Leao:"Ora una canzone per i miei figli. Le critiche e il futuro...".

gabri65

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Rafa, era l’1 agosto 2019 quando sei arrivato al Milan. Sei sempre molto giovane ma ormai sei un veterano rossonero.

«Sì, ne è passato di tempo. Sono arrivato che avevo vent’anni, mi sentivo un ragazzino. Ora, invece, sono diventato un uomo: il club, con tutto il suo staff, dai compagni di squadra ai dirigenti, mi ha fatto crescere. Tutti i giorni, stagione dopo stagione, mi hanno dato e insegnato tanto. Devo ringraziare tutti quelli che sono stati al mio fianco in questi anni al Milan: ognuno è stato importante per la mia crescita».

Sei un calciatore molto amato ma, visto il tuo grande talento, a volte sei soggetto a critiche. C’è chi ti rimprovera di non riuscire ad esprimere tutte le potenzialità enormi che hai. Non deve essere facile reggere le pressioni…

«Solitamente non leggo le critiche. Se te le fanno è perché sei bravo in quello che fai e ci si aspetta tanto da te. Comunque non sento la pressione perché adoro il calcio, è la cosa più bella che c’è per me. Sono nato giocando a calcio; ogni volta che entro in campo cerco di sfruttare al massimo la possibilità di fare ciò che più amo. Ovviamente è anche un lavoro, che affronto sempre con responsabilità, ma anche con la voglia di divertirmi con i miei compagni e di sfruttare l’occasione».

Delle tante partite disputate, qual è quella che porti più nel cuore?

«Tra quelle con la Nazionale, la partita contro il Ghana, a Qatar 2022, quando ho fatto il mio debutto in una competizione mondiale (con tanto di gol, il primo con la maglia del Portogallo, ndr). Con il Milan la partita contro il Sassuolo fuori casa, l’ultima di campionato, maggio 2022, che ci ha poi regalato lo scudetto».

Il dribbling è il tuo pezzo forte. Ed è libertà, fantasia, potenza, velocità… È qualcosa che rappresenta la tua personalità?

«Il dribbling è forse proprio il simbolo della mia serenità in campo: la gente parla, c’è pressione, ma io quando sono sul rettangolo di gioco riesco a mettere da parte tutto. Scatta una sfida con me stesso. Il mio obiettivo: cercare di fare sempre meglio».


Il messaggio di adidas quest’anno non è solo “You got this”, ovvero “tutti ce la possono fare”, ma anche “Plus one”. Chi è stato il tuo plus one, cioè il supporto e lo stimolo fondamentale dietro il tuo successo?

«La mia famiglia. E anche le persone del mio quartiere ad Almada, la città dove sono nato. Al Bairro da Jamaica c’erano tanti ragazzini come me che avevano talento, però non hanno avuto successo, forse perché non avevano un padre, una mamma o uno zio che li poteva portare sulla strada giusta. Io sono arrivato fin qui anche per loro che non ce l’hanno fatta. L’ho fatto anche per loro. E voglio continuare a fare grandi cose.

E poi sono un “plus one” anche i bambini. Incontrare piccoli tifosi che mi dicono “sei il mio idolo” mi dà forza. Voglio far veder loro che giocare a calcio deve essere una gioia e l’occasione per mettere da parte i problemi».

Qual è il tuo rapporto con Milano?

«Ci sono solo cose positive a Milano. Ci sono tanti milanisti, si mangia bene, il clima è simile a quello del Portogallo. La mia famiglia si sente a casa qui».

E non ti manca il tuo Paese?

«Ovviamente sì, c’è parte della mia famiglia in Portogallo, i miei figli sono nati là, sarà sempre un pezzo di cuore. Però l’Italia mi ha dato tanto, fa parte della mia crescita: la porterò per sempre dentro di me».

Milano è la città della moda. Calza a pennello su di te che hai il tuo marchio di streetwear, Son is son. Come ti piace vestirti?

«Io sono un ragazzo semplice, quindi mi piacciono le cose semplici: mi piace vestirmi comodo, non mi faccio influenzare né indosso qualcosa per piacere agli altri. Milano è bella anche per questo: c’è la Fashion Week, c’è bella gente che si veste bene. Da quando sono arrivato ho imparato molto anche a livello di stile».

Com’è nata la tua passione per la moda?

