TORINO - Nuova vita per Francesca Piccinini, la schiacciatrice sbarcata a Torino dopo 13 anni a Bergamo.
Oggi, intervistata su La Stampa da Giulia Zonca, la campionessa toscana ha tolto il velo del silenzio all'Olimpiade azzurra.
Ecco cosa ha raccontato sul prestigioso quotidiano piemontese.
L'ultima avventura, quella olimpica, non è finita bene.
"Una delusione, non esiste un'altra definizione. Non eravamo un gruppo, non c'era armonia e non si è fatto nulla per superare il problema, che tristezza. Quanti mesi sono passati? Ancora oggi non c'è stata un'analisi del risultato, qualcuno che si sia preso delle responsabilità o che abbia provato a spiegare la prestazione. È per lo meno strano. Il nuoto è andato male e li hanno rivoltati tutti".
Lei ha provato a dire la sua?
"Non era il caso di sprecare fiato. L'ho vissuta sulla mia pelle e so che non poteva andare diversamente. Alle singole persone ho detto che cosa pensavo, finisce lì. Non siamo arrivate preparate e non eravamo affatto concentrate".
Non sarà offesa perché non era titolare e ha giocato poco?
"Io mi sono comportata da professionista, nonostante fossi emarginata ho retto la pressione e evitato di creare ulteriori guai però ognuno andava per conto suo. Noi dovevamo andare a medaglia, ancora oggi se ci penso mi arrabbio. Non la butto giù. Altre volte la nazionale si è trovata ad affrontare squadre più forti, ad avere stelle acciaccate. Qui si trattava di giocarsela diversamente".
A 33 anni pensa di restare nel giro azzurro?
"Me lo auguro. Vediamo cosa succede, per ora non si sa neppure se confermano il Ct. Aspetto".
Aspetta di vedere se Massimo Barbolini sarà ancora sulla panchina della nazionale?
"Ora allena anche in Turchia quindi vediamo che intenzioni ci sono. Se lui resta non sarebbe una buona idea per me insistere. Io all'azzurro ci tengo e per ripartire basterebbe far entrare aria fresca: aprire alle più giovani, mescolare le carte, ricostruire l'entusiasmo".
Lo dice lei che è la più vecchia del gruppo. Non ha paura di autorottamarsi?
"Figuriamoci, io sento di avere ancora molto da dare e sono più contenta se ci sono ragazze a cui passare il testimone.
Certe colleghe fanno la guerra psicologica appena una nuova arriva in ritiro. Io non soffro la concorrenza. E a questo che mi riferivo prima. C'era un'aria malsana a Londra, ma non sta a me dire i nomi e dare i voti. Mi basterebbe che chi di dovere guardasse in faccia all'insuccesso. Non è arrivato per caso".
Viste da fuori le squadre di volley femminile sembrano un covo di rivalità. Vero o falso?
"Ai tempi della Cacciatori il nostro dualismo era costruito da fuori. In realtà ci rispettavamo molto e io avevo grossa ammirazione per la sua carriera. Avercene di rivali così. Ma gli spogliatoi non sono tanto complicati. Magari non ti fai amici veri lì dentro però
io ho vissuto grandi intese".
volleyball.it
Ecco spiegato perchè la nazionale femminile all'Olimpiade fa sempre figure del menga, branco di viziate isteriche
