Condò:"Come Pioli prepara il bis".

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Paolo Condò da Repibblica in edicola:"!Nella percezione di molti, l’attivismo sul mercato di Inter e Juventus a giugno - dai ritorni di Lukaku e Pogba all’ingaggio di Di Maria - aveva spinto il Milan fuori dall’inquadratura delle candidate al titolo. Sulla valutazione pesava anche la questione, mai del tutto chiarita, dei rinnovi di Paolo Maldini e Ricky Massara, giunti in un momento troppo estremo - l’ultimissimo giorno utile - per essere casuale: non solo la vendita del club, tuttora avvolta nelle nebbie di un prestito al compratore che lascerà il fondo Elliott in sostanziale controllo, non avrebbe portato in dote un extra-budget, ma cara grazia che venissero confermati i dirigenti artefici dello scudetto. Luglio ha rimesso un po’ le cose a posto. Per due motivi: il primo è che le “fuggitive” hanno perso momentum - tra il menisco di Pogba e la rinuncia a Dybala - il secondo è che le squadre sono tornate in campo. E quando c’è da giocare il Milan continua a farsi preferire, anche perché il suo telaio è l’unico a essere rimasto quasi inalterato; è uscito Kessie - perdita importante per senso tattico e copertura - sono entrati Pobega e Adli, più portati all’incursione che al presidio. Ma l’inserimento più importante è ovviamente quello di Charles De Ketelaere, perché aggiunge classe ed efficacia in una zona di campo tra le meno sviluppate della scacchiera, e perché - come hanno rilevato in molti - il suo acquisto è coerente con la politica di questo Milan. Si arriva così alla spiegazione del motivo per cui lo scudetto abbia colto molti di sorpresa, e quegli stessi ora siano riluttanti a immaginare un bis. Tagliando la questione con l’accetta, esistono due modi per accrescere il valore di una squadra: acquistare giocatori nuovi più forti di quelli vecchi (rafforzamento dall’esterno), oppure assemblare un gruppo di giovani talenti e farlo crescere nel tempo (rafforzamento dall’interno). Generalmente chi arrischia un pronostico fotografa quanto i giocatori abbiano fatto fin lì in carriera. Il Milan, invece, ha navigato sotto traccia fino allo scudetto perché la qualità dei suoi uomini, da Maignan (27 anni) a Theo (24), da Tomori (24) a Kalulu (22), da Tonali (22) a Leao (23), è cresciuta a dismisura nel corso del campionato.

Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.
 
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Paolo Condò da Repibblica in edicola:"!Nella percezione di molti, l’attivismo sul mercato di Inter e Juventus a giugno - dai ritorni di Lukaku e Pogba all’ingaggio di Di Maria - aveva spinto il Milan fuori dall’inquadratura delle candidate al titolo. Sulla valutazione pesava anche la questione, mai del tutto chiarita, dei rinnovi di Paolo Maldini e Ricky Massara, giunti in un momento troppo estremo - l’ultimissimo giorno utile - per essere casuale: non solo la vendita del club, tuttora avvolta nelle nebbie di un prestito al compratore che lascerà il fondo Elliott in sostanziale controllo, non avrebbe portato in dote un extra-budget, ma cara grazia che venissero confermati i dirigenti artefici dello scudetto. Luglio ha rimesso un po’ le cose a posto. Per due motivi: il primo è che le “fuggitive” hanno perso momentum - tra il menisco di Pogba e la rinuncia a Dybala - il secondo è che le squadre sono tornate in campo. E quando c’è da giocare il Milan continua a farsi preferire, anche perché il suo telaio è l’unico a essere rimasto quasi inalterato; è uscito Kessie - perdita importante per senso tattico e copertura - sono entrati Pobega e Adli, più portati all’incursione che al presidio. Ma l’inserimento più importante è ovviamente quello di Charles De Ketelaere, perché aggiunge classe ed efficacia in una zona di campo tra le meno sviluppate della scacchiera, e perché - come hanno rilevato in molti - il suo acquisto è coerente con la politica di questo Milan. Si arriva così alla spiegazione del motivo per cui lo scudetto abbia colto molti di sorpresa, e quegli stessi ora siano riluttanti a immaginare un bis. Tagliando la questione con l’accetta, esistono due modi per accrescere il valore di una squadra: acquistare giocatori nuovi più forti di quelli vecchi (rafforzamento dall’esterno), oppure assemblare un gruppo di giovani talenti e farlo crescere nel tempo (rafforzamento dall’interno). Generalmente chi arrischia un pronostico fotografa quanto i giocatori abbiano fatto fin lì in carriera. Il Milan, invece, ha navigato sotto traccia fino allo scudetto perché la qualità dei suoi uomini, da Maignan (27 anni) a Theo (24), da Tomori (24) a Kalulu (22), da Tonali (22) a Leao (23), è cresciuta a dismisura nel corso del campionato.

Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.
Tutti concetti che in italia non potete e non dovete capire.
Godetevi gli ingiocabili, gli ovini e la federazione italiana non gioco calcio.
 