«Grazie a mio padre, da quando ero bambino. Non avevamo tanto, però anche con il poco che avevamo lui cercava sempre di vestirmi bene, di mettermi le scarpe belle. E anche lui era attento a vestirsi bene e interessato alla moda».


L’altra tua grande passione: la musica. Cosa ascolti di solito?

«Ascolto di tutto, ogni genere musicale. Dipende dal mood, da come mi sveglio la mattina. Metto ogni tipo di musica sulla base del mio umore».

Hai un terzo album in lavorazione?

«Sì, ma non uscirà di certo ora perché c’è ancora una stagione importante da finire e si può ancora vincere qualcosa di importante (lo abbiamo intervistato prima della finale di Coppa Italia, ndr). E poi, quando scatteranno le vacanze, forse ci sarà un nuovo rilascio».

Ibrahimovic all’inizio non era così contento della tua veste da rapper. Ora?

«Come detto prima, c’è un tempo giusto per ogni cosa. Lui è uno che punta alla massima concentrazione dentro e fuori del campo, però ha capito la mia personalità, che la musica è una cosa che mi appartiene, e anche che sono una persona responsabile e, come calciatore, non sono distratto da questa mia passione».

La tua canzone preferita tra quelle che hai scritto?

«Una canzone che deve ancora uscire del nuovo album: è dedicata agli ultimi mesi della mia vita, cambiata così tanto grazie alla nascita dei miei figli. È ancora senza titolo».

Ora che sei padre, come sei cambiato?

«Ho imparato il valore del tempo, ad approfittare di ogni momento con i miei figli. Quando sono triste, appena arrivo a casa e li vedo mi dimentico di tutte le difficoltà perché loro sono la mia forza. Il loro sorriso mi dà energia. Possono esserci problemi e problemi però loro mi danno lo stimolo per attraversare ogni cosa. Sono due bambini bellissimi. Spero di poter dar loro uno splendido futuro».


Visto che quando scatti palla al piede è quasi impossibile fermarti, il film che ti rappresenta potrebbe essere Prova a prendermi. Qual è il tuo film preferito?

«Fast & Furious».

E in effetti anche qui c’è in ballo la velocità. Nel tempo libero cosa ti piace fare, al di là del comporre musica?

«Stare a casa e riposare. Io dormo tanto. La vita di un calciatore non è così facile come può sembrare. Pare che possiamo fare e comprare tutto però il riposo e stare con la propria famiglia sono la cosa più importante. Non ci sono soldi che possono comprarli. Quindi, terminato l’allenamento, sto a casa con la mia famiglia, con i miei bambini. Quando sono da solo cerco di riposare al massimo e di mettere in ordine le mie idee sulle prossime cose che voglio realizzare».

Il sorriso è il tuo marchio di fabbrica, tanto che Smile è il titolo del tuo libro del 2024. Credi sia anche una sorta di arma per reagire alle difficoltà?

«Anche, sì. Poi ci sono persone davvero in difficoltà. Noi invece siamo qui, abbiamo una famiglia, salute, possiamo mangiare, io faccio quello che sognavo di fare. Quindi quando subentra un problema, è per lo più un piccolo problema, e mettersi un sorriso in viso è la cosa migliore perché siamo forti e le cose e le persone attorno a noi ci danno quella forza per riuscire a vincere».

Tuo padre è originario dell’Angola e tua madre di São Tomé e Príncipe. Sul polpaccio hai il tatuaggio di Martin Luther King con la scritta “I have a dream”. Cosa significa per te?

«Martin Luther King è una persona molto importante per me e, ovviamente, per il mondo intero, ha cambiato la storia dei diritti civili. Il suo modo di rapportarsi alla gente che era contro di lui è un modo di vivere. La frase “I have a dream” è una buona filosofia per concentrarsi sui propri obiettivi, perché nulla possa ritardare quello che vuoi fare».

Quando pensi al tuo futuro, dove ti vedi e a fare cosa?

«Ho ancora tanti obiettivi da raggiungere: voglio continuare a divertirmi e a giocare ad alto livello».

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'Sto c0j0ne scarso sta al solito livello degli strozzini, Scarognoni e Furlano per quanto riguarda il contributo al degrado Milan.

Un modello di successo per le nuove generazioni, hai capito. Glieli farei ingoiare a forza, quei collanoni da rapper gangsta.
 
