- Registrato
- 6 Agosto 2012
- Messaggi
- 241,011
- Reaction score
- 44,634
Paolo Condò da Repibblica in edicola:"!Nella percezione di molti, l’attivismo sul mercato di Inter e Juventus a giugno - dai ritorni di Lukaku e Pogba all’ingaggio di Di Maria - aveva spinto il Milan fuori dall’inquadratura delle candidate al titolo. Sulla valutazione pesava anche la questione, mai del tutto chiarita, dei rinnovi di Paolo Maldini e Ricky Massara, giunti in un momento troppo estremo - l’ultimissimo giorno utile - per essere casuale: non solo la vendita del club, tuttora avvolta nelle nebbie di un prestito al compratore che lascerà il fondo Elliott in sostanziale controllo, non avrebbe portato in dote un extra-budget, ma cara grazia che venissero confermati i dirigenti artefici dello scudetto. Luglio ha rimesso un po’ le cose a posto. Per due motivi: il primo è che le “fuggitive” hanno perso momentum - tra il menisco di Pogba e la rinuncia a Dybala - il secondo è che le squadre sono tornate in campo. E quando c’è da giocare il Milan continua a farsi preferire, anche perché il suo telaio è l’unico a essere rimasto quasi inalterato; è uscito Kessie - perdita importante per senso tattico e copertura - sono entrati Pobega e Adli, più portati all’incursione che al presidio. Ma l’inserimento più importante è ovviamente quello di Charles De Ketelaere, perché aggiunge classe ed efficacia in una zona di campo tra le meno sviluppate della scacchiera, e perché - come hanno rilevato in molti - il suo acquisto è coerente con la politica di questo Milan. Si arriva così alla spiegazione del motivo per cui lo scudetto abbia colto molti di sorpresa, e quegli stessi ora siano riluttanti a immaginare un bis. Tagliando la questione con l’accetta, esistono due modi per accrescere il valore di una squadra: acquistare giocatori nuovi più forti di quelli vecchi (rafforzamento dall’esterno), oppure assemblare un gruppo di giovani talenti e farlo crescere nel tempo (rafforzamento dall’interno). Generalmente chi arrischia un pronostico fotografa quanto i giocatori abbiano fatto fin lì in carriera. Il Milan, invece, ha navigato sotto traccia fino allo scudetto perché la qualità dei suoi uomini, da Maignan (27 anni) a Theo (24), da Tomori (24) a Kalulu (22), da Tonali (22) a Leao (23), è cresciuta a dismisura nel corso del campionato.
Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.
Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.