oaktree, che ha in pegno la quasi totalità delle azioni. Ma anche per il club nerazzurro è venuto il momento di fare i conti.
La GDS in edicola conferma le news di ieri di Repubblica e aggiunge: i tempi per il passaggio del Milan a Redbird sono brevi, questione di giorni. Le parti procederanno con la firma sul contratto vincolante, a cui seguirà l’annuncio: la prima fase sarà così conclusa. Nella seconda verranno perfezionati gli accordi e saranno compiuti tutti i passaggi tecnici necessari al trasferimento vero e proprio delle quote: servirà per questo un periodo di tempo più lungo. Una parte di minoranza resterà ad Elliott, che nel frattempo incasserà un miliardo e trecento milioni. Conferme anche sullo stadio: le opzioni sono due: San Siro, zona che Cardinale conosce, e Sesto, che il futuro proprietario ha visitato.
Anche Tuttosport: studi legali al lavoro ai dettagli del contratto. Cardinale è già in città. Elliott, dal canto suo resterà in minoranza con una buona fetta di azioni (20 o 30% secondo le varie versioni NDR) che possano permettere di avere un’espressione diretta all’interno del consiglio d’amministrazione. Tra gli uomini più attivi ed apprezzati il solito Giorgio Furlani.