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«Stare a casa e riposare. Io dormo tanto. La vita di un calciatore non è così facile come può sembrare. Pare che possiamo fare e comprare tutto però il riposo e stare con la propria famiglia sono la cosa più importante. Non ci sono soldi che possono comprarli. Quindi, terminato l’allenamento, sto a casa con la mia famiglia, con i miei bambini. Quando sono da solo cerco di riposare al massimo e di mettere in ordine le mie idee sulle prossime cose che voglio realizzare»
Basta con queste scemenze. Le sedute di allenamento durano qualche ora. Poi hai tutto il tempo libero che vuoi. La gente normale i figli li vede solo la sera quando magari è distrutta dal lavoro e il giorno dopo deve comunque svegliarsi presto per ricominciare. Basta con questi piagnistei già fatti da altri. Siete milionari privilegiati e anche questa roba del tempo è una balla. Fate qualche trasferta lontano da casa basta drammi.
 
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Questo è il primo della rosa che va venduto al primo gonzo che fa un'offerta decente. Non mi addentro in questioni tecniche o tattiche, voglio solo sottolineare che sono anni che sottolinea apertamente che il calcio non è la sua priorità nella vita. Voi fareste di uno del genere il perno della vostra squadra?
 
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Rafa, era l’1 agosto 2019 quando sei arrivato al Milan. Sei sempre molto giovane ma ormai sei un veterano rossonero.

«Sì, ne è passato di tempo. Sono arrivato che avevo vent’anni, mi sentivo un ragazzino. Ora, invece, sono diventato un uomo: il club, con tutto il suo staff, dai compagni di squadra ai dirigenti, mi ha fatto crescere. Tutti i giorni, stagione dopo stagione, mi hanno dato e insegnato tanto. Devo ringraziare tutti quelli che sono stati al mio fianco in questi anni al Milan: ognuno è stato importante per la mia crescita».

Sei un calciatore molto amato ma, visto il tuo grande talento, a volte sei soggetto a critiche. C’è chi ti rimprovera di non riuscire ad esprimere tutte le potenzialità enormi che hai. Non deve essere facile reggere le pressioni…

«Solitamente non leggo le critiche. Se te le fanno è perché sei bravo in quello che fai e ci si aspetta tanto da te. Comunque non sento la pressione perché adoro il calcio, è la cosa più bella che c’è per me. Sono nato giocando a calcio; ogni volta che entro in campo cerco di sfruttare al massimo la possibilità di fare ciò che più amo. Ovviamente è anche un lavoro, che affronto sempre con responsabilità, ma anche con la voglia di divertirmi con i miei compagni e di sfruttare l’occasione».

Delle tante partite disputate, qual è quella che porti più nel cuore?

«Tra quelle con la Nazionale, la partita contro il Ghana, a Qatar 2022, quando ho fatto il mio debutto in una competizione mondiale (con tanto di gol, il primo con la maglia del Portogallo, ndr). Con il Milan la partita contro il Sassuolo fuori casa, l’ultima di campionato, maggio 2022, che ci ha poi regalato lo scudetto».

Il dribbling è il tuo pezzo forte. Ed è libertà, fantasia, potenza, velocità… È qualcosa che rappresenta la tua personalità?

«Il dribbling è forse proprio il simbolo della mia serenità in campo: la gente parla, c’è pressione, ma io quando sono sul rettangolo di gioco riesco a mettere da parte tutto. Scatta una sfida con me stesso. Il mio obiettivo: cercare di fare sempre meglio».


Il messaggio di adidas quest’anno non è solo “You got this”, ovvero “tutti ce la possono fare”, ma anche “Plus one”. Chi è stato il tuo plus one, cioè il supporto e lo stimolo fondamentale dietro il tuo successo?

«La mia famiglia. E anche le persone del mio quartiere ad Almada, la città dove sono nato. Al Bairro da Jamaica c’erano tanti ragazzini come me che avevano talento, però non hanno avuto successo, forse perché non avevano un padre, una mamma o uno zio che li poteva portare sulla strada giusta. Io sono arrivato fin qui anche per loro che non ce l’hanno fatta. L’ho fatto anche per loro. E voglio continuare a fare grandi cose.

E poi sono un “plus one” anche i bambini. Incontrare piccoli tifosi che mi dicono “sei il mio idolo” mi dà forza. Voglio far veder loro che giocare a calcio deve essere una gioia e l’occasione per mettere da parte i problemi».

