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Tuttosport: "Quando Brahim Diaz è andato via, ho chiesto di poter prendere la maglia numero 10» con queste parole, rilasciate in diverse interviste, Rafael Leao ha certificato il suo cambio di numero, lasciando la 17 (oggi sulle spalle del suo amico Noah Okafor) per passare al numero dei grandi. Al Milan la 10 ha un peso specifico importantissimo. Senza andare troppo indietro nella storia e scomodare Gianni Rivera, negli ultimi 36 anni ci sono stati tanti campioni che hanno portato il Milan a vincere, da protagonisti, con la 10 sulle loro spalle.
Il primo a riuscirci è stato Ruud Gullit che, alla prima stagione agli ordini di Sacchi, trascinò la squadra alla vittoria dello scudetto, apripista di un dominio internazionale nelle successive due annate. La 10 rossonera è poi passata con costanza sulle spalle di Dejan Savicevic, con il genio che alla sua prima vera stagione da protagonista (1993-94) prese per mano la squadra di Capello centrando il terzo scudetto consecutivo e anche la quinta Champions League della storia, con l’immortale 4-0 rifilato al Barcellona di Cruijff ad Atene e il suo magico pallonetto. Il suo erede, nell’annata 1998-99, è stato Zvonimir Boban, determinante per il sedicesimo scudetto con Zaccheroni in panchina. Dopo il ritiro di "Zorro", la 10 passò a mister 85 miliardi di lire, Manuel Rui Costa. Era l’annata 2001-02, ma il portoghese faticò a ingranare anche a causa di infortuni e di un Milan in fase evolutiva. L’anno dopo, invece, il nome di Rui Costa entrò stabilmente nei tabellini a livello di assist vincenti - molti dei quali a Pippo Inzaghi - che consentirono al Milan di arrivare a vincere la Champions di Manchester contro la Juventus. Dopo il ritorno al Benfica, toccò a Clarence Seedorf prendersi la 10 sulle spalle e la stagione 2006-07 si concluse con la settima e ultima Champions League vinta dal Milan oltre allo scudetto del 2010-11. Poi, tra Boateng, Honda e Calhanoglu, il Milan non ha più avuto un 10 impattante, missione riuscita solo in parte a Brahim Diaz nelle ultime due stagioni, con lo spagnolo attore non protagonista nello scudetto del 2021-22.
Adesso tocca a Leao prendersi sulle spalle l’incombenza della storia del Diavolo e la responsabilità di essere un leader che possa portare il Milan a riaprire la bacheca. Lo scudetto è un obiettivo dichiarato da diversi rossoneri negli ultimi giorni e anche lo stesso Rafa dalla California ha ammesso: «Dobbiamo vincere un trofeo. Dobbiamo allenarci e capire quello che vuole Pioli per fare una stagione da grandi. Da quello che ho visto nelle amichevoli contro Real e Juventus, abbiamo una squadra molto forte. Il sogno dello scudetto l’ho realizzato, ora manca la Champions, il trofeo che tutti i calciatori vogliono vincere. In Italia comunque è difficile vincere perché ci sono tante squadre forti - ha spiegato il portoghese - e in 38 gare non puoi mai perdere. Se dovessimo vincere di nuovo lo scudetto, mi tatuerò magari le due stelle». E le promesse, si sa, sono un debito...
Il primo a riuscirci è stato Ruud Gullit che, alla prima stagione agli ordini di Sacchi, trascinò la squadra alla vittoria dello scudetto, apripista di un dominio internazionale nelle successive due annate. La 10 rossonera è poi passata con costanza sulle spalle di Dejan Savicevic, con il genio che alla sua prima vera stagione da protagonista (1993-94) prese per mano la squadra di Capello centrando il terzo scudetto consecutivo e anche la quinta Champions League della storia, con l’immortale 4-0 rifilato al Barcellona di Cruijff ad Atene e il suo magico pallonetto. Il suo erede, nell’annata 1998-99, è stato Zvonimir Boban, determinante per il sedicesimo scudetto con Zaccheroni in panchina. Dopo il ritiro di "Zorro", la 10 passò a mister 85 miliardi di lire, Manuel Rui Costa. Era l’annata 2001-02, ma il portoghese faticò a ingranare anche a causa di infortuni e di un Milan in fase evolutiva. L’anno dopo, invece, il nome di Rui Costa entrò stabilmente nei tabellini a livello di assist vincenti - molti dei quali a Pippo Inzaghi - che consentirono al Milan di arrivare a vincere la Champions di Manchester contro la Juventus. Dopo il ritorno al Benfica, toccò a Clarence Seedorf prendersi la 10 sulle spalle e la stagione 2006-07 si concluse con la settima e ultima Champions League vinta dal Milan oltre allo scudetto del 2010-11. Poi, tra Boateng, Honda e Calhanoglu, il Milan non ha più avuto un 10 impattante, missione riuscita solo in parte a Brahim Diaz nelle ultime due stagioni, con lo spagnolo attore non protagonista nello scudetto del 2021-22.
Adesso tocca a Leao prendersi sulle spalle l’incombenza della storia del Diavolo e la responsabilità di essere un leader che possa portare il Milan a riaprire la bacheca. Lo scudetto è un obiettivo dichiarato da diversi rossoneri negli ultimi giorni e anche lo stesso Rafa dalla California ha ammesso: «Dobbiamo vincere un trofeo. Dobbiamo allenarci e capire quello che vuole Pioli per fare una stagione da grandi. Da quello che ho visto nelle amichevoli contro Real e Juventus, abbiamo una squadra molto forte. Il sogno dello scudetto l’ho realizzato, ora manca la Champions, il trofeo che tutti i calciatori vogliono vincere. In Italia comunque è difficile vincere perché ci sono tante squadre forti - ha spiegato il portoghese - e in 38 gare non puoi mai perdere. Se dovessimo vincere di nuovo lo scudetto, mi tatuerò magari le due stelle». E le promesse, si sa, sono un debito...