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Nuovo giorno ed ennesime interviste. Tocca ancora a Calabria, questa volta ad Undici:"L'arrivo ad alti livelli? E' stato difficile di sicuro. Perché un percorso che sembra quasi scontato non lo è. Penso che un ragazzo che è cresciuto nel settore giovanile magari ha più possibilità di esordire ma poi è difficile rimanere, perché c’è il rischio che ti vedano sempre come il ragazzino che eri. Sono stati anni, gli ultimi bellissimi, ma con molti momenti non facili. Quindi sono ancora più soddisfatto del percorso fatto. Soprattutto per uno come me che è sempre stato tifoso del Milan prima ancora di arrivarci. È uno dei sogni più grandi che ho realizzato. Tanti ragazzi fanno fatica ad affrontare le pressioni, e a superarle. Per esempio, non è bello ricevere insulti in partita, e non è facile giocare in uno stadio come San Siro. Devi essere caratterialmente molto forte, perché sennò ti uccide. E poi sei costretto ad andare via. Solo chi riesce a mantenere un livello molto alto può rimanere in una squadra come il Milan, anzi devi continuare a crescere. Io penso di esserci riuscito con il passare degli anni. Sono riuscito ad affermarmi come giocatore e penso di valere tanto e di poter dare tanto a questa squadra. È il bello e il brutto del calcio".
"La mia crescita? Detto sinceramente io sono sempre stato sicuro dei miei mezzi. Anche i primissimi anni in cui giocavo poco ed entravo spesso a partita in corso, perché mi vedevo in allenamento e capivo, anche se ero un bambino, che avrei potuto giocare di più, anche se ero più minuto degli altri. Mi sono sempre reputato intelligente da un punto di vista calcistico e questa cosa mi ha sempre portato a credere in me. Poi ho capito che avrei potuto giocare veramente ad alti livelli, credo al secondo anno di Primavera. Già facevo un po’ di Prima squadra, e mi sentivo già pronto per poter fare il salto tra i professionisti. Poi non sono partito subito titolare ma come aggregato, poi le mie prestazioni con Mihajlovic l’hanno portato a confermarmi. È stato un bel percorso".
"Il Milan? Si può dire quel che si vuole, ma il Milan degli ultimi anni, per quanto poi è sempre stato un club blasonato, non era il vero Milan. Da un punto di vista dello stemma e della storia ovvio, lo sarà sempre. Ma è anche ovvio che ci sono stati dei momenti di grande difficoltà, è un dato di fatto. Quindi sono molto contento soprattutto da tifoso che questa nuova società stia mettendo stabilità, sia dal punto di vista economico che di ambizioni, di mentalità, di progettualità, e anche di visibilità. Adesso il Milan sta tornando il Milan di una volta. La squadra è studiata bene, ha delle basi solide, e non è facile venire a San Siro da avversari".
"Stadi vuoti? All’inizio è stato molto brutto. È stato complicato, la prima l’abbiamo persa contro il Genoa. Non riuscivi ad avere la stessa adrenalina, la stessa concentrazione, ti viene da viverla quasi come un’amichevole. Capendo poi la situazione mondiale, della vita vera, lo stadio vuoto lo percepisci poi come una conseguenza giusta per uscire da una situazione critica che riguarda la vita stessa. Quindi poi l’abbiamo accettata e l’abbiamo capita bene, perché da lì in poi abbiamo fatto cose bellissime. Da una squadra in fase di sviluppo ad arrivare dove siamo arrivati l’anno scorso è sicuramente un bell’inizio. Non esisteva quella cosa di giocare meglio senza tifosi. Chi dice una cosa del genere non è mai stato su un campo di calcio. Anche lì è stato strano all’inizio. Ci eravamo abituati a sentire il mister dalla parte opposta del campo, e adesso non riesci a parlargli nemmeno a dieci metri. Sicuramente da un punto di vista dello spettacolo giocare in uno stadio vuoto è più brutto, non c’è dubbio, ma da un punto di vista prettamente tattico invece era positivo perché riuscivi a parlarti, a correggere cose in corsa, in un momento di difficoltà, che adesso con i tifosi fai fatica perché non riesci a parlarti".
"I tifosi? Anche in questi anni che non sono stati positivi sono sempre stati a sostenerci. Sono stati pazienti, hanno capito la situazione e hanno capito che non era facile per nessuno".
"La nazionale? Detto sinceramente pensavo di meritarmi prima la chiamata. Adesso sono stato chiamato più volte, purtroppo per le ultime volte ho avuto dei problemi fisici e non sono riuscito a dare il contributo che avrei voluto. È ovvio che mi è dispiaciuto per l’Europeo, anche perché immagino sia stato fantastico vivere in quel gruppo".
"Il gioco di Pioli? Io mi trovo molto bene. All’inizio ho fatto un po’ di fatica, arrivavamo da un’altra tipologia di calcio. Credo che il mister abbia preso diversi spunti da diverse squadre e li abbia uniti in un mix che è giusto per noi, e tanti di noi, anzi direi tutti, siamo riusciti a rivederci in questi concetti, perché poi in campo ci viene tutto facile e veloce. C’è più chimica tra di noi e siamo molto compatti in questo modo di giocare".