Qual è il tuo rapporto con Milano?

«Ci sono solo cose positive a Milano. Ci sono tanti milanisti, si mangia bene, il clima è simile a quello del Portogallo. La mia famiglia si sente a casa qui».

E non ti manca il tuo Paese?

«Ovviamente sì, c’è parte della mia famiglia in Portogallo, i miei figli sono nati là, sarà sempre un pezzo di cuore. Però l’Italia mi ha dato tanto, fa parte della mia crescita: la porterò per sempre dentro di me».

Milano è la città della moda. Calza a pennello su di te che hai il tuo marchio di streetwear, Son is son. Come ti piace vestirti?

«Io sono un ragazzo semplice, quindi mi piacciono le cose semplici: mi piace vestirmi comodo, non mi faccio influenzare né indosso qualcosa per piacere agli altri. Milano è bella anche per questo: c’è la Fashion Week, c’è bella gente che si veste bene. Da quando sono arrivato ho imparato molto anche a livello di stile».

Com’è nata la tua passione per la moda?

«Grazie a mio padre, da quando ero bambino. Non avevamo tanto, però anche con il poco che avevamo lui cercava sempre di vestirmi bene, di mettermi le scarpe belle. E anche lui era attento a vestirsi bene e interessato alla moda».


L’altra tua grande passione: la musica. Cosa ascolti di solito?

«Ascolto di tutto, ogni genere musicale. Dipende dal mood, da come mi sveglio la mattina. Metto ogni tipo di musica sulla base del mio umore».

Hai un terzo album in lavorazione?

«Sì, ma non uscirà di certo ora perché c’è ancora una stagione importante da finire e si può ancora vincere qualcosa di importante (lo abbiamo intervistato prima della finale di Coppa Italia, ndr). E poi, quando scatteranno le vacanze, forse ci sarà un nuovo rilascio».

Ibrahimovic all’inizio non era così contento della tua veste da rapper. Ora?

«Come detto prima, c’è un tempo giusto per ogni cosa. Lui è uno che punta alla massima concentrazione dentro e fuori del campo, però ha capito la mia personalità, che la musica è una cosa che mi appartiene, e anche che sono una persona responsabile e, come calciatore, non sono distratto da questa mia passione».

La tua canzone preferita tra quelle che hai scritto?

«Una canzone che deve ancora uscire del nuovo album: è dedicata agli ultimi mesi della mia vita, cambiata così tanto grazie alla nascita dei miei figli. È ancora senza titolo».

Ora che sei padre, come sei cambiato?

«Ho imparato il valore del tempo, ad approfittare di ogni momento con i miei figli. Quando sono triste, appena arrivo a casa e li vedo mi dimentico di tutte le difficoltà perché loro sono la mia forza. Il loro sorriso mi dà energia. Possono esserci problemi e problemi però loro mi danno lo stimolo per attraversare ogni cosa. Sono due bambini bellissimi. Spero di poter dar loro uno splendido futuro».


Visto che quando scatti palla al piede è quasi impossibile fermarti, il film che ti rappresenta potrebbe essere Prova a prendermi. Qual è il tuo film preferito?

«Fast & Furious».

E in effetti anche qui c’è in ballo la velocità. Nel tempo libero cosa ti piace fare, al di là del comporre musica?

«Stare a casa e riposare. Io dormo tanto. La vita di un calciatore non è così facile come può sembrare. Pare che possiamo fare e comprare tutto però il riposo e stare con la propria famiglia sono la cosa più importante. Non ci sono soldi che possono comprarli. Quindi, terminato l’allenamento, sto a casa con la mia famiglia, con i miei bambini. Quando sono da solo cerco di riposare al massimo e di mettere in ordine le mie idee sulle prossime cose che voglio realizzare».

Il sorriso è il tuo marchio di fabbrica, tanto che Smile è il titolo del tuo libro del 2024. Credi sia anche una sorta di arma per reagire alle difficoltà?

«Anche, sì. Poi ci sono persone davvero in difficoltà. Noi invece siamo qui, abbiamo una famiglia, salute, possiamo mangiare, io faccio quello che sognavo di fare. Quindi quando subentra un problema, è per lo più un piccolo problema, e mettersi un sorriso in viso è la cosa migliore perché siamo forti e le cose e le persone attorno a noi ci danno quella forza per riuscire a vincere».

