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Roberto Donadoni alla GDS in edicola:
Questo Milan può puntare ad arricchire il palmares del club? «In Italia certamente sì, può puntare allo scudetto. Vedo un gruppo di squadre molto forti che si equivalgono. Non vedo chi tra Milan, Juve, Inter, Lazio, Napoli e Roma possa staccare le altre. E se qualcuna può essere tec- nicamente più competitiva, il Milan annulla il vantaggio grazie a una continuità di gestione: se le altre avranno bisogno di un peri- odo di adattamento, Pioli no. Stefano è bravissimo e ha un club organizzato che lo sostiene».
Vale anche per recuperare posizioni in Champions? «Il girone è oggettivamente difficile ma le squadre e i giocatori crescono attraverso sfide così. Passare un girone simile non può essere il traguardo minimo, è qualcosa di più. E se lo superi significa che potrai dire la tua lungo tutto il percorso».
Il mercato ha privato la squadra di Donnarumma e Calhanoglu ma ha aggiunto undici giocatori: bilancio? «Le scelte sono state fatte per costruire una squadra da vertice e l’obiettivo è stato centrato. Gigio è uno dei quattro portieri più bravi al mondo, ma anche Maignan è valido e ha iniziato bene. Calhanoglu ha fatto bene ma non è sempre stato così tanto presente. E se un giocatore dà il meglio per metà campionato non mi soddisfa. Sono stati rimpiazzati bene: non c’è stato un colpo che da solo garantisce il salto di qualità, ma quelli ormai sono riservati ad altri portafogli. Il Milan ha fatto scelte oculate, studiate, che trovano la mia condivisione».
Giroud è arrivato per sostenere Ibrahimovic in area o solo per dargli il cambio? «La convivenza tra i due non la vedo facilissima, magari in certi frangenti di partita. Giroud è un uomo d’area, di peso. Non è un bomber o un giocatore che risolve le partite con un numero tecnico, ma ha grande esperienza e i suoi gol li ha sempre fatti. Per vederlo al fianco di Zlatan servirà che gli altri dietro di loro facciano un grande lavoro».
Brahim Diaz lo vede pronto per questo e per la 10? «Il numero è un dettaglio, serve solo a ricordare che a un giovane così vanno date a maggior ragione fiducia e possibilità di sbagliare. E senza accostarlo costantemente a questo o quell’altro ex dieci. Importante è che interpreti il ruolo in maniera funzionale: Brahim fa tanto movimento, è un giocatore fastidioso per gli avversari. Può migliorare in personalità».
Vale anche per un altro giovanissimo, Tonali? «Un anno di adattamento lo ha avuto. L’anno scorso gli ho visto fare buone cose alternate a momenti in cui trasmetteva un po’ di insicurezza. Quest’anno deve essere il suo. Sfrutti positivamente la competizione con Bennacer e Kessie: può far bene a tutti e tre».
Non ci sarà troppo traffico in mezzo?
«In una stagione con tanti grandi appuntamenti ci può stare. La Nazionale di Mancini insegna: tutti devono sentirsi utili e possibili protagonisti, i non titolari lo diventano, chi parte dietro può essere lo stesso determinante».
Anche Messias può diventalo?
«Nel Crotone mi ha dato sensazioni positive. Il Milan è un’altra storia ma se il carattere regge potrà essere un valore aggiunto. Le qualità tecniche sono indiscutibili, veramente ottime: salta l’avversario, non ha paura nell’uno contro uno, permette la superiorità numerica».
Quello che i tifosi si aspettano anche da Leao: sarà finalmente il suo anno?
«Ha un potenziale notevole, a volte dà l’idea che nemmeno lui sappia quanto è forte. Il primo passo è la consapevolezza. Può fare la differenza e farlo in più ruoli, davanti può giocare ovunque. Dipende tutto dalla testa».
Ibra, leader per eccellenza, sarà ancora una guida sicura?
«A quarant’anni sono le motiva- zioni a fare la differenza. Dovrà gestirsi ancora meglio, ma ha sempre dimostrato di saperlo fare. Guiderà un gruppo entusiasta, una squadra che ha perso dei riferimenti tecnici ma che vorrà dimostrare di non dipendere da nessuno. O che, al contrario, tutti hanno le qualità per diventare protagonisti».