"In questi ultimi due anni ho capito che la testa è più importante di qualsiasi preparazione atletica o fisica e tattica. Perché se rientro da un infortunio che fisicamente non sono ancora al cento per cento ma di testa sono libero e sono sicuro dei miei mezzi, sono sicuro che farò una grande partita. Se sto bene al cento per cento fisicamente, ma mentalmente ho delle insicurezze, magari dovute anche a problemi esterni, che è una cosa che spesso si sottovaluta, purtroppo tu entri in campo che devi cercare di mettere da parte quelle cose e qualcuno può fare più fatica. Perché sarai concentrato su altre situazioni e non sul campo. È un gioco ma per tutto quello che ci sta intorno non lo è più".
"La mia crescita? Detto sinceramente io sono sempre stato sicuro dei miei mezzi. Anche i primissimi anni in cui giocavo poco ed entravo spesso a partita in corso, perché mi vedevo in allenamento e capivo, anche se ero un bambino, che avrei potuto giocare di più, anche se ero più minuto degli altri. Mi sono sempre reputato intelligente da un punto di vista calcistico e questa cosa mi ha sempre portato a credere in me. Poi ho capito che avrei potuto giocare veramente ad alti livelli, credo al secondo anno di Primavera. Già facevo un po’ di Prima squadra, e mi sentivo già pronto per poter fare il salto tra i professionisti. Poi non sono partito subito titolare ma come aggregato, poi le mie prestazioni con Mihajlovic l’hanno portato a confermarmi. È stato un bel percorso".
"Il Milan? Si può dire quel che si vuole, ma il Milan degli ultimi anni, per quanto poi è sempre stato un club blasonato, non era il vero Milan. Da un punto di vista dello stemma e della storia ovvio, lo sarà sempre. Ma è anche ovvio che ci sono stati dei momenti di grande difficoltà, è un dato di fatto. Quindi sono molto contento soprattutto da tifoso che questa nuova società stia mettendo stabilità, sia dal punto di vista economico che di ambizioni, di mentalità, di progettualità, e anche di visibilità. Adesso il Milan sta tornando il Milan di una volta. La squadra è studiata bene, ha delle basi solide, e non è facile venire a San Siro da avversari".
"Stadi vuoti? All’inizio è stato molto brutto. È stato complicato, la prima l’abbiamo persa contro il Genoa. Non riuscivi ad avere la stessa adrenalina, la stessa concentrazione, ti viene da viverla quasi come un’amichevole. Capendo poi la situazione mondiale, della vita vera, lo stadio vuoto lo percepisci poi come una conseguenza giusta per uscire da una situazione critica che riguarda la vita stessa. Quindi poi l’abbiamo accettata e l’abbiamo capita bene, perché da lì in poi abbiamo fatto cose bellissime. Da una squadra in fase di sviluppo ad arrivare dove siamo arrivati l’anno scorso è sicuramente un bell’inizio. Non esisteva quella cosa di giocare meglio senza tifosi. Chi dice una cosa del genere non è mai stato su un campo di calcio. Anche lì è stato strano all’inizio. Ci eravamo abituati a sentire il mister dalla parte opposta del campo, e adesso non riesci a parlargli nemmeno a dieci metri. Sicuramente da un punto di vista dello spettacolo giocare in uno stadio vuoto è più brutto, non c’è dubbio, ma da un punto di vista prettamente tattico invece era positivo perché riuscivi a parlarti, a correggere cose in corsa, in un momento di difficoltà, che adesso con i tifosi fai fatica perché non riesci a parlarti".
"I tifosi? Anche in questi anni che non sono stati positivi sono sempre stati a sostenerci. Sono stati pazienti, hanno capito la situazione e hanno capito che non era facile per nessuno".
"La nazionale? Detto sinceramente pensavo di meritarmi prima la chiamata. Adesso sono stato chiamato più volte, purtroppo per le ultime volte ho avuto dei problemi fisici e non sono riuscito a dare il contributo che avrei voluto. È ovvio che mi è dispiaciuto per l’Europeo, anche perché immagino sia stato fantastico vivere in quel gruppo".
"Il gioco di Pioli? Io mi trovo molto bene. All’inizio ho fatto un po’ di fatica, arrivavamo da un’altra tipologia di calcio. Credo che il mister abbia preso diversi spunti da diverse squadre e li abbia uniti in un mix che è giusto per noi, e tanti di noi, anzi direi tutti, siamo riusciti a rivederci in questi concetti, perché poi in campo ci viene tutto facile e veloce. C’è più chimica tra di noi e siamo molto compatti in questo modo di giocare".
"In questi ultimi due anni ho capito che la testa è più importante di qualsiasi preparazione atletica o fisica e tattica. Perché se rientro da un infortunio che fisicamente non sono ancora al cento per cento ma di testa sono libero e sono sicuro dei miei mezzi, sono sicuro che farò una grande partita. Se sto bene al cento per cento fisicamente, ma mentalmente ho delle insicurezze, magari dovute anche a problemi esterni, che è una cosa che spesso si sottovaluta, purtroppo tu entri in campo che devi cercare di mettere da parte quelle cose e qualcuno può fare più fatica. Perché sarai concentrato su altre situazioni e non sul campo. È un gioco ma per tutto quello che ci sta intorno non lo è più".