Tuo padre è originario dell’Angola e tua madre di São Tomé e Príncipe. Sul polpaccio hai il tatuaggio di Martin Luther King con la scritta “I have a dream”. Cosa significa per te?

«Martin Luther King è una persona molto importante per me e, ovviamente, per il mondo intero, ha cambiato la storia dei diritti civili. Il suo modo di rapportarsi alla gente che era contro di lui è un modo di vivere. La frase “I have a dream” è una buona filosofia per concentrarsi sui propri obiettivi, perché nulla possa ritardare quello che vuoi fare».

Quando pensi al tuo futuro, dove ti vedi e a fare cosa?

«Ho ancora tanti obiettivi da raggiungere: voglio continuare a divertirmi e a giocare ad alto livello».

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Ma vai a cacare gli si può dire?
 
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Rafa, era l’1 agosto 2019 quando sei arrivato al Milan. Sei sempre molto giovane ma ormai sei un veterano rossonero.

«Sì, ne è passato di tempo. Sono arrivato che avevo vent’anni, mi sentivo un ragazzino. Ora, invece, sono diventato un uomo: il club, con tutto il suo staff, dai compagni di squadra ai dirigenti, mi ha fatto crescere. Tutti i giorni, stagione dopo stagione, mi hanno dato e insegnato tanto. Devo ringraziare tutti quelli che sono stati al mio fianco in questi anni al Milan: ognuno è stato importante per la mia crescita».

Sei un calciatore molto amato ma, visto il tuo grande talento, a volte sei soggetto a critiche. C’è chi ti rimprovera di non riuscire ad esprimere tutte le potenzialità enormi che hai. Non deve essere facile reggere le pressioni…

«Solitamente non leggo le critiche. Se te le fanno è perché sei bravo in quello che fai e ci si aspetta tanto da te. Comunque non sento la pressione perché adoro il calcio, è la cosa più bella che c’è per me. Sono nato giocando a calcio; ogni volta che entro in campo cerco di sfruttare al massimo la possibilità di fare ciò che più amo. Ovviamente è anche un lavoro, che affronto sempre con responsabilità, ma anche con la voglia di divertirmi con i miei compagni e di sfruttare l’occasione».

Delle tante partite disputate, qual è quella che porti più nel cuore?

«Tra quelle con la Nazionale, la partita contro il Ghana, a Qatar 2022, quando ho fatto il mio debutto in una competizione mondiale (con tanto di gol, il primo con la maglia del Portogallo, ndr). Con il Milan la partita contro il Sassuolo fuori casa, l’ultima di campionato, maggio 2022, che ci ha poi regalato lo scudetto».

Il dribbling è il tuo pezzo forte. Ed è libertà, fantasia, potenza, velocità… È qualcosa che rappresenta la tua personalità?

«Il dribbling è forse proprio il simbolo della mia serenità in campo: la gente parla, c’è pressione, ma io quando sono sul rettangolo di gioco riesco a mettere da parte tutto. Scatta una sfida con me stesso. Il mio obiettivo: cercare di fare sempre meglio».


Il messaggio di adidas quest’anno non è solo “You got this”, ovvero “tutti ce la possono fare”, ma anche “Plus one”. Chi è stato il tuo plus one, cioè il supporto e lo stimolo fondamentale dietro il tuo successo?

«La mia famiglia. E anche le persone del mio quartiere ad Almada, la città dove sono nato. Al Bairro da Jamaica c’erano tanti ragazzini come me che avevano talento, però non hanno avuto successo, forse perché non avevano un padre, una mamma o uno zio che li poteva portare sulla strada giusta. Io sono arrivato fin qui anche per loro che non ce l’hanno fatta. L’ho fatto anche per loro. E voglio continuare a fare grandi cose.

E poi sono un “plus one” anche i bambini. Incontrare piccoli tifosi che mi dicono “sei il mio idolo” mi dà forza. Voglio far veder loro che giocare a calcio deve essere una gioia e l’occasione per mettere da parte i problemi».

Qual è il tuo rapporto con Milano?

«Ci sono solo cose positive a Milano. Ci sono tanti milanisti, si mangia bene, il clima è simile a quello del Portogallo. La mia famiglia si sente a casa qui».

E non ti manca il tuo Paese?

«Ovviamente sì, c’è parte della mia famiglia in Portogallo, i miei figli sono nati là, sarà sempre un pezzo di cuore. Però l’Italia mi ha dato tanto, fa parte della mia crescita: la porterò per sempre dentro di me».