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Paolo Condò da Repibblica in edicola:"!Nella percezione di molti, l’attivismo sul mercato di Inter e Juventus a giugno - dai ritorni di Lukaku e Pogba all’ingaggio di Di Maria - aveva spinto il Milan fuori dall’inquadratura delle candidate al titolo. Sulla valutazione pesava anche la questione, mai del tutto chiarita, dei rinnovi di Paolo Maldini e Ricky Massara, giunti in un momento troppo estremo - l’ultimissimo giorno utile - per essere casuale: non solo la vendita del club, tuttora avvolta nelle nebbie di un prestito al compratore che lascerà il fondo Elliott in sostanziale controllo, non avrebbe portato in dote un extra-budget, ma cara grazia che venissero confermati i dirigenti artefici dello scudetto. Luglio ha rimesso un po’ le cose a posto. Per due motivi: il primo è che le “fuggitive” hanno perso momentum - tra il menisco di Pogba e la rinuncia a Dybala - il secondo è che le squadre sono tornate in campo. E quando c’è da giocare il Milan continua a farsi preferire, anche perché il suo telaio è l’unico a essere rimasto quasi inalterato; è uscito Kessie - perdita importante per senso tattico e copertura - sono entrati Pobega e Adli, più portati all’incursione che al presidio. Ma l’inserimento più importante è ovviamente quello di Charles De Ketelaere, perché aggiunge classe ed efficacia in una zona di campo tra le meno sviluppate della scacchiera, e perché - come hanno rilevato in molti - il suo acquisto è coerente con la politica di questo Milan. Si arriva così alla spiegazione del motivo per cui lo scudetto abbia colto molti di sorpresa, e quegli stessi ora siano riluttanti a immaginare un bis. Tagliando la questione con l’accetta, esistono due modi per accrescere il valore di una squadra: acquistare giocatori nuovi più forti di quelli vecchi (rafforzamento dall’esterno), oppure assemblare un gruppo di giovani talenti e farlo crescere nel tempo (rafforzamento dall’interno). Generalmente chi arrischia un pronostico fotografa quanto i giocatori abbiano fatto fin lì in carriera. Il Milan, invece, ha navigato sotto traccia fino allo scudetto perché la qualità dei suoi uomini, da Maignan (27 anni) a Theo (24), da Tomori (24) a Kalulu (22), da Tonali (22) a Leao (23), è cresciuta a dismisura nel corso del campionato.

Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.
Io aggiungerei… é un caso unico é irripetibile quindi invito le altre a non provarci.
 

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Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.

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Paolo Condò da Repibblica in edicola:"!Nella percezione di molti, l’attivismo sul mercato di Inter e Juventus a giugno - dai ritorni di Lukaku e Pogba all’ingaggio di Di Maria - aveva spinto il Milan fuori dall’inquadratura delle candidate al titolo. Sulla valutazione pesava anche la questione, mai del tutto chiarita, dei rinnovi di Paolo Maldini e Ricky Massara, giunti in un momento troppo estremo - l’ultimissimo giorno utile - per essere casuale: non solo la vendita del club, tuttora avvolta nelle nebbie di un prestito al compratore che lascerà il fondo Elliott in sostanziale controllo, non avrebbe portato in dote un extra-budget, ma cara grazia che venissero confermati i dirigenti artefici dello scudetto. Luglio ha rimesso un po’ le cose a posto. Per due motivi: il primo è che le “fuggitive” hanno perso momentum - tra il menisco di Pogba e la rinuncia a Dybala - il secondo è che le squadre sono tornate in campo. E quando c’è da giocare il Milan continua a farsi preferire, anche perché il suo telaio è l’unico a essere rimasto quasi inalterato; è uscito Kessie - perdita importante per senso tattico e copertura - sono entrati Pobega e Adli, più portati all’incursione che al presidio. Ma l’inserimento più importante è ovviamente quello di Charles De Ketelaere, perché aggiunge classe ed efficacia in una zona di campo tra le meno sviluppate della scacchiera, e perché - come hanno rilevato in molti - il suo acquisto è coerente con la politica di questo Milan. Si arriva così alla spiegazione del motivo per cui lo scudetto abbia colto molti di sorpresa, e quegli stessi ora siano riluttanti a immaginare un bis. Tagliando la questione con l’accetta, esistono due modi per accrescere il valore di una squadra: acquistare giocatori nuovi più forti di quelli vecchi (rafforzamento dall’esterno), oppure assemblare un gruppo di giovani talenti e farlo crescere nel tempo (rafforzamento dall’interno). Generalmente chi arrischia un pronostico fotografa quanto i giocatori abbiano fatto fin lì in carriera. Il Milan, invece, ha navigato sotto traccia fino allo scudetto perché la qualità dei suoi uomini, da Maignan (27 anni) a Theo (24), da Tomori (24) a Kalulu (22), da Tonali (22) a Leao (23), è cresciuta a dismisura nel corso del campionato.

Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.

Condò dice il vero e aggiungerei: a livello di progetto siamo anni ed anni avanti alle altre.
Ma attenzione perché i giocatori non restano per sempre e comunque nel tempo cambiano nel fisico e nelle capacità, quindi diventa fondamentale inserire sempre forze fresche che possano garantire un ricambio di qualità.
In questo momento serve il centrocampista, inutile girarci intorno.
 

Gamma

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Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco.
Questo è un punto fondamentale su cui insisto sempre.

Spesso i tifosi (milanisti e non) guardano la nostra rosa e pensano sia inferiore a quella di Inter e Juve, ma non considerano che questi ultimi due club sono composti per lo più da giocatori che hanno toccato il proprio picco (o che addirittura sono in calo), come Scszesny, Bonucci, Danilo, Cuadrado, Pogba, Di Maria, Handanovic, De Vrij, Brozovic, Lukaku, per restare sui titolari. Tra i nostri titolari chi ha toccato il proprio picco? Giusto la punta, che sia Ibra, Giroud o Origi (anche se quest'ultimo ancora ha molto da far vedere, quindi è un nì sotto questo punto di vista).

Maignan, Tomori, Kalulu, Theo, Calabria, Tonali, Bennacer, Leao, Adli, CDK, sono tutti giocatori giovani e in grado di crescere ancora.
Abbiamo visto la spaventosa crescita di Leao, Tonali e Kalulu lo scorso anno, abbiamo visto l'esplosione di Tomori e di Calabria.
Abbiamo CDK che parte da un'ottima base tecnica e fisica ma che crescerà indubbiamente.
Vediamo anche chi arriverà in difesa e a centrocampo.

Insomma, non abbiamo una squadra, ma una miniera d'oro calcistica, potenzialmente potrebbero bastare questi interpreti per diventare temibili in Champions se riuscissimo a trattenerli per un paio di anni.
È questo il bello di avere giovani forti e futuribili e sono contento che il mio Milan abbia scelto di intraprendere questa strada, piuttosto che noleggiare per un anno degli ex dopo che hanno fallito altrove, o prendere giocatori che sono più star che calciatori, come hanno fatto i nostri concorrenti diretti...
 
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Se ancora oggi diamo un’occhiata alla formazione, ogni ruolo tranne quello di centravanti è coperto da giocatori che devono ancora raggiungere il loro picco. Lo stesso terzino destro, Calabria (25), con Pioli ha registrato una crescita impetuosa. Sceglierlo come nuovo capitano è stata un’ottima idea. De Ketelaere (21) vanta un curriculum di 16 partite di Champions, il che lo pone già oltre tutti i compagni succitati. È stato scelto per essere il leader tecnico del progetto, un po’ come accadde a Kakà nel 2003: il paragone fra i due, molto citato, è forte ma non insensato. Il Bruges l’ha tirata per le lunghe nella speranza che arrivasse dalla Premier un’offerta più ricca per il club e più allettante del Leeds per il giocatore. Non è successo, e così il Milan europeo del passato ha esercitato il suo potere di attrazione. Per l’ultima volta: De Ketelaere aveva sei anni quando il Milan di Kakà vinse la Champions 2007. I talenti della prossima generazione non avranno memoria dell’antica grandezza, il che consegna a Pioli il primo obiettivo della nuova stagione: rinfrescare le glorie di Champions col passaggio della fase a gironi - traguardo minimo, l’urna numero 1 aiuterà in questo senso - e magari un posto nei quarti. Caduto molto in basso nel 2015 (decimo a 52 punti), il Milan da lì è ripartito - attraversando le note turbolenze societarie - in un crescendo interrotto soltanto nell’anno della pandemia e che nelle ultime due stagioni ha segnato autentici balzi: prima da 66 a 79, ed è stato secondo posto, poi da 79 a 86, ed è stato scudetto. Stefano Pioli merita ogni riconoscimento per la capacità di crescere le individualità sempre dentro a un contesto di squadra, nel quale gli aiuti reciproci per riequilibrare la chiarissima vocazione offensiva sono uno spettacolo tattico. In tre stagioni Pioli ha retto la pressione di una partenza zoppicante - decisivo in quel caso il supporto di Ibrahimovic, che continuerà a fungere da coperta di Linus - ha aumentato il voltaggio il secondo anno, ha rifinito gli ultimi dettagli (10 gol presi in meno, da 41 a 31, ecco un’altra chiave-scudetto) il terzo. La scommessa della quarta stagione è assecondare l’ulteriore salto di qualità del gruppo giovane per mantenere le distanze in Italia e riaffacciarsi in Europa.
Condò si conferma l'unico giornalista che fa sempre osservazioni approfondite e sensate, con Marani, gli altri evidentemente non guardano le partite :asd:
 

Rickrossonero

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Anche sta storia della vendita societaria nebulosa comincia a stancare.Mi ci gioco tutto quello volete che a closing avvenuto si scoprirà che elliott rimarrà in società solo con una minima parte.
 
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