Questo Milan può puntare ad arricchire il palmares del club? «In Italia certamente sì, può puntare allo scudetto. Vedo un gruppo di squadre molto forti che si equivalgono. Non vedo chi tra Milan, Juve, Inter, Lazio, Napoli e Roma possa staccare le altre. E se qualcuna può essere tec- nicamente più competitiva, il Milan annulla il vantaggio grazie a una continuità di gestione: se le altre avranno bisogno di un peri- odo di adattamento, Pioli no. Stefano è bravissimo e ha un club organizzato che lo sostiene».
Vale anche per recuperare posizioni in Champions? «Il girone è oggettivamente difficile ma le squadre e i giocatori crescono attraverso sfide così. Passare un girone simile non può essere il traguardo minimo, è qualcosa di più. E se lo superi significa che potrai dire la tua lungo tutto il percorso».
Il mercato ha privato la squadra di Donnarumma e Calhanoglu ma ha aggiunto undici giocatori: bilancio? «Le scelte sono state fatte per costruire una squadra da vertice e l’obiettivo è stato centrato. Gigio è uno dei quattro portieri più bravi al mondo, ma anche Maignan è valido e ha iniziato bene. Calhanoglu ha fatto bene ma non è sempre stato così tanto presente. E se un giocatore dà il meglio per metà campionato non mi soddisfa. Sono stati rimpiazzati bene: non c’è stato un colpo che da solo garantisce il salto di qualità, ma quelli ormai sono riservati ad altri portafogli. Il Milan ha fatto scelte oculate, studiate, che trovano la mia condivisione».
Giroud è arrivato per sostenere Ibrahimovic in area o solo per dargli il cambio? «La convivenza tra i due non la vedo facilissima, magari in certi frangenti di partita. Giroud è un uomo d’area, di peso. Non è un bomber o un giocatore che risolve le partite con un numero tecnico, ma ha grande esperienza e i suoi gol li ha sempre fatti. Per vederlo al fianco di Zlatan servirà che gli altri dietro di loro facciano un grande lavoro».
Brahim Diaz lo vede pronto per questo e per la 10? «Il numero è un dettaglio, serve solo a ricordare che a un giovane così vanno date a maggior ragione fiducia e possibilità di sbagliare. E senza accostarlo costantemente a questo o quell’altro ex dieci. Importante è che interpreti il ruolo in maniera funzionale: Brahim fa tanto movimento, è un giocatore fastidioso per gli avversari. Può migliorare in personalità».
Vale anche per un altro giovanissimo, Tonali? «Un anno di adattamento lo ha avuto. L’anno scorso gli ho visto fare buone cose alternate a momenti in cui trasmetteva un po’ di insicurezza. Quest’anno deve essere il suo. Sfrutti positivamente la competizione con Bennacer e Kessie: può far bene a tutti e tre».
Non ci sarà troppo traffico in mezzo?
«In una stagione con tanti grandi appuntamenti ci può stare. La Nazionale di Mancini insegna: tutti devono sentirsi utili e possibili protagonisti, i non titolari lo diventano, chi parte dietro può essere lo stesso determinante».
Anche Messias può diventalo?
«Nel Crotone mi ha dato sensazioni positive. Il Milan è un’altra storia ma se il carattere regge potrà essere un valore aggiunto. Le qualità tecniche sono indiscutibili, veramente ottime: salta l’avversario, non ha paura nell’uno contro uno, permette la superiorità numerica».
Quello che i tifosi si aspettano anche da Leao: sarà finalmente il suo anno?
«Ha un potenziale notevole, a volte dà l’idea che nemmeno lui sappia quanto è forte. Il primo passo è la consapevolezza. Può fare la differenza e farlo in più ruoli, davanti può giocare ovunque. Dipende tutto dalla testa».
Ibra, leader per eccellenza, sarà ancora una guida sicura?
«A quarant’anni sono le motiva- zioni a fare la differenza. Dovrà gestirsi ancora meglio, ma ha sempre dimostrato di saperlo fare. Guiderà un gruppo entusiasta, una squadra che ha perso dei riferimenti tecnici ma che vorrà dimostrare di non dipendere da nessuno. O che, al contrario, tutti hanno le qualità per diventare protagonisti».