Milano è la città della moda. Calza a pennello su di te che hai il tuo marchio di streetwear, Son is son. Come ti piace vestirti?

«Io sono un ragazzo semplice, quindi mi piacciono le cose semplici: mi piace vestirmi comodo, non mi faccio influenzare né indosso qualcosa per piacere agli altri. Milano è bella anche per questo: c’è la Fashion Week, c’è bella gente che si veste bene. Da quando sono arrivato ho imparato molto anche a livello di stile».

Com’è nata la tua passione per la moda?

«Grazie a mio padre, da quando ero bambino. Non avevamo tanto, però anche con il poco che avevamo lui cercava sempre di vestirmi bene, di mettermi le scarpe belle. E anche lui era attento a vestirsi bene e interessato alla moda».


L’altra tua grande passione: la musica. Cosa ascolti di solito?

«Ascolto di tutto, ogni genere musicale. Dipende dal mood, da come mi sveglio la mattina. Metto ogni tipo di musica sulla base del mio umore».

Hai un terzo album in lavorazione?

«Sì, ma non uscirà di certo ora perché c’è ancora una stagione importante da finire e si può ancora vincere qualcosa di importante (lo abbiamo intervistato prima della finale di Coppa Italia, ndr). E poi, quando scatteranno le vacanze, forse ci sarà un nuovo rilascio».

Ibrahimovic all’inizio non era così contento della tua veste da rapper. Ora?

«Come detto prima, c’è un tempo giusto per ogni cosa. Lui è uno che punta alla massima concentrazione dentro e fuori del campo, però ha capito la mia personalità, che la musica è una cosa che mi appartiene, e anche che sono una persona responsabile e, come calciatore, non sono distratto da questa mia passione».

La tua canzone preferita tra quelle che hai scritto?

«Una canzone che deve ancora uscire del nuovo album: è dedicata agli ultimi mesi della mia vita, cambiata così tanto grazie alla nascita dei miei figli. È ancora senza titolo».

Ora che sei padre, come sei cambiato?

«Ho imparato il valore del tempo, ad approfittare di ogni momento con i miei figli. Quando sono triste, appena arrivo a casa e li vedo mi dimentico di tutte le difficoltà perché loro sono la mia forza. Il loro sorriso mi dà energia. Possono esserci problemi e problemi però loro mi danno lo stimolo per attraversare ogni cosa. Sono due bambini bellissimi. Spero di poter dar loro uno splendido futuro».


Visto che quando scatti palla al piede è quasi impossibile fermarti, il film che ti rappresenta potrebbe essere Prova a prendermi. Qual è il tuo film preferito?

«Fast & Furious».

E in effetti anche qui c’è in ballo la velocità. Nel tempo libero cosa ti piace fare, al di là del comporre musica?

«Stare a casa e riposare. Io dormo tanto. La vita di un calciatore non è così facile come può sembrare. Pare che possiamo fare e comprare tutto però il riposo e stare con la propria famiglia sono la cosa più importante. Non ci sono soldi che possono comprarli. Quindi, terminato l’allenamento, sto a casa con la mia famiglia, con i miei bambini. Quando sono da solo cerco di riposare al massimo e di mettere in ordine le mie idee sulle prossime cose che voglio realizzare».

Il sorriso è il tuo marchio di fabbrica, tanto che Smile è il titolo del tuo libro del 2024. Credi sia anche una sorta di arma per reagire alle difficoltà?

«Anche, sì. Poi ci sono persone davvero in difficoltà. Noi invece siamo qui, abbiamo una famiglia, salute, possiamo mangiare, io faccio quello che sognavo di fare. Quindi quando subentra un problema, è per lo più un piccolo problema, e mettersi un sorriso in viso è la cosa migliore perché siamo forti e le cose e le persone attorno a noi ci danno quella forza per riuscire a vincere».

Tuo padre è originario dell’Angola e tua madre di São Tomé e Príncipe. Sul polpaccio hai il tatuaggio di Martin Luther King con la scritta “I have a dream”. Cosa significa per te?

«Martin Luther King è una persona molto importante per me e, ovviamente, per il mondo intero, ha cambiato la storia dei diritti civili. Il suo modo di rapportarsi alla gente che era contro di lui è un modo di vivere. La frase “I have a dream” è una buona filosofia per concentrarsi sui propri obiettivi, perché nulla possa ritardare quello che vuoi fare».

