Eranio e Collovati su Rangnick e Pioli.

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Stefano Eranio e Fulvio Collovati sul futuro della panchina del Milan e su Pioli e Rangick.

Eranio:"Oggi c'è Pioli, e domani? Ancora con lui, fossi nella proprietà del Milan me lo terrei stretto: ha lavorato bene e sarebbe bello vederlo all’opera da inizio stagione, merita di dire la sua anche nelle scelte del prossimo mercato, di disegnare la squadra insieme a d.s. e d.t. Una società deve pianificare, non ricominciare ogni anno da zero:al Milan succede così da troppo tempo. Con tecnici e dirigenti».

"E i dirigenti? Non ci saranno più Boban e Maldini? Ecco, questo è un aspetto da non sottovalutare. Le decisioni toccheranno ovviamente a Gazidis, poi però bisognerà vedere cosa vorrà fare Pioli, che molto probabilmente dovrà confrontarsi con una nuova figura a capo dell’area tecnica. È un peccato che Boban non sia più al suo posto, perché con Maldini aveva avviato un percorso positivo, pur con qualche comprensibile errore: Zvone è uscito di scena quando si iniziava a intravvedere un po’ di luce».


"Ibra ha accceso l'interruttore, secondo i tifosi? Ma ancora prima di lui Pioli, che ha fatto
crescere il gruppo ottenendo continuità. Il suo Milan è una squadra con un’identità di gioco ben definita. Tatticamente ha mostrato alcune cose interessanti, penso ad esempio al modo in cui sviluppa la fase offensiva: difesa a tre e terzini altissimi per sfruttare la spinta di gente come Conti e Hernandez".

"Pioli È un tecnico di grande esperienza, ha allenato club come Inter e Lazio. In campo queste cose emergono: le giocate sono fluide, si vedono idee. E tutto questo non nasce per caso, è frutto del lavoro e della ricerca di Pioli".

"Chi è cresciuto di più con Pioli? Rebic è tornato il giocatore che avevamo ammirato al Mondiale 2018. E Kessie, che ha
ritrovato la freschezza dell’Atalanta: il cambio di modulo ha dato più spessore al centrocampo, lui e Bennacer sono una gran bella coppia".

"Se restasse, quale sarà la sfida più complicata? Valorizzare Leao: se Ibra non rimarrà, servirà una nuova prima punta e Leao può giocare in quella posizione. Magari non garantirà gol “semplici”, ma può aprire spazi interessanti per gli inserimenti dei trequartisti".

Collovati:"Confermerei Pioli?A oggi non gli si può imputare nulla, ha fatto un buon lavoro. Però mi pare di capire che lo società sia orientata su altre scelte».

"Rangick? Io non avrei preclusioni di fronte a un progetto affidato a lui. Mettiamola così: Pioli merita di sedere sulla panchina del Milan per quanto fatto vedere in questi mesi, ma se il club decidesse di puntare su Rangnick l’idea mi affascinerebbe parecchio"..

"Cosa mi intriga? Non c’è dubbio che Rangnick sia uno dei migliori su piazza nel valorizzare i giovani talenti. È una qualità che gli riconoscono in tanti, anche perché parlano i risultati ottenuti con Lipsia e Salisburgo. Il Milan va in questa
direzione, ed è una filosofia che andrebbe seguita da tanti altri club".

"Tornare ai vertici sempre più difficile? Serve tempo, ma se c’è una cosa che il calcio può imparare dal momento particolare e drammatico che tutto il mondo sta attraversando è proprio questa: bisogna
ripensare il sistema, renderlo economicamente più sostenibile. La strada intrapresa dal Milan è quella giusta: stipendi più bassi, acquisti alla portata e fiducia negli under 25. In un contesto del genere, puntare su Rangnick sarebbe una scelta assolutamente condivisibile. Anche se non mi è piaciuta la modalità in cui sono avvenuti i contatti".

"Pioli non adatto a lavorare coi giovani? Lo è, certamente, l’importante è che la società sia chiara da subito: se si va avanti con lui l’appoggio e la fiducia dovranno essere totali".

Montella, Gattuso, Giampaolo e Pioli: il Milan

"Quale allenatore mi ha convinto di più? Gattuso era l’unico che non avrebbero dovuto lasciarsi scappare: lavorando sulle motivazioni ha portato il Milan a un passo dalla Champions. E sta facendo molto bene anche a Napoli. Rino trasmette l’esperienza del calciatore che ha giocato ad alti livelli. Lo ha fatto anche Pioli…".

"Ma? Ma è un ottimo professionista a cui forse finora è mancato il salto di qualità definitivo. Magari un trofeo in bacheca: a volte è questione di fortuna, ma in Italia è difficile convincere i club ad aprire un ciclo se non vinci qualcosa".
 
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