Quando pensi al tuo futuro, dove ti vedi e a fare cosa?

«Ho ancora tanti obiettivi da raggiungere: voglio continuare a divertirmi e a giocare ad alto livello».

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Solo festa quando questo personaggio da cartoon stile rapper di Disneyland si toglierà dalle palle.
 

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Rafa, era l’1 agosto 2019 quando sei arrivato al Milan. Sei sempre molto giovane ma ormai sei un veterano rossonero.

«Sì, ne è passato di tempo. Sono arrivato che avevo vent’anni, mi sentivo un ragazzino. Ora, invece, sono diventato un uomo: il club, con tutto il suo staff, dai compagni di squadra ai dirigenti, mi ha fatto crescere. Tutti i giorni, stagione dopo stagione, mi hanno dato e insegnato tanto. Devo ringraziare tutti quelli che sono stati al mio fianco in questi anni al Milan: ognuno è stato importante per la mia crescita».

Sei un calciatore molto amato ma, visto il tuo grande talento, a volte sei soggetto a critiche. C’è chi ti rimprovera di non riuscire ad esprimere tutte le potenzialità enormi che hai. Non deve essere facile reggere le pressioni…

«Solitamente non leggo le critiche. Se te le fanno è perché sei bravo in quello che fai e ci si aspetta tanto da te. Comunque non sento la pressione perché adoro il calcio, è la cosa più bella che c’è per me. Sono nato giocando a calcio; ogni volta che entro in campo cerco di sfruttare al massimo la possibilità di fare ciò che più amo. Ovviamente è anche un lavoro, che affronto sempre con responsabilità, ma anche con la voglia di divertirmi con i miei compagni e di sfruttare l’occasione».

Delle tante partite disputate, qual è quella che porti più nel cuore?

«Tra quelle con la Nazionale, la partita contro il Ghana, a Qatar 2022, quando ho fatto il mio debutto in una competizione mondiale (con tanto di gol, il primo con la maglia del Portogallo, ndr). Con il Milan la partita contro il Sassuolo fuori casa, l’ultima di campionato, maggio 2022, che ci ha poi regalato lo scudetto».

Il dribbling è il tuo pezzo forte. Ed è libertà, fantasia, potenza, velocità… È qualcosa che rappresenta la tua personalità?

«Il dribbling è forse proprio il simbolo della mia serenità in campo: la gente parla, c’è pressione, ma io quando sono sul rettangolo di gioco riesco a mettere da parte tutto. Scatta una sfida con me stesso. Il mio obiettivo: cercare di fare sempre meglio».


Il messaggio di adidas quest’anno non è solo “You got this”, ovvero “tutti ce la possono fare”, ma anche “Plus one”. Chi è stato il tuo plus one, cioè il supporto e lo stimolo fondamentale dietro il tuo successo?

«La mia famiglia. E anche le persone del mio quartiere ad Almada, la città dove sono nato. Al Bairro da Jamaica c’erano tanti ragazzini come me che avevano talento, però non hanno avuto successo, forse perché non avevano un padre, una mamma o uno zio che li poteva portare sulla strada giusta. Io sono arrivato fin qui anche per loro che non ce l’hanno fatta. L’ho fatto anche per loro. E voglio continuare a fare grandi cose.

E poi sono un “plus one” anche i bambini. Incontrare piccoli tifosi che mi dicono “sei il mio idolo” mi dà forza. Voglio far veder loro che giocare a calcio deve essere una gioia e l’occasione per mettere da parte i problemi».

Qual è il tuo rapporto con Milano?

«Ci sono solo cose positive a Milano. Ci sono tanti milanisti, si mangia bene, il clima è simile a quello del Portogallo. La mia famiglia si sente a casa qui».

E non ti manca il tuo Paese?

«Ovviamente sì, c’è parte della mia famiglia in Portogallo, i miei figli sono nati là, sarà sempre un pezzo di cuore. Però l’Italia mi ha dato tanto, fa parte della mia crescita: la porterò per sempre dentro di me».

Milano è la città della moda. Calza a pennello su di te che hai il tuo marchio di streetwear, Son is son. Come ti piace vestirti?

«Io sono un ragazzo semplice, quindi mi piacciono le cose semplici: mi piace vestirmi comodo, non mi faccio influenzare né indosso qualcosa per piacere agli altri. Milano è bella anche per questo: c’è la Fashion Week, c’è bella gente che si veste bene. Da quando sono arrivato ho imparato molto anche a livello di stile».

Com’è nata la tua passione per la moda?

«Grazie a mio padre, da quando ero bambino. Non avevamo tanto, però anche con il poco che avevamo lui cercava sempre di vestirmi bene, di mettermi le scarpe belle. E anche lui era attento a vestirsi bene e interessato alla moda».


L’altra tua grande passione: la musica. Cosa ascolti di solito?

«Ascolto di tutto, ogni genere musicale. Dipende dal mood, da come mi sveglio la mattina. Metto ogni tipo di musica sulla base del mio umore».

Hai un terzo album in lavorazione?

«Sì, ma non uscirà di certo ora perché c’è ancora una stagione importante da finire e si può ancora vincere qualcosa di importante (lo abbiamo intervistato prima della finale di Coppa Italia, ndr). E poi, quando scatteranno le vacanze, forse ci sarà un nuovo rilascio».

Ibrahimovic all’inizio non era così contento della tua veste da rapper. Ora?

«Come detto prima, c’è un tempo giusto per ogni cosa. Lui è uno che punta alla massima concentrazione dentro e fuori del campo, però ha capito la mia personalità, che la musica è una cosa che mi appartiene, e anche che sono una persona responsabile e, come calciatore, non sono distratto da questa mia passione».

La tua canzone preferita tra quelle che hai scritto?

«Una canzone che deve ancora uscire del nuovo album: è dedicata agli ultimi mesi della mia vita, cambiata così tanto grazie alla nascita dei miei figli. È ancora senza titolo».

Ora che sei padre, come sei cambiato?

«Ho imparato il valore del tempo, ad approfittare di ogni momento con i miei figli. Quando sono triste, appena arrivo a casa e li vedo mi dimentico di tutte le difficoltà perché loro sono la mia forza. Il loro sorriso mi dà energia. Possono esserci problemi e problemi però loro mi danno lo stimolo per attraversare ogni cosa. Sono due bambini bellissimi. Spero di poter dar loro uno splendido futuro».


Visto che quando scatti palla al piede è quasi impossibile fermarti, il film che ti rappresenta potrebbe essere Prova a prendermi. Qual è il tuo film preferito?

«Fast & Furious».

E in effetti anche qui c’è in ballo la velocità. Nel tempo libero cosa ti piace fare, al di là del comporre musica?

«Stare a casa e riposare. Io dormo tanto. La vita di un calciatore non è così facile come può sembrare. Pare che possiamo fare e comprare tutto però il riposo e stare con la propria famiglia sono la cosa più importante. Non ci sono soldi che possono comprarli. Quindi, terminato l’allenamento, sto a casa con la mia famiglia, con i miei bambini. Quando sono da solo cerco di riposare al massimo e di mettere in ordine le mie idee sulle prossime cose che voglio realizzare».

Il sorriso è il tuo marchio di fabbrica, tanto che Smile è il titolo del tuo libro del 2024. Credi sia anche una sorta di arma per reagire alle difficoltà?

«Anche, sì. Poi ci sono persone davvero in difficoltà. Noi invece siamo qui, abbiamo una famiglia, salute, possiamo mangiare, io faccio quello che sognavo di fare. Quindi quando subentra un problema, è per lo più un piccolo problema, e mettersi un sorriso in viso è la cosa migliore perché siamo forti e le cose e le persone attorno a noi ci danno quella forza per riuscire a vincere».

Tuo padre è originario dell’Angola e tua madre di São Tomé e Príncipe. Sul polpaccio hai il tatuaggio di Martin Luther King con la scritta “I have a dream”. Cosa significa per te?

«Martin Luther King è una persona molto importante per me e, ovviamente, per il mondo intero, ha cambiato la storia dei diritti civili. Il suo modo di rapportarsi alla gente che era contro di lui è un modo di vivere. La frase “I have a dream” è una buona filosofia per concentrarsi sui propri obiettivi, perché nulla possa ritardare quello che vuoi fare».

Quando pensi al tuo futuro, dove ti vedi e a fare cosa?

«Ho ancora tanti obiettivi da raggiungere: voglio continuare a divertirmi e a giocare ad alto livello».
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